Pesaro, al Teatro Rossini grande successo per la musica da camera con un sestetto d’eccezione

A cura di Simone Trebbi e Valentina Brini

È un sestetto d’eccezione, quello esibitosi ieri sera al Teatro rossini di Pesaro: Maurizio Baglini al pianoforte, Gabriele Pieranunzi al violino, Simonide Braconi e Francesco Fiore alla viola, Silvia Chiesa al violoncello e Amerigo Bernardi al contrabbasso.

Il programma, un excursus nella musica da camera germanica di epoca romantica, è decisamente dei migliori.

Innanzitutto il quintetto con pianoforte “La trota” di Franz Schubert: nato su commissione per poi diventare una delle composizioni cameristiche più conosciute in assoluto ed emblematiche per riconoscibilità, è animato da una trama finissima che si articola in un dialogo costante tra gli strumenti, reso con grande eleganza dal sestetto.

La presenza del pianoforte, inconsueta e non invadente ma imprescindibile nel sorreggere l’architettura armonica dell’intero quintetto, ha trovato una splendida esecuzione in Maurizio Baglini, attento a non risultare mai sovrastante. 

A dominare l’interpretazione, nel pieno spirito schubertiano, è una grande eleganza di fondo che ha accompagnato tutti e cinque i movimenti tra dolci melodie, fraseggi cristallini e passaggi più dinamici.

Proprio ispirate a “La Trota” sono le “Variazioni après Schubert per quintetto con pianoforte” di Simonide Braconi, eseguite dallo stesso compositore assieme agli altri componenti dal quintetto e con atmosfere che, pur citando alcuni motivi del quintetto schubertiano, richiamano alla mente di volta in volta i Klavierstücke di Arnold Schönberg, Béla Bartók e persino il tardo Karol Szymanowski.

Applauditissima dal pubblico, l’opera ha poi introdotto la parte finale della serata tra l’Op. 113 (“Märchenbilder”) per viola e pianoforte di Robert Schumann e il Sestetto op. 110 di Felix Mendelssohn.

I quattro pezzi per viola e pianoforte del grande compositore romantico tedesco, eseguiti con grande personalità da Baglini e Braconi, cristallizzano lo zeitgeist di un’intera epoca: quella fatta di armonie arcaiche e dense, piene di richiami alla cultura popolare germanica, pensose, languide con un alone di mistero e sospensione che pervade l’aria.

A chiudere il concerto cameristico il Sestetto op. 110 per pianoforte, violino, 2 viole, violoncello e contrabbasso di Mendelssohn.

Goethe, suo grande amico, gli disse di aver “ancora molto da imparare da te e dal tuo talento” e la composizione proposta rende appieno giustizia alle dichiarazioni del grande scrittore, coevo e conterraneo.

Dal Sestetto emerge un’armonia perfetta tra la musica della vecchia e della nuova Germania, dove il confine tra classicismo e indole romantica trova qui una sintesi perfetta, in sonorità vivaci pensate per esaltare tutti gli strumenti e, di conseguenza, le grandi qualità dei solisti del gruppo.

Un concerto degno di nota, quello al Teatro Rossini di Pesaro, che chiude la rassegna dell’Ente Concerti per la sua 64esima stagione. 

redazione