Femminicidio: una storia antica come Roma

La scorsa primavera il corpo semi carbonizzato di una ragazza è stato trovato nei pressi di un’auto in fiamme, nella notte alla periferia di Roma, in via della Magliana. La vittima Sara Di Pietrantonio, una ragazza italiana di 22 anni, è stata strangolata e poi data alle fiamme dall’ex fidanzato Vincenzo Paduano. Della stessa città e quasi della stessa età fu Prima Florenzia, diciassettenne vissuta al tempo dell’Antica Roma, anch’essa vittima di femminicidiogettata nel Tevere dal marito Orfeo. Il medesimo tragico destino causato dall’ira maschile accomuna queste due adolescenti separate fra loro da quasi duemila anni.

Infatti sebbene il termine femminicidio è ormai entrato a far parte dell’uso comune nella lingua italiana solo recentemente, (e precisamente dal 2001, secondo gli studi di Valeria Della Valle, Professoressa Associata di Linguistica Italiana all’Università degli Studi “La Sapienza”) si riferisce, come abbiamo visto, anche a delitti addirittura risalenti alla Roma imperiale.

La storia di Prima è emersa grazie ad uno studio condotto da Anna Pasqualini, docente di Antichità romane per oltre 40 anni all’Università dell’Aquila e a quella di Tor Vergata. L’archeologa ha ricostruito una serie di casi di femminicidio ai tempi dei Latini, analizzando le circa 180 mila epigrafi latine ritrovate nei territori dell’impero. Questa indagine ci fa capire come la nostra società, in tema di violenza sulle donne, non sia poi così tanto migliorata nel corso degli anni, come confermano le statistiche (secondo i dati del Telefono Rosa, almeno 8.856 donne sono state vittime di violenza e 1.261 di stalking).

Della vicenda di Prima Florenzia non si sa praticamente nulla. Non si conosce infatti il motivo per cui il consorte l’abbia uccisa e nemmeno se fu poi condannato per il terribile delitto. L’unica cosa rimasta della sua triste storia è l’iscrizione funeraria fatta incidere dalla famiglia nella necropoli di Isola Sacra, a Fiumicino, dove abitava: “Restuto Piscinese e Prima Restuta posero a Prima Florenzia, figlia carissima, che fu gettata nel Tevere dal marito Orfeo. Il cognato Dicembre pose. Ella visse sedici anni e mezzo”.

Anna Pasqualini svela anche la vicenda di Giulia Maiana, che viveva nell’odierna Lione. Anche di lei si sa poco, se non che col marito visse ventotto anni e con lui generò due figli, un maschio di diciannove anni e una femmina di diciotto. L’epitaffio commissionato dal fratello Giulio Maggiore e da suo figlio Ingenuinio Gennaro la definisce: “Donna specchiatissima uccisa dalla mano di un marito crudelissimo”. Secondo la docente si tratta di tutte donne provenienti dalla borghesia media poiché  le famiglie potevano permettersi una piccola epigrafe. Ovviamente è probabile che nelle fasce più povere della società la situazione fosse ancora peggiore.

La storia della letteratura latina inoltre è piena di episodi di donne uccise dai loro mariti o costrette al suicidio, molti  dei quali personaggi celebri e potenti. Livio, nel suo Ab Urbe Condita, ci racconta l’oltraggio compiuto da Sestio Tarquinio, figlio dell’ultimo re di Roma Tarquinio il Superbo, ai danni della nobile matrona romana Lucrezia, moglie di Collatino, che dopo esser stata violentata da Sestio decise di togliersi la vita per la troppa vergogna. Dopo questo episodio, il tiranno Tarquinio il Superbo fu cacciato dal popolo e successivamente venne instaurata la Repubblica. Sempre Livio racconta la storia di Virginia, una giovane plebea rapita dal patrizio Appio Claudio. Ma l’uomo non si limiterà a questo, infatti fece processare la ragazza, con lo scopo di ridurla in schiavitù; ma Virginio il padre della ragazza, decise di renderla “libera” con la morte.

Lo storico Tacito racconta in un capitolo degli Annales (XIII, 44) la storia di Ponzia Postumina, vissuta al tempo di Nerone, di cui non si conosce nulla eccetto la morte, avvenuta per mano del tribuno della plebe Ottavio Sagitta, in seguito condannato per omicidio all’esilio su un’isola per anni, il quale costrinse la donna all’adulterio. Eclatante fu sicuramente la brutalità dell’imperatore Nerone, poiché come riportato da Svetonio nelle Vitae Caesaris, fu responsabile della morte della madre Agrippina, della prima moglie Ottavia e si accanì con l’amante Poppea, uccisa con un calcio al ventre che ne portava il figlio.

Nonostante la misoginia e la violenza erano all’ordine del giorno, a partire dal II secolo avanti Cristo, alle donne fu permesso di trovare il proprio spazio nella società, addirittura accedendo alla carriera di avvocato, riuscendo così ad accantonare in parte il ruolo esclusivo di mogli e madri. A quel periodo risale inoltre la legge Editctum de Adtemptata Pudicitia per punire corteggiamenti particolarmente insistenti, un provvedimento che potremmo considerare come una sorta di antenato della legge contro lo stalking. Il reato però era considerato meno grave se la donna era una schiava o addirittura vestiva come una prostituta. D’altronde non c’è molto da meravigliarsi, se si pensa che ancora oggi  l’ abbigliamento femminile è considerato a volte un segno di provocazione e di colpa da parte delle donne, in materia di violenza sessuale.

Alice Spoto