Giovanni Gnocchi e l’Orchestra Sinfonica Rossini travolgenti con Prokof’ev e Brahms a Pesaro

A cura di Simone Trebbi e Valentina Brini

Può un singolo violoncello trasformarsi in un’intera orchestra?

La risposta al quesito è affermativa, se la partitura è la Sinfonia Concertante (Op. 125) di Sergej Sergeevič Prokof’ev e allo strumento c’è il virtuoso Giovanni Gnocchi.

È quanto accaduto ieri sera al Teatro Rossini di Pesaro, in occasione del penultimo appuntamento della stagione concertistica che ha visto salire sul palco l’Orchestra Sinfonica G. Rossini guidata dal giovane direttore d’orchestra Riccardo Bisatti, direttore ospite principale della compagine.

Dedicata a Mstislav Rostropovich, uno dei più grandi solisti di sempre, la Sinfonia di Prokof’ev risale al 1952 (a pochi mesi dalla morte del compositore russo) ed è un ampliamento di un concerto per violoncello apparso nel 1938, criticatissimo dal pubblico sovietico come molte altre musiche del compositore, reo di uno sperimentalismo formalista e antipopolare derivante dalle contaminazioni occidentali.

Sebbene rimaneggiata, anche l’ultima produzione di Prokof’ev risponde appieno a queste caratteristiche: tintinnii di un’esasperata sensualità slava nelle tensioni ritmiche, echi di danze popolari figlie di una tradizione ancestrale, e quindi crudezza rauca del timbro sonoro in alcuni passaggi, ma anche bagliori rimodulati di una tradizione tardoromantica che trovano compimento nei temi lirici in cui il violoncello dialoga con gli archi, gli ottoni, i flauti e persino con la celesta, in un fraseggio splendidamente eseguito alla fine del terzo e ultimo movimento. 

A dominare l’intera partitura, ad ogni modo, è proprio un virtuosismo complicatissimo, a tratti proibitivo e quindi perfetto per il talento del solista Giovanni Gnocchi, definito dal celebre Yo-Yo Ma come un “giovane meravigliosamente pieno di talento, darà un grande contributo alla musica ovunque egli vada”, primo violoncello presso la Camerata Salzburg, la Royal Philharmonic Orchestra di Londra e la Lucerne Festival Orchestra di Claudio Abbado.

Fin dal primo movimento, un Andante molto scandito non privo di bellissimi temi cantabili appare evidente come il violoncello sia per Gnocchi una vera e propria estensione del corpo e divenga capace di un’espressività insospettabile, contagiosa.

Se a dominare è soprattutto la malinconia, il leitmotiv dell’Allegro del secondo movimento è una scherzosa e goliardica atmosfera grotesque, tipica di Prokof’ev, con esplosioni di lirismo improvviso che Gnocchi e l’Orchestra Rossini hanno tradotto in modo superlativo.

L’ultimo movimento, Andante con moto, alterna cupezza ed eroismo fino all’epilogo finale, che richiede un’enorme abilità tecnica. 

Contrariamente ai canonici concerti per violoncello, il ruolo orchestrale nella Sinfonia Concertante Op. 125 non è quello di puro accompagnamento, quanto più di un dialogo costante che crea un’atmosfera di sospensione. 

Grande merito, quindi, all’Orchestra Rossini e al direttore Riccardo Bisatti, prima alle prese con una bella interpretazione della Tragische Ouverture di Brahms e in seguito ancor più a proprio agio con una musica, appunto quella di Prokof’ev, che alla difficoltà esecutiva affianca l’esigenza di una chiave di lettura in grado di cristallizzare persino un tempo storico: quello delle avanguardie, con tutto ciò che consegue.

redazione