Charles Bukowski, il miglior compagno di sbronze della letteratura

Il 9 Marzo scorso è stato il 22° anniversario della morte dello scrittore americano Henry Charles Bukowskil’artista maledetto tutto genio e sregolatezza, il protagonista degli aforismi da citare in ogni contesto e a volte forse fin troppo abusati sui social, il miglior compagno di sbronze della letteratura, per rimandare ad un sua famosa raccolta di racconti del 1979.

Era il 9 marzo 1994 appunto quando Bukowski moriva di leucemia. Era già famoso per le sue storie di sesso, alcol e esperienze torbide realmente vissute, quando aveva appena terminato l’ultimo suo romanzo Pulp. Una storia del XX secolo, ambientato a Los Angeles e incentrato sulle avventure dell’investigatore privato Nicky Belane, alle prese con ricerche assurde e surreali che si snodano tra bar, locali e motel.

Si percepisce, tra le pagine, che questo libro è una sorta di testamento dello scrittore che percependo la sua imminente dipartita, affronta la sua ultima sfida con il suo solito atteggiamento sprezzante, ma anche consapevole di dover abbassare il capo di fronte la vita, per l’ultima volta.

Sulla sua lapide si legge: “Henry Charles Bukowski – Hank – Don’t Try – 1920-1994”. “Non provare” è una frase di una delle sue poesie, dove consiglia i giovani scrittori e poeti riguardo l’ispirazione e la creatività.

Questa frase viene spiegata da lui stesso in una lettera del 1963“Qualcuno mi chiese: <<Cosa fai? Come scrivi, come crei>>. Non lo fai, gli dissi. Non provi. È molto importante: non provare, né per le Cadillac, né per la creazione o per l’immortalità. Aspetti, e se non succede niente, aspetti ancora un po’. È come un insetto in cima al muro. Aspetti che venga verso di te. Quando si avvicina abbastanza, lo raggiungi, lo schiacci e lo uccidi. O se ti piace il suo aspetto ne fai un animale domestico. Qualsiasi cosa tu voglia non l’avrai provandoci con troppa insistenza.”

Questo è forse il più grande insegnamento che poteva darci: la volontà di diventare a tutti i costi qualcuno, sacrificando la  propria vita e cambiando la propria natura per la fama e la gloria fine a se stessi, in genere non porta proprio da nessuna parte. Bukowski, l’uomo che fu capace di essere quello che veramente voleva essere, ci dimostra che le nostre ambizioni, i nostri sogni e desideri ci porteranno irrimediabilmente a diventare quello che siamo veramente, occupando semplicemente il posto che ci spetta nel mondo.

Ma come Henry Bukowski è diventato Charles Bukowski? Non ci crederete ma il tutto è nato negli anni cinquanta quando Henry ottiene un lavoro fisso come postino. Due cose caratterizzano quel periodo: il vizio del bere appreso quando quattordicenne cerca di trovare una via di fuga dalle angherie del padre; e la passione per la scrittura. Da qui la creazione del personaggio di molti suoi libri, Henry Chinaski detto Hank, un postino ubriacone di Los Angeles con la passione per le corse dei cavalli.

Ma dovrà aspettare la fine degli anni sessanta per far sì che i suoi racconti vengano finalmente pubblicati su alcune riviste. In breve tempo, la casa editrice “Black Sparrow” lo contatta e pubblica il suo più famoso romanzo Post Office, uno spietato resoconto della sua sfrenata vita da postino.

Da lì, Buk scriverà sei romanzi, centinaia di racconti e migliaia di poesie, per un totale di oltre sessanta libri. Per tutta la vita amò le donne e parecchie delle sue storie amorose e sessuali vengono descritte proprio attraverso questi libri in maniera realistica e senza troppi eufemismi, negli aspetti più dolci e più violenti di esperienze pervase da istinti animaleschi. 

La corrente letteraria a cui spesso viene associato è quella del realismo sporco. Lo scrittore ci restituisce nei suoi racconti un’immagine del mondo allo stesso tempo bella e terribile. Raccontò gli aspetti più veri e le dinamiche più autentiche delle relazioni umane spesso tempestose, con uno stile informaleanticonformista, privo di cliché rompendo tutti gli schemi linguistici convenzionali. 

Descrisse gli animi dei suoi personaggi senza nessuna connotazione psicologica, ma limitandosi semplicemente a ritrarli nei loro comportamenti abituali spesso meschini e crudeli, infarcendo il tutto di battute pungenti e sarcastiche e turpiloqui al vetriolo.
Charles diventa un’icona per tutti gli sconfitti del mondo, la speranza degli ultimi. Come scriveva lui stesso infatti, amava “i solitari, i diversi, quelli che non incontri mai. Quelli persi,andati, spiritati, fottuti. Quelli con l’anima in fiamme. Un po come lui stesso in fondo, un uomo che visse fregandosene delle convenzioni sociali e dei pareri altrui, intessendo strane amicizie con tossici, vagabondi, prostitute e alcolizzati. Il geniale “scrittore del vero” che ancora oggi ci lascia stupefatti davanti le sue pagine intrise di autentica umanità.

Alice Spoto