Instagram @agenzia_ansa

Pro e contro delle manifestazioni all’italiana contro il coprifuoco

La situazione nel nostro paese sta purtroppo diventando sempre più tesa. Da dopo l’uscita dell’ultimo DPCM molti sono scesi in piazza per manifestare. Le categorie più colpite dalla nuova ordinanza sono sicuramente il mondo dello cultura e dello spettacolo, della ristorazione, dei locali e i centri per l’attività sportiva. In tutta la penisola sono state organizzate iniziative per esprimere il parere contrario alle nuove restrizioni.

L’inizio delle proteste

Il tutto è cominciato in alcune regioni la settimana scorsa, quando, complici le restrizioni delle ordinanze regionali, molti hanno deciso di cominciare a manifestare. A Milano ristoratori e gestori di locali hanno occupato lo spazio adiacente il palazzo della regione Lombardia. Venerdì scorso a Napoli e in altre città della Campania sono state portate avanti proteste (poi degenerate) contro l’ipotesi del governatore De Luca di un nuovo lockdown generalizzato in tutta la regione. A Roma altrettanti cittadini hanno manifestato opponendosi al coprifuoco in vigore dalla mezzanotte di sabato 24 ottobre.

Dopo la conferenza di Conte di domenica 25 ottobre però la situazione è cambiata in tutta la penisola. Se fino alla settimana scorsa il coprifuoco e le chiusure anticipate dei locali avevano interessato solo alcune regioni, da lunedì tutto il paese ha adottato norme più rigide contro la diffusione del virus. Le questioni che più hanno infervorato l’opinione pubblica sono fondamentalmente due: la chiusura dei luoghi della cultura (come teatri, cinema e sale da concerto) e la chiusura anticipata alle 18 di ristoranti e locali.

Il mondo della cultura

Il mondo della cultura si è attivato immediatamente con una campagna social. Su Instagram molti utenti hanno condiviso un post con dati riguardanti gli spettacoli andati in scena da quando i teatri hanno riaperto. In particolare, come si può vedere nella tabella qui sotto, su circa 347.262 spettatori presenti nei teatri dal 15 giugno al 10 ottobre, è risultato solo un positivo al Coronavirus.

Molti esponenti del mondo dello spettacolo hanno espresso la loro perplessità rispetto a questa scelta. Decisione che Conte, in una lettera di risposta al direttore d’orchestra Riccardo Muti, ha definito “oggettivamente grave”. Il premier, ben consapevole del fatto che l’arte rappresenti “alimento per lo spirito e nutrimento per l’anima”, ha ritenuto questa una scelta sofferta ma inevitabile. L’obiettivo primario ora come ora è cercare di non compromettere l’efficienza del sistema sanitario in modo tale da scongiurare un altro lockdown che sarebbe catastrofico per l’economia dell’intero paese. Conte ha poi specificato di non aver chiuso queste realtà in quanto ritenute superflue, ma di averlo fatto proprio perché rappresentano uno dei luoghi di maggiore socialità.

Il settore della ristorazione

Anche rispetto a questa realtà è partita subito una campagna social. Sono state infatti pubblicate molteplici foto di gestori di locali presi dalla disperazione a seguito del nuovo DPCM. Chef stellati e non hanno lanciato il messaggio di quanto queste chiusure saranno deleterie per il settore, già messo in ginocchio dalla prima ondata del virus. Vero è che rimane la possibilità di fare il servizio d’asporto e le consegne a domicilio, ma sicuramente non basta per far sopravvivere le attività.

La soluzione dovrebbe essere rappresentata dal Decreto Ristori con cui il governo si impegna ad aiutare economicamente le realtà più in difficoltà in questo momento di emergenza.

Le manifestazioni

Per quanto riguarda le manifestazioni ne sono state organizzate differenti. Di notevole impatto sicuramente è stata quella svoltasi a Roma davanti al Pantheon dove numerosi ballerini si sono riuniti al motto di “vivo di danza”. Molto forti anche le immagini del funerale del teatro inscenato a Padova: una bara sul palcoscenico e gli artisti che danno l’ultimo saluto. Stessa scena a Firenze fuori da un bar dove però a trovar la morte è stato l’aperitivo.

Se da una parte molte sono state le manifestazioni che si sono svolte con rigore e in maniera pacifica, dall’altra si sono purtroppo anche registrati episodi di violenza. Come, per esempio, a Torino dove la principale via Roma è stata vittima di atti vandalici e azioni di distruzione. Milano non è da meno: nella serata di lunedì scorso numerosi sono stati i momenti di tensione e gli interventi delle forze dell’ordine.

Ciò che è certo è che manifestare è da sempre un diritto della popolazione, un modo per esprimere il proprio pensiero. Ma non dovrebbe mai diventare un’occasione per dar sfogo alla violenza. Questa, infatti, porta ad oscurare chi da buon cittadino, trovandosi in difficoltà, si è appellato all’ultima possibilità rimasta: ovvero quella di scendere in piazza per richiamare l’attenzione. Le manifestazioni pacifiche possono essere davvero utili e non devono in nessun modo essere messe in secondo piano da atti vandalici e violenti. Questi infatti non portano mai a nulla se non a una disperazione maggiore. Il giorno dopo le proteste violente di queste sere cosa rimane? Solo i danni a chi magari già era in una situazione di difficoltà.