Li Wenliang, il medico eroe che per primo evidenziò il rischio epidemiologico è stato finalmente scagionato dalle autorità cinesi

Finalmente la Cina ammette di avere punito senza alcun motivo il medico eroe Li Wenliang.

Li Wenliang, morto il il 7 febbraio 2020 perchè affetto da Covid-19 a soli 33 anni, lascia una moglie incinta del suo secondo figlio, e un bambino di 5 anni.
Il 30 dicembre 2019, dopo avere constatato su diversi pazienti una congiuntivite ricorrente a dei sintomi influenzali anomali, ha semplicemente inviato un sms su un gruppo di colleghi medici, segnalando gli svariati casi e supponendo di prestare attenzione a quella che già lui riteneva una possibile epidemia. Il messaggio come spesso capita è rimbalzato da un telefono all’altro, per cui, le autorità Cinesi, senza nemmeno porgere orecchio a ciò che nel frattempo si stata realizzando, lo imprigionano con l’accusa  di “diffusione di false informazioni su internet” e procurato allarme falso. L’Ufficio di pubblica sicurezza della città focolaio della pandemia ha scritto in una nota che sul caso “ci furono applicazione errata della legge e procedure irregolari”. Le scuse arrivano dopo le conclusioni della National Supervisory Commission, secondo cui “l’azione della polizia non fu appropriata”.
Nonostante il trattamento a lui riservato, appena fuori dalla prigione, in attesa di essere processato, il medico eroe ha continuato a prestare servizio presso le strutture ospedaliere, contraendo il virus nella sua forma più letale, distruggendo i suoi polmoni per una polmonite bilaterale, che gli ha portato un blocco cardiaco da generare la sua morte.
Prima non poteva parlare poi la morte non lo ha fatto più parlare. Soltanto adesso, le autorità Cinesi, ridanno il giusto valore alla sua persona, riconoscendo di avergli inflitto un trattamento sbagliato e di non avere riconosciuto il genio della sua persona, il primo che ha evidenziato il valore epidemiologico del coronavirus.
Alessandra Filippello