La pasta più rara al mondo si produce in Sardegna: Su filindeu

Esiste un tipo di pasta molto particolare la cui preparazione è gelosamente custodita nelle mani e nella sapienza di poche donne al mondo: Su filindeu.

La Sardegna è una terra intrisa di tradizioni, misteri e segreti. La sua struttura sociale di tipo matriarcale ha permesso di conservare antichi riti e preparazioni tramandole di generazione in generazione. Questo luogo magico ha potuto creare oltre venti preparazioni originali di pasta che sin dal Medioevo venivano esportate sui mercati della penisola e della Spagna: malloreddus, fregula, culurgiones e indubbiamente Su filindeu.

Su filindeu consiste in un reticolo di pasta finissima, sovrapposta ed essiccata per 24 ore. Dalla sua natura filiforme viene il nome che significa “fili di Dio” e dalle poche persone che riescono a produrla arriva la sua fama. Sì, perché sono meno di 10 le donne conoscono e riescono a produrre Su filindeu e tutto il mondo la richiede; 4 di loro sono di Nuoro, appartengono alla stessa famiglia e se la tramandano da oltre 200 anni.

La ricetta? Semola di grano duro, acqua, salamoia e… olio di gomito. Il segreto sta infatti non negli ingredienti quanto nella preparazione: è l’accorto dosaggio di sale che dona l’elasticità alla pasta. Le artiste di Su filindeu infatti, durante la preparazione, hanno di fronte a loro due ciotole, una colma d’acqua e l’altra di salamoia (acqua e sale) ed a seconda dell’impasto intingono le dita in questa o quella ciotola. Riconoscere l’impasto e la sua consistenza e lavorarlo con i movimenti giusti è ciò che è difficile imparare.

Una volta lavorato l’impasto gli viene data una forma cilindrica; in seguito viene tirato e ripiegato su se stesso dando vita a tanti piccoli filamenti, che raddoppiano ogni volta che si esegue il passaggio  di tiraggio e piega. Per un etto di impasto si ottengono circa 256 fili che vengono stesi ad essiccare su canestri di foglie di asfodelo, facendo in modo che i fili si incrocino con quelli dello strato sottostante. Vanno così a formare un complesso reticolo che al contatto con aria e sole si compatterà formando un unico strato di pasta. Questa rete essiccata viene poi spezzettata e servita in un brodo di pecora con una spolverata di pecorino sardo.

La preparazione di Su filindeu è legata ad una storia molto antica ed al pellegrinaggio annuale al santuario di San Francesco di Lula, un paesino poco distante da Nuoro, nel quale ai 1500 pellegrini viene offerto un piatto di brodo con la famosa preparazione.

L’originalità di questa pasta, diventato anche un piatto di sfida nel programma “La prova del cuoco” di recente, ha attratto l’interesse di moltissimi. Persino la Barilla aveva deciso di creare una macchina che la producesse; ma una volta capito il complesso lavoro ha capito che non era possibile replicarla con dei movimenti automatici. Anche lo chef Jamie Olivier, esperto in panificazione si è recato nella casa di una delle signore che custodisce i segreti della preparazione ma non è riuscito ad imparare.

Nessun laboratorio, nessuna ricetta, nessun tempo di preparazione stabilito. Su filindeu non è solo una pasta ma è un’identità culturale che come tale va conservata con cura e valorizzata. E ora, non so voi, ma a me è venuta voglia di provarla.

Chissà se esiste una impastatrice planetaria in grado di offrici una pasta cosi speciale.