Da ottobre 2023 in tutte le librerie fisiche e digitali, “52 in the box” è la raccolta poetica dell’autore catanese Andrea Aleo, al suo esordio per la Bertoni Editore e interlocutore della nostra intervista di oggi.
Si tratta di una silloge composta da 52 componimenti in versi sciolti, che come suggerisce il titolo è come se fossero tratti dal lettore da una scatola che li contiene. E’ un invito a dir poco originale nel panorama poetico odierno, che è al contempo provocatorio e divertente, quello che Andrea Aleo rivolge ai suoi lettori, quasi un gioco letterario sotteso.
Ai lettori è data la possibilità di “pescare” a caso una delle 52 “carte-poetiche” dalla scatola (52 come nei mazzi francesi), per riflettere insieme all’autore sulle provocazioni che la vita può lanciarci; sull’ironia che la realtà può proporci in tutte le sue contraddizioni, in una “caccia al tesoro” fatta di frammenti da ricomporre, tra casualità, fatti comuni, immagini iperboliche e surreali del quotidiano. Si tratta di frammenti in cui è sedimentata una parte della visione complessiva d’insieme della poesia e della vita da parte dell’autore, che sceglie di svelarsi gradualmente in ogni frammento, con ironia, eleganza, giocosità, provocazione.
Attraverso uno stile poetico che come scrive Sergio Tardetti nella prefazione, può essere definito ProvocArte, Andrea Aleo in “52 in the box”, mostra uno spirito antiborghese, iperboli kafkiane, quando il quotidiano diventa insensato e minaccioso, per finire poi con la tendenza ad un racconto nel racconto che rievoca la letteratura post-moderna, trasposta in poesia. L’elemento che sorprende molto positivamente è l’identità poetica di Andrea Aleo, che, esordiente, mostra di avere una voce poetica propria ben chiara, per cui anche se “pescate” in disordine dalla scatola le 52 poesie sono tutte riconducibili alla mente e alla sensibilità dello stesso autore: una impronta poetica ben definita.
Abbiamo incontrato l’autore per porgli qualche domanda su “52 in The Box”.
Da dove è venuta l’idea di “52 In the Box”?
L’idea è venuta un po’ per caso. Non avevo mai pensato di scrivere una raccolta. Non avevo mai scritto niente di serio prima, tranne racconti umoristici pubblicati su Facebook. Posso dire di non aver considerato inizialmente la poesia. Poi casualmente ho letto gli autori della beat generation, Allen Ginsberg, Kerouac, e “A Coney Island of the mind”, una raccolta di Lawrence Ferlinghetti, che mi ha ispirato molto.
Gregory Corso, è un altro autore…Anche le poesie di Jim Morrison, sulla liberazione dei sensi, sulla ricerca dell’espressione sensoriale, attraverso uno stile a dir poco ribelle. Tutte queste letture mi hanno spinto a voler scrivere qualcosa di simile, e ho provato. Inizialmente volevo scrivere qualcosa di ribelle, nel senso vero del termine. Poi, mi sono reso conto che stavo virando su altro.
Della beat generation mi piace il fatto che sia il contrario di quello che è la poesia come la intendiamo tradizionalmente, non poetica o sui temi alti. E’ una poesia distruttiva nei confronti di tutto. Il linguaggio è forte, a volte anche con imprecazioni, non c’entra nulla con secoli di poesia precedente. Tra gli autori che mi hanno influenzato anche i poeti della Nuova Poesia Americana, tra cui Mark Strand e John Ashbery e anche Frank O’Hara. Attraverso questi autori l’idea di 52 in the box si è ulteriormente consolidata.
“Nacqui borghese in una città del sud” è la N 6 delle tue 52 poesie. Tra borghesia e olio fritto, non diciamo di più. Qual è il tuo rapporto con Catania, la tua città?
E’ un rapporto di amore. Non dico di odio e amore come direbbero molti (ride), ma solo di amore. E’ una città che adoro, con tutti i suoi difetti; mi piacciono anche quelli. Certo il discorso lavorativo per molti è un problema e da questo punto di vista io sono più fortunato perché la mia laurea (medicina) mi permette di lavorare qui.
Nella n 29 “Televisione” ironizzi sul potere di questo mezzo. Qual è il tuo rapporto coi media e col cinema?
Il mio rapporto con i media è quasi inesistente. La televisione praticamente non l’accendo mai. A volte sono costretto a guardarla, passivamente, quando qualcun altro in casa vede delle trasmissioni; ma fosse per me non l’accenderei mai. L’accendo per vedere i film. Con il cinema il rapporto è fortissimo. E’ la passione più forte che ho. La poesia Televisione, in cui si parla del potere del mezzo televisivo, non è tanto una critica, è per lo più un pretesto per un racconto divertente e ironico, come molte delle altre poesie nella raccolta. La televisione per molti, per gli anziani ad esempio è l’unica compagnia che hanno: quindi si tratta di una visione malinconica su questo mezzo.
Nella 22 “Da un’autostrada in mezzo al nulla” e nella 30 “Narriamo le gesta eroiche di Adam” gli specchi e la vanità rendono ciechi. Puoi parlarci di queste due poesie? Viviamo immersi in una fiera delle vanità secondo te?
La n 30 “Narriamo le gesta eroiche di Adam” è una fotografia poetica di ciò che è il narcisismo, basta pensare ad instagram e ai social, nella realtà di oggi. Soprattutto nei ragazzini è fortissima l’angoscia del voler apparire. I rapporti di amicizia si basano spesso su come si appare. In questa poesia Adam è figlio di Narciso e cerca di rivolgere il proprio sguardo all’Altro, piuttosto che a se stesso, senza riuscirci. Non riesce a smettere di guardarsi nemmeno quando il suo specchio va in frantumi. E’ un’immagine potente con cui volevo rappresentare appunto il tema del narcisismo. In 22 “Da un’autostrada in mezzo al nulla” il protagonista passa dal deserto ad una città dalle luci accecanti: sono le luci dell’apparire in cui siamo immersi; le luci dello showbiz per esempio che accecano… Sì, la nostra è una società dell’apparire.
Nella n 36 “I capolavori” ironizzi su cosa sia la scrittura. Cosa significa per te scrivere?
Forse scrivere significa fare ironia. Perché in effetti è ciò che mi viene meglio. Io l’ho fatto per provare ad avere un mio stile, un mio modo di dire le cose. Sul perché ho scritto “52 In the Box”, l’ho fatto per scrivere qualcosa di diverso, che magari avesse dentro un po’ la mia ironia, la mia personalità. E’ caratterizzato dal prendere in giro la scrittura stessa, dall’autoironia, dal prendersi gioco di se stessi, un po’ anche dall’autolimitarsi, dal non credere in quello che si fa e fare su questo ironia. E su questa ironia farci poesia.
Quali sono le poesie della raccolta che ti piacciono di più?
Ce ne sono. Non molte in realtà (ride). Quelle che mi piacciono davvero saranno una decina. Tra queste la 3, quella della New Poetry. Mi piace molto la n 50 “Sunniti” e l’ultima, la n 52 “Ho la bella villa”. Le mie preferite le ho messe alla fine. Il motivo per cui mi piacciono è che rileggendole ci trovo un senso. Trovo che lo stile sia definito e la storia che racchiudono mi diverte, penso che l’ironia funzioni. Sono al contempo divertenti e amare. Mi sembrano compiute e credo diano una fotografia di uno scenario che a mio parere funziona.
Mi rivedo nel carattere del personaggio della”52 Ho la mia bella villa” ad esempio. Un personaggio che fa un lavoro che a lui non piace e alla fine uno potrebbe pensare che è depresso per questo motivo, che debba fare uso di farmaci per curarsi; ma in realtà non è affatto così. Lui se ne frega e beve i suoi tre Cosmopolitan. E’ un po’ questo il senso: non prendere troppo sul serio i “drammi esistenziali”. L’ultima poesia è un po’ una summa di tutta la raccolta.