Situato nella Tanzania settentrionale, il Lago Natron può apparire inquietante, con il suo colore rosso acceso e la pressoché totale assenza di vita. In realtà, esso rappresenta un ecosistema più unico che raro, in grado di unire bellezza e pericolosità in ugual misura: le acque del Natron “pietrificano” tutto ciò che di vivo vi cade dentro. Per quanto possa apparire bizzarro, non si tratta di fenomeni paranormali o delle conseguenze dell’arrogante azione della mano dell’uomo, quanto piuttosto dell’estremizzazione di un fenomeno naturale. A rendere così pericolose le acque di questo lago africano è, infatti, il sale in esso contenuto, il natron, che già al tempo degli egizi era usato nei rituali di mummificazione.
Situato a circa 600m sul livello del mare, è profondo soltanto tre metri, condizione che lo espone ad una facile evaporazione durante le torride estati tanzane. Per questo motivo, le dimensioni del lago cambiano a seconda della stagione, così come il colore che diviene di un rosso più acceso venato di bianco laddove il livello dell’acqua è più ridotto. Tra gli abitanti di queste acque morte ci sono alcuni microrganismi, come i cianobatteri, responsabili del colore vermiglio. Le striature biancastre, invece, sono dovute all’accumulo di sodio in superficie, elemento di cui il lago è ricco. L’unione di questi due fenomeni, elevato tasso di evaporazione ed alta concentrazione di sodio, rappresenta la condizione migliore per la formazione del natron, o carbonato idrato di sodio.
Si tratta di un sale avido di acqua, terribilmente basico ed in grado di disidratare le carcasse degli animali che finiscono nel lago formando uno strato duro di sale al di sopra di esso, del tutto simile a pietra nell’aspetto. Non c’è da meravigliarsi, dunque, se le acque del lago hanno un pH compreso tra 9 e 10,5 ed una temperatura che raggiunge picchi di 60°C, risultando terribilmente caustiche.
Nonostante l’ambiente ostile, due animali hanno imparato a sfruttare i vantaggi di un luogo simile. Uno di questi è il fenicottero minore, così elegante che è difficile immaginarlo in un luogo così infernale. Eppure, proprio queste condizioni estreme fanno del Lago Natron un luogo di riproduzione per questi volatili dove i nidi possono essere difficilmente raggiunti dai predatori e sono, per tanto, al sicuro. A proteggere i fenicotteri dal danno estremo perpetuato dai sali disciolti nell’acqua del lago, è lo strato corneo che riveste il becco e le zampe e consente loro di nutrirsi di un’alga blu che vive nelle acque del lago.
Altro inquilino del Natron è l’Alcolapia alcalica nota anche come Tilapia del Lago Natron, una specie a rischio d’estinzione.
L’atmosfera spettrale di questo angolo di mondo ha attirato il fotografo Nick Brandt che ha raccolto le spoglie mummificate degli animali, morti sulle sponde del lago, rimettendoli in posa per realizzare le fotografie raccolte in uno dei suoi libri. L’effetto è sensazionale e vale la pena di osservarle una per una.