Intervista a Massimiliano Russo, il regista catanese che viaggia nella mente umana

Si dice che il cinema sia la settima arte perché cronologicamente arrivata dopo le altre sei. Si dice anche, però, che sia l’unica in grado di contenerle tutte, in particolare la prima, l’architettura. Ecco che un film diventa quindi costruzione e arte, immagini e suoni, la realizzazione di una storia che può divertire, impressionare e addirittura sconvolgere.

Il regista ha questo ruolo, comporre un puzzle che fino a quel momento ha completezza solo nella sua mente. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Massimiliano Russo, un ragazzo catanese, regista davvero talentoso che, nell’Aprile del 2018, presenta la sua settima arte, Transfert. Laureato in lettere moderne presso l’Università degli studi di Catania e fondatore del Change of (He)Art, Massimiliano è l’esempio che il talento può fare davvero la differenza nel cinema indipendente, oltre a dimostrare, che anche Catania può essere la sede di sperimentazioni e avanguardie.

Transfert è un thriller psicologico, con una struttura, che lo stesso regista ha definito “atipica”, si articola attraverso sedute psicoterapeutiche: è la pratica psicoterapeutica a rappresentare il motivo di sviluppo della storia, il perno attorno al quale girano gli eventi della trama.

Il protagonista, Stefano Belfiore, è un giovane e inesperto analista che segue i suoi primi problematici pazienti, appellandosi spesso al supporto del suo supervisore. La professione di Stefano si fa sempre più insidiosa e le vicende che la compongono mettono in luce la sfaccettata problematicità della pratica terapeutica. “Volevamo che il film, per tutta la durata, tenesse lo spettatore in tensione che lo catturasse, che fosse capace di estorcere la sua attenzione; per questo abbiamo investito e puntato molto sulla sceneggiatura, sulla trama, sulla credibilità dei personaggi, dei loro rapporti e dei loro dialoghi”, queste le parole di Massimiliano Russo.

Ma Transfert è anche l’opera prima di questo regista catanese che non è ancora uscita nelle sale, ma già ha conquistato tutti, ha vinto ben 8 premi (fra cui miglior film, miglior sceneggiatura, miglior debutto alla regia, miglior attore protagonista), a fronte di 13 nomination all’Oniros Awards e ha collezionato 10 minuti di applausi al Roma Web Fest. Ecco come è nato il progetto dalle parole di chi l’ha sognato e realizzato!

Transfert è il tuo primo lavoro come regista, ma partiamo dalle origini come nasce la tua passione per la cinepresa?

E’ una passione per le storie. Per la ricerca, c’è sempre stata, non saprei. Ho passato parecchio tempo davanti allo schermo, fin da bambino quando pensavo a qualcosa la immaginavo come sequenza cinematografica.

Un thriller psicologico atipico. Perché dovremmo vedere Transfert?

Spesso si giudica, si identifica un thriller attraverso il  “colpo di scena finale”, quasi non contasse, alla luce di questo, cosa ci sia stato prima, come si sia arrivati a quel “colpo di scena”, che spesso viene identificato inoltre come motivo e tema unico del film. Io credo che un buon thriller, soprattutto se psicologico debba avere uno “svolgimento” parimente intrigante, sconvolgente quanto il “colpo di scena finale”. In questo senso Transfert è un film sorprendente, soprattutto se si pensa che riesce ad articolare il suo gioco interamente grazia all’utilizzo della psicoterapia.

Un film del genere con personaggi così complessi ha bisogno di tanto lavoro, dalla fotografia alle musiche tutto è studiato per coinvolgere lo spettatore durante la visione. Quanto tempo hai impiegato nella stesura del progetto e come si è evoluto nel tempo?

Nel mio caso la realizzazione di un progetto cinematografico dura quasi sempre circa un anno (dalla stesura della sceneggiatura al montaggio finale del film). Transfert ha avuto alcuni intoppi produttivi che ne hanno ritardato il lancio, per questo la post-produzione è durata un po’ più del previsto.

10 minuti di applausi per la proiezione all Roma Web Fest. Raccontaci di  quel momento, come l’hai vissuto e qual è stato il primo pensiero?

Non ci aspettavamo un’accoglienza del genere, data appunto la particolarità del progetto, ma durante la proiezione e a fine proiezione ci siamo resi conto che il film aveva un grande presa sul pubblico, i giorni seguenti ho ricevuto centinaia di messaggi di complimenti, credo che gli spettatori abbaino apprezzato sinceramente il film, e questo è molto gratificante. Ci siamo resi conto che il film funziona su diverse fasce d’età, evidentemente ciò che ruota attorno alla psicoterapia è al giorno d’oggi di grande interesse per tutti.

In occasione degli Oniros Awards, ha vinto ben 8 premi (fra cui miglior film, miglior sceneggiatura, miglior debutto alla regia, miglior attore protagonista), a fronte di 13 nomination. Raccontaci di qualche “dietro le quinte” durante la realizzazione del film.

Come in ogni set ne sono successe davvero tante, posso dirti che è stato davvero piacevole lavorare col cast tecnico ed artistico, si è creato un clima molto familiare, difficilmente capita qualcosa di simile su un set cinematografico.

Come ritieni lo stato di salute del cinema indipendente catanese?

Ritengo che da qualche anno a questa parte si girino molti più film a Catania, di produzione nostrane e non, ritengo ci sia un clima molto più fertile di tante altre città italiane.

Sei già pronto ad archiviare “Transfert” e dedicarti ad un nuovo lavoro?

Nessun progetto si archivia mai davvero, ma dopo l’uscita in sala di “Transfert” che avverrà nella seconda metà di aprile, annunceremo la pre-produzione di un nuovo progetto cinematografico che speriamo vi lascerà a bocca aperta.

Claudia Ruiz