Motta: “Per scrivere Vivere o morire ho messo il mio cuore sul tavolo”

A due anni di distanza da “La fine dei vent’anni”, il 6 aprile 2018 per etichetta Sugar in tutte le piattaforme digitali e streaming è arrivato “Vivere o morire”, il secondo progetto discografico di Francesco Motta.

“Questo lavoro è la perfetta fotografia di quello che sono oggi – ha spiegato il cantautore livornese – perché mi sono raccontato nei miei tanti modi. È il lavoro che mi ha fatto scoprire la sintesi, non so se in termini di maturità o consapevolezza, grazie alla quale ho messo nel disco niente di più rispetto a quello che ci andava messo”.

Se “La fine dei vent’anni” è stato l’album d’esordio che gli è valso anche il Premio Tenco per la miglior opera prima, “Vivere o morire”, invece, è il disco della consapevolezza. Il parcheggio è stato trovato, le inquietudini sulla ricerca della felicità sono diminuite e la musica è meno ribelle ed aggressiva. Ma Motta si pone al grande bivio dell’esistenza umana: vivere o morire, appunto.

Chi si aspettava, quindi, un album in continuità con il precedente, sarà deluso proprio per la diversità della struttura dell’album. Per il nuovo progetto discografico, Motta ha lavorato non solo con l’amico Riccardo Sinigallia ma anche con Taketo Gohara per la musica e Pacifico per la scrittura dei testi. Il risultato è un album registrato tra Roma e New York che aspira ad essere pop. Non mancano canzoni più incisive e movimentate né le ballad. È un disco autobiografico per ciò che racconta.

“Musica e testo sono entrambi importanti ma la cosa più importante è il racconto: nel primo brano c’è un minuto di sola musica ma secondo me in quel silenzio di testo c’è un racconto molto evidente – ha dichiarato Francesco Motta – il trucco del disco è che non ci sono trucchi, è più ordinato rispetto al primo, ci sono più strumenti e meno tracce. Ho capito che non è importante più il testo o la musica ma il racconto, mi sento più distaccato e mi sono concentrato sul risultato”.

Il disco si apre con “Ed è quasi come essere felice”, il primo singolo estratto dall’album, seguito da “La nostra ultima canzone”. Si riconosce subito un Motta amante delle frasi da ripetere come mantra, di suoni martellanti e della ricerca della felicità che stavolta apparentemente è stata trovata.
Nove canzoni che parlano di amore, felicità, ricordi, aspettative come “Quello che siamo diventati”, “Vivere o morire” e “Chissà dove sarai”, decisamente le migliori del disco. Nel disco torna la figura del padre in “Mi parli di te” in cui Motta chiama il padre babbo in una sorta di dialogo tra padre e figlio tra ricordi e presente.

A chi gli ha chiesto cosa preferisce tra vivere o morire, Motta ha risposto: “Tra vivere e morire scelgo assolutamente vivere, si capisce dal disco. Per me l’unico modo per scrivere canzoni è dire la verità, che siano miei fatti personali o una verità immaginata. L’unico modo per capire se una canzone per me è finita è vedere se mi emoziona, l’unico modo per farlo anche a costo di essere scomodo era raccontare anche i miei fatti personali”.

Dopo il giro per gli instore, a maggio sono già previste quattro date anteprima del tour: il 26 all’Atlantico di Roma, il 28 all’Estragon di Bologna, il 29 all’Hobihall di Firenze e il 31 all’Alcatraz di Milano. Ma non è finita qui perché Motta sarà uno dei protagonisti dello Sziget Festival 2018 insieme a nomi del calibro di Arctic Monkeys, Lana Del Rey, Liam Gallagher e Gorillaz.

“Vivere o morire” è un album di impatto, che incoraggia circa la direzione della musica pop italiana e che conferma la bravura di Motta, autore e cantante.

Sandy Sciuto