Verso Roma-Liverpool: tra spettri del passato e voglia di finale

Sembra già essere avvolta da un’atmosfera speciale la sfida tra Roma e Liverpool che decreterà una delle due finaliste di questa edizione della Champions League. Questo perché quella tra i Reds e i giallorossi non può di certo essere considerata una gara normale. È da quel 30 maggio del 1984, quando la Roma si vide infrangere ai calci di rigore il sogno di vincere in casa la finale di Coppa dei Campioni nell’anno della sua prima partecipazione alla competizione, che questa partita assume un valore particolare. I tifosi e specialmente i calciatori della Roma ricorderanno senza dubbio il nome di Bruce Grobbelaar, portiere zimbabwese del Liverpool, che con le sue danze irriverenti e provocatorie innervosì e deconcentrò i tiratori dal dischetto portando all’errore Conti e Graziani. È da quella notte allo stadio Olimpico che premiò i Reds con il quarto sigillo in Champions che la Roma non tornava a qualificarsi tra le prime quattro squadre d’Europa.

L’urna di Nyon ha quindi decretato una semifinale dal grande fascino aumentato ancor di più dalla posta in palio, la finalissima di Kiev. Le condizioni psicologiche in cui le due squadre si presenteranno al match d’andata, in programma martedì 24 aprile ad Anfield, sono a dir poco esaltanti, non solo per la qualità del gioco espresso ma anche e soprattutto per la fiducia acquisita dagli incontri precedenti. La vittoria della Roma nei confronti del Barcellona è frutto di una grande intesa tra pensiero dell’allenatore e conseguente applicazione dei giocatori; la volontà di stravolgere la formazione per la primissima volta da parte di Di Francesco per rendere il Barça più vulnerabile è parsa una pazzia alla vigilia ma ha trovato una risposta esemplare nell’interpretazione dei giocatori. Se aggiungiamo poi che tutto lo stadio è sembrato che stesse giocando in campo insieme alla squadra grazie ad un tifo incredibile dagli spalti, il match aveva già assunto alla perfezione i contorni per la grande impresa. Adesso, gli interrogativi principali riguardano la capacità della Roma di saper controllare la tensione e di proseguire facendo un ulteriore step verso la finale del prossimo 26 maggio. Aver vinto il girone con Chelsea e Atletico Madrid, oltre ad aver fatto fuori il Barcellona è sintomo di maturità e competitività; Di Francesco ha già dimostrato il suo valore ma dovrà trovare un’ottima soluzione per ingabbiare il tridente offensivo del Liverpool formato da Firmino, Manè e dal grande ex Salah, autori complessivamente di ben 23 gol in questa edizione della coppa.

Il cammino dei Reds in questa Champions è stato autorevole: dopo aver vinto agevolmente il proprio girone, la squadra del Mago Klopp ha liquidato la pratica Porto agli ottavi imponendosi al Dragão per 5 a 0 e gestendo in casa per poi eliminare una delle favorite per la vittoria ovvero il Manchester City di Guardiola. La sensazione avvertita nel doppio confronto con i Cityzens è quella percepire l’esistenza di una sorta di predisposizione per questo genere di appuntamenti che non si può acquisire dall’oggi al domani, investendo svariati milioni nella campagna acquisti, ma che si infonde nella cultura di un club nel corso degli anni. Il Liverpool è senza alcun dubbio una di quelle squadre che coltiva da sempre lo spirito e l’atteggiamento giusto, non a caso è la società inglese più vincente in ambito europeo. Klopp ha trovato i giusti incastri nel sistema di gioco ma soprattutto un attacco prolifico e spettacolare. Se Dzeko è la stella su cui può puntare l’attacco giallorosso, Salah è sicuramente l’uomo più temibile dei Reds: con 40 gol stagionali, di cui 30 in Premier League, l’egiziano rappresenta il pericolo maggiore per i suoi ex compagni.

Oltre alla finale dell’84, sono due gli altri precedenti tra Roma e Liverpool, entrambi favorevoli ai Reds: negli ottavi di Coppa Uefa del 2000-2001(Roma-Liverpool 0-2 e Liverpool-Roma 0-1) e nella fase a gironi della Champions League del 2001-2002 (Roma-Liverpool 0-0 e Liverpool-Roma 2-0). I giallorossi avranno il 2 maggio la possibilità di giocarsi tutto con il ritorno in casa – così come avvenuto con Shakhtar e Barcellona – il che potrebbe rivelarsi un vantaggio, specie se consideriamo la spinta dell’Olimpico. Tutto però passa prima dalla sfida di Anfield, in cui si deciderà il 50% della qualificazione e in cui la Roma potrà iniziare il suo tentativo di vendetta sportiva.

Giuseppe Forte