Se fino ad oggi eravate convinti che per giraffa si intendesse una cosa ed una soltanto, potreste ricredervi alla luce degli ultimi studi. Di giraffa non ce n’è una sola, ma ben quattro, quattro specie diverse. Scoprirlo ha richiesto diversi anni di studio da parte di zoologi e tassonomi e, soprattutto, ha reso necessario un esame approfondito del DNA. Prima di effettuare l’analisi genetica, le giraffe erano state classificate in diverse sottospecie in base alla disposizione delle macchie sul mantello ed alle regioni da esse abitate. In seguito alla decisione di sequenziare il DNA delle giraffe, ovvero studiarne per intero la sequenza, ci si è accorti che si trattava solo di quattro gruppi, ma molto più diverse di quanto si pensasse. Lo sviluppo di questa diversità è dovuto essenzialmente alla struttura geografica dell’ Africa stessa: quando delle popolazioni animali sono separate per lungo tempo da barriere naturali che impediscono loro di incrociarsi, tendono ad evolversi indipendentemente originando, appunto, specie diverse.
Fino ad oggi le nostre amiche dal collo lungo rispondevano tutte al nome di Giraffa camelopardalis. Alla luce delle nuove scoperte, sono stati proposti ben quattro nuovi nomi che corrispondono alle quattro specie, ma anche a quattro zone geografiche ben precise: la giraffa del sud (G. giraffa), che vive principalmente in Sud Africa, Namibia e Botswana; la giraffa Masai (G. tippelskirchi), che corre per le pianure di Tanzania, Kenya e Zambia; la giraffa reticolata (G. reticulata) con base in Kenya, Somalia e Etiopia meridionale; e la giraffa settentrionale (G. camelopardalis), di cui sono stati rintracciati alcuni gruppi nella parte centrale e orientale del continente.
Che il DNA ci dica con esattezza chi è un individuo, lo abbiamo imparato di certo dai migliori polizieschi della TV. Quello che è forse meno scontato è come, oltre a raccontarci il presente, ci racconti il passato, le origini di chi o cosa abbiamo davanti. Prima ancora di concentrarsi sulle diverse specie di giraffa, infatti, gli studiosi sono soffermati su quella che è la caratteristica peculiare delle giraffe: il collo lungo. Sulla sua origine si sono soffermati i principali teorici dell’evoluzione, Darwin e Lamarck; la risposta più veritiera viene forse proprio dagli ultimi studi che hanno visto la comparazione tra alcuni esemplari di giraffa e di okapi.
Pur appartenendo alla stessa famiglia delle giraffe, l’okapi è più simile, per stazza e livrea, ad una zebra. Eppure, con le cugine ben più alte e slanciate condivide un antenato comune, uno giraffide vissuto ben 11,5 milioni di anni fa. Comparando il DNA, gli studiosi hanno potuto identificare i geni in comune ed i circa 70 che differiscono tra le due specie trovando che, oltre a differire per alcuni dei geni coinvolti nello sviluppo dello scheletro, responsabili del collo alto, le giraffe si sono evolute in modo da avere un sistema circolatorio più efficiente. Proprio questa peculiarità ha consentito loro di arrivare ad avere un collo lungo fino a due metri. Senza un corpo in grado di pompare il sangue fino a così in alto, infatti, nessuna giraffa sopravviverebbe abbastanza a lungo!
Probabilmente vi starete chiedendo a cosa possano servirci tutte queste novità. Per capirlo vi sarà utile sapere che, al momento, ci sono circa 80 000 giraffe in tutto sul pianeta, il numero si è ridotto drasticamente a causa, ancora una volta dell’uomo e del suo intervento sull’ambiente. L’habitat ideale per le giraffe occupa uno spazio via via sempre minore e continuerà a ridursi se non opereremo nel modo corretto. Conoscere di più su di loro ci aiuterà a proteggerle meglio, soprattutto adesso che le specie da proteggere sono ben quattro, non più una soltanto.
Le nuove scoperte sull’insolito mondo dei giraffidi ci pongono dinanzi ad una nuova sfida, quella della conservazione di queste specie singolari, che si affianca a quella già lanciata di salvaguardare la biodiversità. Saremo all’altezza?