Gli scienziati avvertono: “gli effetti del coronavirus possono aggravare le condizioni dei soggetti cardiopatici”

I pazienti ipertesi e che soffrono di malattie cardiache,  sono a maggior rischio rispetto alla popolazione non cardiopatica nel momento in cui entrano in contatto con il virus.

Negli ultimi giorni è stato pubblicato sulla rivista Circulation (una sorta di edizione straordinaria) un interessante articolo su Covid-19 e malattie cardiovascolari, curato da Nir Uriel della Divisione di Cardiologia della Columbia University di New York, in cui si fa la storia della pandemia e dei suoi effetti dannosi sul sistema cardiovascolare. Il virus entra nell’organismo legandosi alla proteina ACE2. 
 Questa è presente nel polmone ma anche in molti altri organi (epitelio intestinale, rene, endotelio vascolare) ed in gran quantità anche nel tessuto cardiaco. La malattia cardiovascolare, che era stata identificata solo come patologia coesistente all’infezione appare essere un fattore molto importante della prognosi nell’attuale pandemia.

Una recente analisi su oltre 1000 pazienti cinesi, effettuata da Jae-Waan Guan pubblicata sul New England Journal of Medicine riporta che il 24% dei Covid positivi aveva problemi di cuore. E la percentuale sale al 58% tra quelli intubati o deceduti. Tra i problemi cardiaci il più frequente era l’ipertensione (15% del totale, 36% dei più gravi) seguito dal diabete (7,4% del totale, 27% dei più gravi).

Dati della National Health Commission cinese del 5 marzo dimostrano che il 35% dei Covid positivi era iperteso ed il 17% aveva malattia coronarica.

È chiaro quindi che le problematiche cardiovascolari sono comuni nei pazienti con Covid-19, e che questo rende i pazienti ad alto rischio. I motivi ipotizzati sono vari (età, sistema immunitario non efficace, elevati livelli di ACE2) ma per nessuno di questi abbiamo chiara evidenza scientifica.

Altro problema è che questo virus, come altri, può a sua volta causare un danno cardiaco. In uno studio di Dai Wang effettuato sulla popolazione di Wuhan e pubblicato sul Journal of American Medical Association il 7% dei positivi aveva segni di importante danno cardiaco (percentuale che saliva al 22% nei pazienti ricoverati in terapia intensiva). Le ipotesi formulate per la spiegazione del rialzo enzimatico anche in questo caso sono varie, anche se la più probabili è una infiammazione del muscolo cardiaco (miocardite acuta) provocata dal virus.

In sintesi per i soggetti cardiopatici che hanno sviluppato l’infezione, è molto probabile l’insorgenza di un evento acuto con conseguente scompenso grave o come danno progressivo che si sviluppa col proseguire dell’infezione pregiudicandone la prognosi.

Alessandra Filippello