Dall’Era dei dinosauri a quella dell’uomo: ha inizio l’Antropocene

Che le attività umane abbiano un impatto inestimabile sulla natura è una verità ormai appurata; che questo impatto sia tanto forte da dare il via ad una nuova era geologica, forse non ce lo aspettavamo. Eppure, questo è quanto è venuto fuori dal 35° Congresso Internazionale di Geologia, tenutosi a Città del Capo il 29 Agosto: siamo all’inizio dell’Antropocene.
Cosa significa? Essenzialmente che c’è stato un cambiamento radicale sul nostro pianeta, in qualche modo l’equivalente del grosso meteorite che contribuì a chiudere l’era dei dinosauri, e che il responsabile di questo cambiamento è l’uomo, ànthrōpos.

I più grandi esperti in materia concordano nel definire il punto di inizio di questa nuova era con la metà del XX secolo, quando le prime bombe nucleari, il boom economico del dopoguerra e la crescita dell’industria hanno dato il via ad un cambiamento radicale del nostro mondo, radicale come  niente mai visto prima. Gli effetti di questo cambiamento, ormai difficilmente controllabili, sono stati discussi già nel corso della COP21, la conferenza sul clima durante cui i grandi della terra hanno firmato risoluzioni e pianificato accordi volti a far fronte al riscaldamento globale. Per quanto si cerchi ad oggi di metterci una toppa, il cambiamento causato dalle attività umane è da considerarsi, secondo molti studiosi, ormai irreversibile, questa la ragione per cui si parla già di nuova era.

A paventare per primo la fine dell’Olocene, l’era geologica precedente e iniziata circa 11.700 anni fa, a causa delle attività dell’uomo intese come “nuova forza tellurica”, fu Antonio stoppani nel lontano 1873, che parlò del futuro come Era Antropozoica. Il termine più recente di Antropocene si deve invece al biologo Eugene Stoermer che lo coniò negli anni ’80.  Gli studi più recenti hanno dimostrato la lungimiranza di questi scienziati e come l’uomo abbia lasciato un segno tangibile della propria presenza, influenzando finanche la stratificazione della Terra.

I segni visibili della nuova era sono diversi:

  • L’aumento del tasso di estinzione di animali e piante, al punto tale da portare all’estinzione del 75% delle specie attuali nei prossimi secoli, se le cose continuano ad andare in questo modo.
  • Aumento a livelli esponenziali della concentrazione di gas serra, in particolare di anidride carbonica, nell’atmosfera, con conseguente aumento del riscaldamento globale.
  • Inquinamento di oceani e corsi d’acqua con materiale plastico di vario genere, fino al punto da rendere le microplastiche (particelle di origine plastica di dimensioni microscopiche) praticamente onnipresenti, senza dimenticare che, con la loro incapacità di degradazione, le plastiche si candidano ad essere i fossili che la nostra epoca lascerà ai paleontologi del futuro.
  • Inquinamento del suolo con azoto e fosforo, a causa del massiccio uso di fertilizzanti. La concentrazione di entrambi i componenti nel terreno è attualmente raddoppiata.
  • L’uso di combustibili fossili ha lasciato uno strato permanente di particelle sospese nel sedimento e nel ghiaccio glaciale, come quelli trovati nei ghiacci dell’Alaska e risalenti alla Prima Rivoluzione Industriale.

Prima che l’Antropocene possa essere formalizzata a tutti gli effetti, saranno necessari ulteriori studi, oltre a lunghe procedure burocratiche, ma il riconoscimento dell’avvenimento da parte di una larga fetta della scienza di settore è, di certo, il primo passo. Ad oggi, un gruppo di scienziati si sta occupando di studiare i cambiamenti del pianeta per fornire la dovuta giustificazione scientifica alla proposta di una nuova era da inserire nella scala dei tempi geologici. Che venga mai ufficializzata o meno, la parola Antropocene è ormai entrata nel vocabolario tecnico di geologi e paleontologi fornendo, tra l’altro, un utile strumento per distinguere lo stato attuale del pianeta da quello del passato.

Silvia D'Amico