Di Andrea Colore e Francesco Bellia per Social Up!
Lo sapevate che gli emisferi del cervello regolano attività diverse? Lo sapevate che l’emisfero destro regola l’elaborazione visiva e i processi creativi mentre l’emisfero sinistro i processi linguistici e la gestione logica del pensiero? Sapevate anche che a seconda dell’azione che svolgete un emisfero è più attivo dell’altro?
Questa convivenza fra “attività creativa” e “attività meditativa” nel nostro cervello si è tradotta anche sulle pagine dei grandi scrittori che, all’occorrenza, sono scienziati oppure poeti: così nasce la fantascienza.
“Hard fiction” o “Soft fiction”? Quando la scienza si unisce alla fantascienza (a cura di Francesco Bellia)
Come è possibile accordare il rigore della scienza e la logicità dei suoi assiomi con la creatività , spesso radicale e spiazzante della finzione letteraria? È una delle domande che più hanno segnato l’evoluzione della fantascienza, un genere letterario nato per l’esigenza di spingersi oltre i limiti convenzionali, al di là dei quali la scienza non può addentrarsi, per indagare tecnologie nuove e sconosciute, che, nella maggior parte dei casi, sono frutto dell’immaginazione più che della loro effettiva verificabilità empirica. Dalla prima metà del Novecento ai giorni nostri la fantascienza ha visto avvicendarsi numerosi autori, spesso profondamente diversi tra loro, che hanno alimentato questo genere, mescolando insieme scienza, letteratura e finzione.
Alcuni di questi autori hanno scelto la “Hard fiction”, un approccio alla scrittura che tiene conto del metodo scientifico nell’invenzione delle proprie storie, attraverso la descrizione dettagliata del funzionamento delle tecnologie da essi immaginate per far sì che esse siano ritenute credibili e verosimili dai propri contemporanei. È il caso di George Wells (uno dei padri della Fantascienza) che ne “La macchina del tempo” pone le basi per le teorie sul viaggio nel tempo, oppure di Isaac Asimov, che nel “Ciclo dei robot” delinea le tre leggi della robotica, ipotizzando nel dettaglio le caratteristiche fondamentali che un robot deve avere per non essere nocivo per gli uomini e per se stesso, o ancora di Sir Arthur Clarke, con “2001 Odissea nello spazio”, in cui si racconta l’incontro tra l’umanità nelle sue varie fasi evolutive e un misterioso monolite.
Accanto ad essi, però, vi sono stati anche autori che nelle loro opere hanno scelto di concentrarsi sull’aspetto letterario più che su quello scientifico, utilizzando gli spunti forniti dalla fantascienza per fare di essa il contesto delle loro narrazioni, al fine di indagare l’animo umano e le sue contraddizioni, premiando la scrittura più che il contenuto tecnologico della narrazione.
Parliamo ad esempio di Ray Bradbury in “Cronache Marziane”, di “Dune” di Frank Herbert (in cui si descrivono la religione e l’evoluzione socio-politica di un pianeta desertico da cui si estrae una potente droga, ”la Spezia”), di “Solaris” di Stanislaw Lem, in cui si racconta di un “pianeta vivo” in grado di far rivivere il passato, e di molti autori della cosiddetta “New Wave” tra cui Philip Dick con “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” (conosciuto anche come “Blade Runner“), Philip Josè Farmér con “Il ciclo del mondo fiume”, James Ballard in opere come Il mondo sommerso”, “Foresta di Cristallo”, il “Condominio”, in cui la fine del mondo o l’utilizzo della tecnologia diventano il pretesto per descrivere l’abbrutimento e la regressione dell’essere umano. Sono solo alcuni degli autori di fantascienza le cui opere sono classificate come “Soft fiction” per indicare che la componente scientifica è ridotta rispetto ad altri elementi che prevalgono nel racconto.
Nonostante la tendenza degli autori più moderni a discostarsi dal rigore scientifico per porre l’attenzione sull’interiorità dei protagonisti delle proprie storie, il rapporto tra scienza e fantascienza è ancora oggi indissolubile, perché ad un progredire delle conoscenze corrisponde un insuperabile desiderio di andare oltre i limiti e immaginare le possibili conseguenze, con lo stesso spirito che probabilmente ha animato la fantascienza delle origini e che, in fondo, è alla base della ricerca scientifica.
Scienza e letteratura a confronto: scrittori o matematici? (a cura di Andrea Colore)
La fantascienza ha ormai acquisito a pieno titolo un target di non indifferente nell’industria libraria. Non c’è giovane o anziano che non conosca “Fahrenheit 451” di Bradbury o “1984” di Orwell. Molti scrittori hanno cercato di scrivere anche alla luce dei loro interessi scientifici: non è infatti raro trovare nella letteratura mondiale scrittori che hanno analizzato il difficile rapporto che sussiste fra il mondo della matematica e quello delle lettere. Non è poi un caso che lo sviluppo della fantascienza e l’attenzione al rapporto fra cultura scientifica e umanistica sia nato proprio a partire dalla fine dell’Ottocento con la cosiddetta “caduta delle certezze filosofiche“, i teoremi dell’incompletezza di Godel e chi più ne ha più ne metta! Spesso ci ammoniscono che sono due mondi inconciliabili, ma spesso sono più vicini di quanto pensiamo. Infatti molti scrittori nelle loro opere sono riusciti a fondere in modo magistrale queste due culture, non riducendo il tutto a pedanti dissertazioni, ma declinandolo ad un piacere rivolto al gusto comune.
Non si può ignorare la figura di Jules Verne, autore di famosi “Il giro del mondo in 80 giorni” e “20 000 leghe sotto i mari” che a tutti gli effetti possono essere considerati pionieristici nel campo della fantascienza. E’ tipica la commistione fra fantasia, avventura, esotismo, scienza e tecnologia nei romanzi di Verne: accanto al gusto del progresso e alle scoperte geografiche e scientifiche, non sono rari minuziosi calcoli matematici per calcolare il viaggio per arrivare alla Luna o a Nettuno! Per non parlare poi di come sia possibile trovare ne “L’isola misteriosa” una accurata se non impressionante dimostrazione sui criteri di similitudine dei triangoli! E questo per cosa? Per il calcolo dell’altezza di una montagna!
Pensiamo ora ad un must della letteratura italiana: Italo Calvino. Nell’attività letteraria di Calvino emerge anche il rapporto fra la scienza e la letteratura. Membro dell’OuLiPo, gruppo di matematici e scrittori che volevano “sintetizzare” le due culture, Calvino ha dato spesso grande prova di come questi due mondi apparentemente opposti operino su un terreno comune. Molte sue opere sono intrise di ragionamenti matematici sottili e spesso non per niente semplici da intuire. “Il castello dei destini incrociati” è, infatti, un libro non facile da leggere per il “modello di natura geometrica che sta alla base della narrazione”: una combinazione imprevedibile delle carte dei tarocchi permette lo sviluppo di tante storie. Inoltre, le “Cosmicomiche” sono una raccolta di racconti introdotti da un cappello che espone una teoria scientifica. Calvino sosteneva che letteratura e scienza hanno abilità creative che si dirigono in senso opposto: se la letteratura parte da un punto per creare l’universo fantastico, la matematica (e per estensione le scienze), per comprendere l’universo, devono ridursi alla singola formula che sintetizza il “Tutto in un punto“, per citare il titolo di uno dei racconti calviniani.
Ma questo “intreccio culturale” avviene anche a livello più prettamente professionale e non solo stilistico o narrativo. Carlo Emilio Gadda, uno dei grandi autori del Novecento italiano, era ingegnere e fu una figura quasi anomala nello scenario italiano primo novecentesco. Si iscrisse al Politecnico di Milano e accanto alla sua produzione letteraria affiancò il lavoro di ingegnere che lo portò a lavorare in diverse zone d’Italia e del mondo. La critica ha riconosciuto all’unanimità la sua prosa come barocca, un “pasticcio” che realizza una finissima analisi del ragionamento logico del linguaggio. Gadda non è facile da leggere soprattutto per la sua attenzione ai termini scientifici e alla rappresentazione del reale: e tale prosa difficile, colma di un preziosismo non comune ai maggiori autori può riuscire a rappresentare i vari aspetti del reale. Gadda, pur non avendo scritto opere di fantascienza, è a tutti gli effetti portatore nelle sue opere di un bagaglio scientifico molto cospicuo.
Come avete visto, non è sempre vero che due culture così diverse non possano comunicare fra di loro. E dove trovano il loro punto di contatto se non nella fantascienza e negli intellettuali a tuttotondo?