Modena, il Pavarotti-Freni chiude la stagione in bellezza con Nareh Arghamanyan e la Stuttgart Philharmonic

A cura di Simone Trebbi e Valentina Brini

Si è conclusa la stagione concertistica del Teatro Comunale Pavarotti-Freni di Modena, ieri sera, con un doppio invito all’ascolto che completa un ciclo fatto di classici, curiosità (si pensi alla Medea del compositore ceco Georg Benda) e nomi importanti.

Rientrano in quest’ultima categoria anche i protagonisti della serata, la pianista armena Nareh Arghamanyan e la Stuttgart Philharmonic Orchestra, fondata a Stoccarda nel 1924 e considerata tra le migliori in Germania, condotta dal maestro Jan Willem de Vriend.

A entusiasmare sin dall’attacco del primo concerto in programma, il Concerto per pianoforte e orchestra N. 9 mi bemolle maggiore (K 271) di Mozart, è senza dubbio il talento di Arghamanyan.

Già vincitrice della Montreal International Piano Competition e ospite fissa dei maggiori teatri al mondo, ha offerto un’interpretazione piena di pathos, brillante e intimista all’occorrenza, con passaggi poetici di grande bellezza soprattutto nel secondo movimento Andantino, dove i colori si fanno gradualmente più ovattati e il suono diviene languido, introspettivo, ma reso in modo netto e preciso dalla pianista.

Nonostante la specializzazione in un repertorio spiccatamente romantico che varia da Rachmaninov a Prokofiev e Khachaturian passando per Listz e Brahms, il Mozart di Arghamanyan è risultato molto più che convincente: dal suo tocco è emerso tutto il genio del compositore austriaco, che portò il concerto in questione tra Mannheim e Parigi come un vero e proprio biglietto da visita emblematico del proprio stile.

Di tutt’altro tenore le sonorità potenti e catartiche eseguite dalla Stuttgart Philharmonic Orchestra nella seconda parte del programma, dedicato alla sinfonia n.3 in Si minore del compositore austriaco Anton Bruckner. 

Conosciuta come Wagner-Symphonie, con dedica a “A Richard Wagner, all’ineguagliabile, celebre in tutto il mondo e sublime maestro”, fu eseguita per la prima volta nel 1877 tra i fischi del pubblico dell’epoca, troppo abituato alla classicità statuaria della musica brahmsiana per riuscire ad apprezzare una sinfonia che appare oggi modernissima.

Una sorte, questa, che accomuna una certa parte dei lavori di Bruckner, osteggiati dai contemporanei e celebrati come capolavori soprattutto in seguito alla morte del grande compositore austriaco, del quale ricorrono quest’anno i festeggiamenti in tutto il mondo (ma a Vienna in modo particolare) per i 200 anni dalla nascita. 

Credits: Comune di Modena

La direzione di Jan Willem de Vriend, dal 2015 al 2021 direttore principale dell’Orquestra Simfònica de Barcelona e ora alla guida della Stuttgart Philharmonic, è riuscita a mettere in evidenza perché Bruckner non è affatto un compositore minore rispetto ad altri come Gustav Mahler, anzi.

Rimaneggiata più e più volte e dalla quale sono emerse almeno tre versioni, la sinfonia n.3 è un’architettura sonora basata su un incisivo alternarsi di ottoni, legni e archi, così come da un susseguirsi di eroicità o melodie cantabili scanditi da pause improvvise e ben meditate (peraltro perfette per individuare rapidamente gli spettatori sussurranti).

Al netto di un’esecuzione nel complesso splendida, vanno segnalati i meravigliosi pizzicati degli archi che hanno accompagnato tutto lo Scherzo del terzo movimento, messi in risalto in modo superbo dall’orchestra.

Nonostante la conclusione del ciclo concertistico, la programmazione di musica classica a Modena proseguirà con Modena Belcanto Festival, un appuntamento tra opera, concerti e masterclass in vari teatri del territorio. 

redazione