Era il lontano 1946, quando alla Fiera di Milano fece il suo ingresso in Italia la lavatrice. Scambiata inizialmente per una macchina per montare la panna e ostacolata dalla diffidenza delle donne, in Italia ebbe una lenta divulgazione. Tuttavia a partire dagli anni ’50 si diffuse rapidamente, cambiando per sempre la vita delle donne. Non a caso è considerato un simbolo importante nella storia dell’emancipazione femminile. Se in occidente è impensabile vivere senza una lavatrice, nei paesi più poveri è ancora possibile vedere donne che, armate di sapone e spazzolone, lavano a mano i vestiti dei propri familiari. E’ questa l’immagine che si è trovato davanti Nav Sawhney, un giovane ingegnere in viaggio in India. Da quel momento ha deciso di aiutare le donne in difficoltà con un invenzione in grado di alleggerire loro il momento del bucato. E’ nata così la lavatrice a manovella.
LAVATRICE A MANOVELLA: COME NASCE UN’IDEA
Lo studente inglese di ingegneria di 29 anni si trovava nel villaggio rurale di Kallipalayam, che aveva un accesso limitato all’acqua e all’elettricità. Ogni giorno passava accanto alla sua vicina di casa Divya e la vedeva rannicchiata su un secchio, a strofinare i vestiti. “Ho camminato davanti alla casa di questa donna ogni giorno e ogni giorno lavava i vestiti” ha dichiarato Nav. “Abbiamo chiacchierato e lei mi ha detto che le faceva male la schiena e mi ha mostrato l’eruzione cutanea sulle sue mani. Ho pensato che potevo fare qualcosa e ho deciso di trovare una soluzione.” Una lavatrice vera e propria Divya non poteva permettersela considerata la mancanza di elettricità. Bisognava essere creativi per aiutare le donne come Divya a risparmiare tempo da dedicare allo studio o ad un lavoro retribuito.
NAV E IL SUO TEAM
Insieme a Nav, un gruppo di specialisti formato da ingegneri, antropologi e analisti hanno contribuito alla realizzazione del prototipo. Il progetto così assemblato è stato, dunque, sperimentato presso il Response Innovation Lab in Iraq, guidato da Oxfam, che fornisce finanziamenti per nuove innovazioni che migliorano la vita dei più poveri. In Iraq, Nav ha continuato a rendersi conto di quanto fosse necessaria la sua invenzione. Nel Kurdistan iraqueno, infatti, il ragazzo ha avuto modo di trascorre del tempo con le famiglie dei profughi, di sedersi nelle loro tende, proprio lì dove spesso mancava un padre, un fratello o uno zio, portato via dall’ISIS e mai più tornato. Attraverso l’analisi sul campo, il giovane ingegnere ha dimostrato che le donne trascorrevano fino a 20 ore alla settimana a lavare i vestiti.
LA LAVATRICE A MANOVELLA: IL PROTOTIPO
In base alle dimensioni medie della famiglie, formate da almeno 9 membri con la metà sotto i 5 anni, il team ha ideato il prototipo. La lavatrice a manovella avrebbe dovuto avere un tamburo con una capacità maggiore e non troppo basso, senza il diretto contatto tra sapone e vestiti per evitare erezioni cutanee. A ciò doveva aggiungersi leggerezza e facilità di spostamento. “Abbiamo inserito tutto ciò nel nostro design”, ha dichiarato soddisfatto Nav. Così, il team ha creato una lavatrice in legno e plastica che costa solo £ 24. La macchina, che prende il nome da Divya, ha un tamburo con capacità di 5 kg ma utilizza solo 10 litri di acqua per ciclo, a differenza dei 30 litri utilizzati dalla lavatrice elettrica media. “Crediamo che usando la lavatrice, le donne possano lavare la stessa quantità di vestiti in 20 minuti anziché 20 ore!Abbiamo restiuito a Divya 20 ore per far ciò che vuole”, ha affermato Nav. A partire da febbraio, Oxfam ha iniziato un progetto pilota distribuendo 50 lavatrici a manovella ai profughi di Mosul. “Mia madre è davvero orgogliosa di me, è la mia più grande sostenitrice. E’ lei la mia guida. Vedo le sue lotte nelle lotte delle altre donne“, ha concluso.
LA VITA DI NAV: UNA STORIA DI EMANCIPAZIONE
Figlio di rifugiati scappati dall’India nel 1947, Nav fin da piccolo ha mostrato una mente curiosa e, crescendo, passava il tempo a smontare e rimontare gli elettrodomestici da cucina. Come suo padre, ha studiato ingegneria alla Queen Mary University di Londra per poi unirsi al gruppo “Engineers Without Borders UK”. Si tratta di un associazione che incoraggia a trovare soluzioni per migliorare la vita delle persone in difficoltà. Grazie a loro ha incontrato Divya, la musa ispiratrice della sua invenzione. “Siamo su questo pianeta per un breve periodo di tempo e il nostro impatto sulla vita delle altre persone è ciò che conta di più. Sta a tutti aiutare il mondo”, ha raccontato il giovane che della sua storia e del suo viaggio ne ha fatto un tesoro inestimabile.