Le app per il ciclo mestruale valgono. Molto.
Quante volte siete uscite, quanto avete dormito, avete fumato, bevuto, fatto sesso, raggiunto l’orgasmo, in quale posizione, se andate in bagno con regolarità, di che umore siete, se avete avuto perdite vaginali, se avete abortito o preso la pillola anticoncezionale. L’app, attraverso sondaggi, forum, quiz e test, ricevono moltissime informazioni sullo stato di salute della donna e le sue abitudini personali. Dove vanno a finire tutti questi dati? Se lo è domandato il Guardian che ha prodotto un esaustivo quanto efficace video sull’argomento.
Queste app nascono per monitorare il ciclo mestruale e aiutare chi vuole rimanere incinta a individuare qual è il periodo di maggior fertilità. Quali benefici possiamo trarre dal fatto di memorizzare nel calendario quando abbiamo avuto mal di testa, voglia di fare sesso o se siamo ingrassate?
E l’utente cosa riceve in cambio di tutti questi dati personali? Chi utilizza queste app e ora ci sta pensando, la risposta la saprà.
Nulla.
Joana Varon, fondatrice di Coding Rights, un’organizzazione gestita da donne con sede in Brasile che dal 2015 opera per esporre e correggere gli squilibri di potere integrati nella tecnologia e nella sua applicazione, in particolare quelli che rafforzano le disparità di genere, dice: “Esistono almeno 4 modi in cui potrebbero essere usati questi dati. Il primo è venderli direttamente ad aziende terze per scopi di marketing e pubblicità; secondo, potrebbero essere venduti a società sconosciute all’utente; terzo, essere consegnati a istituti di ricerca per scopi scientifici; quarto, essere combinati con altri dati per creare profili combinati e poi essere venduti.”
Le fasi ormonali ci spingono allo shopping e le aziende lo sanno
E’ così: il comportamento e le abitudini femminili, statisticamente parlando, cambiano durante il mese principalmente in base agli ormoni. Sono gli ormoni, infatti, a controllare le funzioni cellulari del corpo e sono in grado di influenzare la propensione allo shopping verso alcuni prodotti piuttosto che altri, senza rendersene conto.
Kristina Durante, docente di marketing, spiega che si tratta di un’accezione ancestrale ed è rintracciabile anche sull’atteggiamento dei primati. In un ciclo di 30 giorni, noteremo che nei primi 14 giorni va via via aumentando il desiderio sessuale femminile, combaciando con il periodo di maggior fertilità; in questa fase, la donna è più propensa ad acquistare prodotti per la sua bellezza come cosmetici o biancheria sexy, in quanto deve combattere la ”concorrenza”. Quando l’ovulo viene espulso (che sia stato fecondato o meno), si rialzano i livelli di progesterone, fondamentale per portare avanti la gravidanza. In questo periodo la donna è più propensa ad acquistare prodotti legati alla maternità o al nido, quindi prodotti per la casa e d’arredamento.
Il business sui nostri dati personali
Se è vero che gli ormoni ci spingono a comprare alcuni prodotti senza che ce ne accorgiamo, è vero anche che c’è qualcuno che si è accorto dell’enorme business possibile grazie alla fonte di dati delle app per il ciclo mestruale. E’ così che le aziende utilizzano i dati per ”aggiustare il tiro” per proporre acquisti mirati sfruttando le variazioni ormonali durante il mese. Non vi sorprendete quindi se utilizzate un app per considerare i giorni di maggior fertilità per rimanere incinta, troverete tra le pubblicità di Facebook una bella culla per neonati acquistabile su Amazon.
La Femtech e le sue potenzialità
Quella che viene definita femtech, o più semplicemente tecnologia legata al mondo femminile e ai suoi bisogni, oggi è un business che fa gola alle grandi multinazionali. Tuttavia per molto tempo non se ne era considerato il potenziale.
Basti pensare che nel 2014 Apple ha creato l’App HealthKit, una vera rivoluzione: l’app richiedeva decine e decine di dati sul nostro stato di salute, che andavano dal livello di colesterolo alle ore di sonno, fino a specifiche quali l’assunzione di sodio. Tuttavia, nessuno aveva previsto un campo in grado di monitorare l’andamento del ciclo mestruale e le fasi di fertilità. Dal 2015 è stato investito più di un miliardo di dollari sul Femtech ed oggi negli Stati Uniti, questo tipo di app è il quarto più popolare tra gli adulti e il secondo più popolare tra le adolescenti nella categoria “salute”.
Ricordiamo che non tutto il male vien per nuocere: come ricordato prima, le informazioni vengono anche vendute a istituti di ricerca che lavorano per il miglioramento della nostra salute e come tali, ricevono i dati in forma anonima racchiusa solo come categoria femminile.
Consigli utili per utilizzare le app per il ciclo mestruale in modo sicuro
Se vogliamo utilizzare le app per il ciclo mestruale in modo sicuro, oltre a leggere attentamente i termini e le condizioni d’uso, è preferibile utilizzare app come l’italiana iGyno; Mirco Bertellini, fondatore della startup, sottolinea che “i dati rimangono stabilmente sul telefono dell’utente. Di conseguenza nessun dato viene reso disponibile a terze parti. Le altre app straniere invece necessitano di registrazione, i dati dell’utente confluiscon sui loro server con forti tematiche di privacy”.
In generale, secondo gli esperti, è meglio affidarsi ad app che non richiedono l’apertura di account e consentono di utilizzare i servizi anche senza dover per forza aprire un account personale.