Film spagnolo Netflix del 2019 diretto e scritto da Jorge M. Fontana, Boi è una pellicola che si snoda inizialmente sotto la forma di un thriller, mascherando in realtà la sua natura di film di formazione, come indicato dal titolo.
Il protagonista del film, dallo strano nome Boi, è infatti solo un ragazzo (boy) che in un momento di crisi nella sua vita personale – sta per diventare padre ma non è pronto per assumersene la responsabilità ed è in crisi con la sua ragazza- comincia a lavorare come chaffeur per una compagnia di trasporto che si occupa di scortare gente di un certo livello, come ad esempio gli uomini d’affari giapponesi che sono i suoi primi clienti.
L’ansia di non essere all’altezza del nuovo lavoro si unisce all’ansia di non essere maturo per crescere ed assumersi nuove responsabilità ed anche il mestiere di autista, che inizia un po’ come un bel gioco in cui in giacca e cravatta si guidano macchine stupende e si frequentano persone di un certo calibro, comincia ben presto a trasformarsi in qualcosa di decisamente più serio, in cui al ragazzo Boi spetta compiere delle scelte. Lontano dall’essere soltanto un autista passivo, infatti, il giovane verrà coinvolto sempre più a fondo in vicende di potere pericolose, provocate dai due uomini d’affari giapponesi, i quali a dispetto della loro iniziale sicurezza sono in realtà in una condizione disperata e cercano in tutti i modi di avvicinarsi ad un uomo potente, per loro irraggiungibile. Boi li aiuterà in questo difficile compito.
Da personaggi che apostrofano il ragazzo per il suo essere un professionista acerbo, diverranno poi dipendenti da lui e cercheranno a lungo il suo sostegno. Scandendo in modo puntuale le giornate di Boi- autista, il film adotta il suo punto di vista: le sue incertezze, i suoi successi, i suoi dubbi, le sue stupidaggini nell’eseguire il lavoro nuovo. Il film si nutre abilmente delle ansie del protagonista e adotta forme registiche sperimentali (non manca ad esempio una parentesi videoclip nel film, per rappresentare il passeggero senso di onnipotenza di Boi nell’attraversare con la sua bella auto la città).
Il regista Fontana gira un film interessante, che come si diceva non è puramente un thriller, ma sfrutta la suspance di questo genere per seguire le vicende del suo protagonista ( un convincente Bernat Quintana). Buona la qualità registica e l’alternanza di stili, così come intelligenti i dialoghi che costruiscono la rete in cui Boi è ingarbugliato. La storia di questo autista ragazzo che non sa bene dove andare è metaforica della condizione quasi adulta di chi è spinto a prendere delle decisioni. Simile in qualche modo a Locke di Steven Knight, per il fatto che entrambi i protagonisti vagano su un’auto con la finalità ultima di prendere decisioni fondamentali per il proprio futuro, Boi è però più ricco di situazioni e variazioni rispetto al film del regista inglese.
Girato prevalentemente in macchina ha però anche scene in esterna ben congegniate che descrivono una Barcellona ipertecnologica e internazionale. Una metropoli per le cui strade è possibile perdersi o fuggire. Nel film sia Boi che gli uomini d’affari giapponesi inseguono qualcuno che è difficile da raggiungere: il giovane la sua fidanzata con cui ha bruscamente troncato i rapporti e che risulta introvabile; i due nipponici l’uomo d’affari con cui concludere l’affare che può farli risalire dal lastrico. In questo, autista e passeggeri sono simili. Dispersi cercano un luogo vero in cui andare, ma si perdono spesso sul cammino, anzi, forse vogliono perdersi apposta per non raggiungere la propria meta. Infine il tortuoso percorso è più complicato del raggiungimento della meta e dell’incontro, che si svolge invece quasi con tranquillità.
Chi si aspetta un thriller ad alta tensione verrà deluso da questo film Netflix che come si diceva è metaforico, in qualche modo un film autoriale, nel senso che il regista conferisce un’impronta molto personale con cui descrivere la parabola-crescita di un giovane autista. Nel complesso un film godibile, quasi una fiaba insegnamento sull’assunzione di responsabilità in cui i personaggi, sebbene urbani sono abbastanza metaforici e simbolici, come l’autista amico di Boi che assume una funzione quasi paternalistica, a metà tra un guidatore e un musicista filosofo che è guida per il giovane e inesperto guidatore di taxi. Un peregrinare registico, anche nelle forme con una regia convincente, a tratti onirico, a tratti soliloquio cinematografico, che forse a tratti può sembrare inizialmente slegato, ma che complessivamente ha una sua ragion d’essere. Come si diceva ben scritti i dialoghi tra i personaggi e ben creata l’aura di mistero intorno a loro, che non si dissolve nemmeno al termine della pellicola. Un’altra sorpresa positiva dalla Spagna su Netflix (come l’Avvertimento e 7 anos e anche L’Autista, anche qui con focus su un protagonista-autista). Da vedere senza senza l’aspettativa di un thriller puro.