Jack Lemmon e Walter Matthau: l’angelico e il burbero

Un bravo ragazzo, figlio di una facoltosa famiglia americana che però appende al muro la sua fresca laurea ottenuta alla prestigiosa università di Harvard per dedicarsi alla recitazione. Questo è il giovane John Uhler Lemmon III che sarebbe diventato poi Jack Lemmon, nato a Newton il giorno 8 di febbraio del 1925.

Dopo un periodo tra gli anni quaranta e cinquanta trascorso in televisione, nel suo primo ruolo importante quello dell’egoista e indolente ufficiale minore Frank Pulver in” La nave matta di Mister Roberts” del 1955 diretto da John Ford e Melvin Le Roy, tiene botta al cospetto dei più affermati Henry Fonda e James Cagney, tanto da ottenere il suo primo premio Oscar come miglior attore non protagonista. Il secondo lo otterrà 18 anni dopo, questa volta come attore protagonista, per “Salvate la tigre” (1973).  

Qualche anno dopo tale giovanotto si fa valere anche come degno rivale del duro Robert Mitchum per la conquista della bella Rita Hayworth in “Fuoco nella stiva”, riuscendo anche a essere del tutto convincente trasformandosi da impiegato a improvvisato mandriano al seguito del rude Glenn Ford nel film: “Cowboy”.

Però la sua faccia normale alla lunga lo impone nel novero degli attori seri, educati e perfettini che, sia pure con uno stentato sorriso, devono interpretare le difficoltà quotidiane dell’individuo inserito nel tipico contesto sociale americano. A differenza di altri Jack, già perfetto nelle vesti dell’uomo comune, possiede però tracce evidenti di un talento nascosto figlio di un innato senso dell’ironia, ossia quello di far ridere senza ricorrere a smorfie, posture e ammiccamenti che diviene il suo marchio di fabbrica e ben presto lo condurrà ad un inaspettato e meritato successo. Infatti dopo la splendida performance di “Strega in paradiso” accanto allo scettico James Stewart e alla sensuale Kim Novak, diventa l’attore feticcio del geniale regista Billy Wilder. Nell’esilarante capolavoro del maestro austriaco naturalizzato statunitense, “A qualcuno piace caldo” del 1959, l’attore del Massachusettes , nel doppio ruolo uomo-donna, sfodera una prestazione artistica sensazionale alla pari dei vivacissimi Tony Curtis e Marilyn Monroe, compagni di avventura di quel fantasmagorico set.

Diluiti nel tempo e baciati a vario titolo dal corrispettivo successo seguiranno altri sei film, in cui la magica empatia tra l’eclettico padre della commedia americana e il suo interprete ideale, ebbe libero sfogo: si continua l’anno dopo con “L’appartamento” dove impersona C.C. Baxter, un mite impiegato ligio ai desideri del capo che invece umilia la candida hostess d’ascensore della quale egli è segretamente innamorato; si prosegue nel 1963 con” Irma la dolce”, questa volta nei panni di un flic intraprendente che vuole redimere una deliziosa prostituta. Ambedue questi film condivisi appieno con la frizzante Shirley McLaine, mettono in risalto paradossali scorci tipici del costume americano del tempo. Una parentesi sull’angosciante tematica dell’alcolismo rappresentata dal film “I giorni del vino e delle rose” accanto a un’ambigua Lee Remick, si alterna a una fresca ventata di gradevole leggerezza nella trilogia di commedie leggere godibilissime: “Scusa me lo presti tuo marito?” con una leggiadra Romy Schneider; “Come uccidere vostra moglie”, coprotagonista Virna Lisi e soprattutto “La grande corsa”, strepitoso affresco dell’America degli anni venti firmato dal raffinato Black Edwards con protagonisti principali lo smagliante Tony Curtis e l’abbagliante Natalie Wood. Passato questo periodo Jack riprende la collaborazione con Billy girando nel 1966 “Non per soldi ma per denaro”; dopodichè nel sofisticato film” Che cosa è successo tra mio padre e tua madre?” (1972), i due sono capaci di sfiorare con dolcezza le corde del naturale sentimentalismo e infine concludono la splendida collaborazione pigiando sul tasto grottesco della commedia” Buddy Buddy (1981). Titoli che rimarranno infilati come perle nella pregiata collana della commedia brillante statunitense.

Di tutt’altra pasta era fatto quello che poi rappresenterà per un trentennio il suo alter ego, ossia Walter John Mattow alias Walter Matthau nato a New York il primo di ottobre del 1920.

Figlio di una coppia di immigrati: padre ucraino e madre lituana da giovane vendeva gelati e recitava per diletto prima di arruolarsi come aviatore allo scoppio della seconda guerra mondiale. Una volta entrato nell’ambiente del cinema si dovette giocoforza adattare a tutta una serie di ruoli minori stante le sue esuberanti fattezze facciali appesantite da un fisico pesante e allampanato. Ma a dispetto della sua apparenza quel dinoccolato lungagnone aveva anche lui una qualità artistica tutto da scoprire e si trattò solo che venisse fuori al momento giusto con la persona giusta. Il primo ad accorgersi che la sua maschera particolare associata a un modo di fare sbrigativo efficace potevano essere foriere di un’originale versatilità fu Burt Lancaster che lo volle, anche se in una particina, nel cast di “Il vagabondo delle frontiere” (1955). Poi viene diretto da Elia Kazan come coprotagonista al fianco di Anthony Franciosa nella drammatica vicenda di” Un volto nella folla”; da Richard Quine in” Noi due sconosciuti” (1960) e da Stanley Donen nel giallo-rosa” Sciarada” (1963).  A parte la bellissima e lunghissima parentesi professionale con Jack Lemmon tra gli altri film interpretati, da quello sgangherato attore divenuto però un efficace protagonista, meritano una menzione particolare:” Fiore di cactus”(1969), dove azzimato dentista e impenitente seduttore alla fine si districa saggiamente tra la giovane burrosa Goldie Hawn e la matura ma ancora seducente Ingrid Bergman; “È ricca la sposo e l’ammazzo” (1971) nel quale impersona lo squattrinato amante della bella vita, inizialmente intenzionato a eliminare la ricca consorte sposata per interesse, ma poi rassegnato alla stralunata ingenuità di lei finisce col desistere dai suoi propositi; “Appartamento al Plaza”(1971), in cui versatile e convincente sprigiona la sua originale comicità distribuendola in tre personaggi e infine in “Chi ucciderà Charlie Varrick?”(1973) di Don Seigel, nel ruolo di un temerario e perspicace rapinatore che affronta le impreviste conseguenze di tale avvenimento.

In una ridda di situazioni diversissime tra loro da cui fuoriescono personaggi particolari e scenari originali, il disinvolto attore newyorchese sforacchia lo schermo in rapida successione con un crepitio di altri notevoli titoli  quali:” California suite”(1978); “Due sotto il divano”(1980), che lo ripropone in una spy-comedy capace di coniugare azione e umorismo; ”E io mi gioco la bambina”; “Come ti ammazzo un killer”; “Quel giardino di aranci fatti in casa”; di Herbert Ross, incentrato sull’autorappresentazione dell’uomo di spettacolo sul palcoscenico della vita; e “Pirati”(1986) di Roman Polanski. Due anni dopo divide il set con Roberto Benigni anche regista, che lo sceglie per interpretare il ruolo del sacerdote ne “Il piccolo diavolo”; e al contempo incarna l’irriverente censore dell’apologia psichiatrica di” Lo strizzacervelli”, con Dan Aykrod. Fra le ultime interpretazioni, oltre i tre ultimi film in coppia con Lemmon, da segnalare il pirotecnico “Genio per amore” in cui ben caratterizza al meglio lo scienziato Albert Einstein e soprattutto” Avviso di chiamata”, anno 2000, una commedia a tinte drammatiche firmata e interpretata da Diane Keaton con Meg Ryan e Lisa Kudrow che sigilla il suo addio al cinema.

Jack Lemmon e Walter Matthau compaiono insieme sul grande schermo per la prima volta nel 1966, protagonisti della commedia di Billy Wilder, Non per soldi…ma per denaro. Con la naturalezza dei caratteri opposti, sempre da quel momento ricorrenti, i due cercano di imbrogliare l’assicurazione approfittando di un incidente che Harry (Lemmon) ha avuto sul lavoro. Travolto da una giovane promessa del football mentre riprendeva una partita, Harry si lascia convincere da William (Matthau) a fingersi paralizzato: William punta ad un lauto risarcimento, mentre Harry spera così di riconquistare l’affetto della ex-moglie. Il film ottiene un discreto successo a botteghino ma rivela al mondo dello spettacolo la perfetta alchimia comica tra i due attori. Per la sua interpretazione Matthau vince addirittura l’Oscar come miglior attore non protagonista, mentre Jack trova in lui un impareggiabile coprotagonista.  Questa formula vincente viene riproposta da accorti produttori nel 1968 quando esce “La stana coppia”, un film tratto da una commedia di Neil Simon, dove Oscar un giornalista sportivo divorziato, disordinato e vizioso, ospita Felix un petulante e paranoico impiegato ossessionato dalla pulizia, lasciato dalla moglie. Costui finisce per compromettergli la libertà di vivere, in una esilarante girandola di gag irresistibili, condite da una serie di fulminati battute, la pellicola promuove Lemmon e Matthau come mattatori indiscussi del cinema leggero americano. Nel 1974 diretta da Wilder la coppia vincente di Hollywood santificata da cospicui incassi, ritorna sullo schermo con “Prima pagina” partner la quasi esordiente e giovanissima Susan Sarandon, nella parte della moglie di Lemmon miglior reporter di un giornale diretto da Matthau. Nello scoppiettante contesto di un fatto di cronaca nera diventato un ghiotto scoop da arraffare, il cinico e spregiudicato responsabile della testata riesce subdolamente a incastrare il suo dipendente al fine di costringerlo a collaborare benché sia in partenza per il viaggio di nozze. Nel 1981, l’elegante malinconia del crepuscolo cinematografico si staglia sull’orizzonte di Billy Wilder con il film “Buddy Buddy”, mentre immarcescibili e sempre più affiatati quei due mattacchioni tornano a divertirsi e divertire a quasi trenta anni di distanza in cinque film in altrettanti anni. All’inizio degli anni novanta interpretano” Due irresistibili brontoloni” (1993) per ben due volte tornano a recitare nel sequel “Thath’s amore-Due improbabili seduttori” (1995). Nel frattempo prendono parte al film tratto dal romanzo di Truman Capote” L’arpa d’erba” nello stesso anno e poco dopo fingono ancora una volta di essere cognati ne Gli impenitenti (1997). Il loro addio cinematografico avviene con il secondo capitolo del loro film più celebre e riconosciuto ovvero:” La strana coppia II” (1998). La sola volta in cui Jack e Walter hanno lavorato ad un film senza però comparire sullo schermo insieme, coincide col passaggio di Lemmon dietro alla macchina da presa quando nel 1971 esce Koch (tradotto in italiano nell’esplicativo Vedovo aitante bisognoso affetto offresi anche come babysitter), in cui si racconta l’improbabile amicizia tra una ragazza incinta e un vispo anziano che sfugge ai parenti vogliosi di rinchiuderlo in una casa di riposo. Tra le quattro nomination ricevute spicca ancora una volta quella a Mattahu come Miglior attore non protagonista.

Jack Lemmon e Walter Matthau: due grandi uomini che hanno ben vissuto ciascuno per la propria parte la loro vita e due grandi attori che hanno rappresentato un raro esempio di prodigio umoristico, raffinato e sulfureo nei tanti film girati assieme. In fondo queste recite riflettevano quello che realmente si poteva intravedere dal loro privato: l’uno nevrotico, ingenuo, onesto e ordinato, l’altro brontolone, corrosivo, furbastro e vizioso. Essi dopo aver vissuto separatamente un diverso percorso professionale, si sono affrontati, scontrati, insultati e confrontati per trenta anni nei loro proverbiali battibecchi cinematografici conditi dalla sapida ironia propria delle persone intelligenti e così hanno raccontato quel tempo attraverso la loro avventura umana. Se ne sono andati all’altro mondo quasi assieme a distanza di un anno: Walter nel 2000 e Jack nel 2001 e assieme riposano nello stesso cimitero di Westwood a Los Angeles, uniti anche dopo la vita perché la morte alla fine non è altro che la sua continuazione con il potente significato del ricordo.

Vincenzo Filippo Bumbica