Gigi Proietti ed Edmund Kean sul palco del Globe, il teatro tra passato e futuro

Il teatro vive e rivive nelle emozioni degli attori e del pubblico, sono queste le uniche cose in grado di consegnare un uomo ed un’opera all’immortalità. Questo Edmund Kean lo sapeva bene, la sua era una consapevolezza tanto forte  da farlo ribollire di passione ed ambizione, fino alla follia. Eppure tutto ciò non è abbastanza, nonostante la fama, l’attore di teatro è solo di una solitudine che è ben trasposta nel monologo: solo dinanzi alla grandezza di chi l’ha preceduto, solo dinanzi alle proprie paure, solo quando, chiuso il sipario, fa i conti con se stesso in camerino.

Negli occhi e nei gesti di Gigi Proietti c’era tutto questo domenica sera, durante l’ultima replica del suo Edmund Kean che dei 27 anni trascorsi dalla sua prima interpretazione ha portato in scena il peso, l’esperienza, la maturità.  Nelle ultime settimane, infatti, il Silvano Toti Globe Theatre di Roma, custode del teatro Shakespeariano nella Capitale, ha proposto un adattamento dell’Edmund Kean di Raymund FitzSimons, scritto del 1989 per Ben Kingsley, un gigante del cinema e del Teatro. Proprio nel 1989 spettò a Gigi Proietti l’onore e l’onere di portare in scena tanta grandezza, nell’Anfiteatro di Taormina, e lo fece spiazzando il pubblico e la critica, mostrando come sia possibile smuovere i fili sottili che nell’uomo vincolano le emozioni.

Uno spettacolo che è stato un crescendo, un fondersi di commedia e tragedia. Le risate e la boria del giovane Kean, l’odio per i rivali, l’ambizione senza eguali e, poi, il declino: come ogni stella l’astro di Londra solca il cielo e finisce per consumarsi.
Edmund Kean, il talento londinese diventato famoso nei primi dell’800, fece di Shakespeare la sua vita, portando nel teatro quella ventata di novità che spazzò via la recitazione ampollosa e impostata del passato a favore della verità dei sentimenti, della passione, dell’immedesimazione. Un’immedesimazione che dei drammi interpretati fece i suoi drammi, l’ambizione di Riccardo III, l’egoismo e la gelosia di Lear, la disperazione di Otello, l’angoscia di Amleto. Ma il sogno non poteva durare per sempre, anche lui che come Macbeth per la gloria avrebbe ucciso, anche lui che aveva conquistato la corona del primo attore assoluto al Drury Lane ha visto cadere il suo Regno, sbriciolarsi come sabbia sotto il peso della realtà.

Quello a cui abbiamo potuto assistere è stato uno spettacolo unico che ha avuto il pregio di rendere lo spettatore parte stessa del dramma in una comunione di solitudini, quella sua e quella dell’attore. Il pubblico del Globe era il pubblico di Edmund Kean, la ragione del suo essere innalzato e della sua dannazione, il soffio che ha alimentato una fiamma spentasi troppo presto, ma la cui luce rifulge fino ad oggi.
Il passato, nel dramma di Kean, il presente, nell’arte di Proietti, il futuro, nei giovani attori che si avvicendano sul palco del Globe e, infine, l’eterno nelle tragedie di Shakespeare che nei secoli non hanno perso di profondità, al contrario si sono arricchite di nuovi significati ed interpretazioni.

Sul finale, le parole dell’Addio di Otello a riecheggiare nel suggestivo scenario del teatro, incatenando lo spirito e gli occhi di giovani e meno giovani, fino a quando le luci si sono spente e, con esse, il travaglio di Kean. Alcuni istanti di silenzio, poi, in uno scrosciare di applausi, eccolo lì Proietti, sulle assi del palco che negli anni ha curato e difeso come un figlio a raccogliere i ringraziamenti del suo pubblico, del pubblico di Shakespeare. Tutti in piedi per lui e per tutto quello che il teatro rappresenta per la famiglia del Globe, fatta di attori, maestranze ed un pubblico di affezionati.

Non un semplice Omaggio a Shakespeare, quindi, come il titolo dell’opera andata in scena potrebbe far credere, ma un omaggio all’arte stessa del teatro attraverso due dei suoi più grandi interpreti il: Bardo e la sua involontaria creatura, l’attore dannato che di Shakespeare e per Shakespeare ha vissuto e lottato. Una serata che non verrà dimenticata e che, in fondo, tutti speriamo possa ripetersi, con Proietti nei panni di Shylock o di un drammatico Re Lear a catturare il pubblico, come in un incantesimo.

Silvia D'Amico