babbo natale

Lettera a Babbo Natale: la prima grande dolcissima bugia della nostra vita

Babbo Natale è come il primo amore: lo si ama, lo si odia, finché da grandi lo si ricorda con sincera tenerezza e un pizzico di nostalgia.

Che cos’hanno in comune? Sono entrambi una enorme delusione.
Una lezione di vita per insegnarci che le favole esistono nella misura in cui noi ci crediamo.

babbo natale

Caro Babbo Natale,

è già un dolce dejavù iniziare a scrivere queste parole.

Di solito, la mia letterina continuava così:

Caro Babbo Natale,

quest’anno sono stata buona e sono andata abbastanza bene a scuola. Non dico mai le parolacce ma ogni tanto rispondo male alla mamma e il papà ma prometto che non lo farò più.

Per questo Natale, vorrei:

< INFINITO ELENCO PUNTATO DI GIOCATTOLI >

In ordine, iniziavo sempre scrivendo a caratteri cubitali quelli che volevo di più, descritti in ogni minimo dettaglio perché non si sbagliasse. Scendendo sempre più in fondo alla lista, arrivavo fino al giocattolo che mi piaceva di meno ma lo scrivevo lo stesso, così, per precauzione. Non si sa mai che magari alla fabbrica dei folletti finivano proprio i giochi che mi piacevano di più e rischiavo che Babbo Natale mi portasse qualcosa scelto di testa sua, perdendo l’occasione di ricevere un giocattolo che mi piaceva nell’unico momento dell’anno in cui potevo dare libero sfogo ai miei desideri.

Si sa, quel Babbo Natale è uno vecchia scuola, sicuramente non se ne intende di giocattoli moderni. Nelle pubblicità è sempre ritratto con quei noiosi giocattoli di legno o di latta, trenini e altre cose da maschi. Non potevo rischiare che mi rifilasse qualcosa scelto di suo gusto, così abbondavo sempre di richieste.

Tutta la mia lista era frutto di mesi e mesi di studio: nulla era lasciato al caso. Studiavo a memoria tutte le pubblicità tra un cartone animato ed un altro, che durante il periodo pre natalizio si facevano particolarmente gorde di pubblicità di giocattoli di ogni genere.

La mia Mecca? Il reparto giocattoli al centro commerciale, quando si andava a fare compere con la mamma. La mia mente registrava le infinite possibilità che si aprivano davanti ai miei occhi, studiando e appuntando mentalmente tutti i nomi dei giocattoli che avrei inserito nella lettera a Babbo Natale. Dovevo verificare quante versioni di Barbie Raperonzolo esistevano in commercio, per non rischiare che mi portasse la versione con l’abito azzurro invece che quello con l’abito rosa glitterato a cui però mancava la carrozza con i cavalli alati. Se non fossi stata precisa nelle mie richieste, quel furbone mi avrebbe portato sicuramente la versione sbagliata ( lo imparai a mie spese, di fronte all’ennesima bambola con i capelli biondi senza il biberon fluorescente, imprecando contro me stessa per non essere stata sufficientemente precisa: forse da qui il mio essere una maniaca del controllo? Mah.)

Ora vorrei rivivere tutti quei momenti dal punto di vista di mia madre e mio padre: il sudore freddo di fronte alla mia lista infinita di giocattoli, l’orrore davanti al cartellino del prezzo della Casa di Barbie, il gelo di quando cominciavo a chiedere ai miei genitori quale fosse l’indirizzo postale a cui inviare la lettera ( l’unico indirizzo che non dimenticherò mai: ”Via del Cielo numero 0”). Per non parlare della faccia del postino che si ritrovava tra le mani le lettere con questo bizzarro indirizzo.

Dall’altra, ciò che non vorrei mai rivivere dal punto di vista dei miei genitori è quel momento in cui hanno dovuto ammettere che, sì, Babbo Natale non esisteva.

Dopo che per anni mi ero battuta dalla parte di Babbo Natale anche quando gli altri bambini già sostenevano che il vecchietto panciuto vestito di rosso non esisteva, sentirlo dire dai genitori fu uno shock. La prima, grande bugia dell’infanzia di tutti noi. La prima grande delusione, inferta proprio da coloro di cui ti sei sempre fidato.

Quest’anno a metterci il carico da cento, ci si è messo pure il Presidente Conte con la lettera al piccolo Tommaso, in cui risponde al ragazzino che Babbo Natale arriverà nonostante sia vecchio e soggetto ad alto rischio di contagio. Un Babbo Natale covid free.

Chi dirà un giorno al piccolo Tommaso che Babbo Natale non esiste?

Questa triste scoperta è una specie di rito di passaggio: il primo passo dall’infanzia all’età adulta. Il momento in cui scopri che la magia è solo un’illusione.

Tutti noi in quel momento ci siamo domandati: perché i genitori, gli amici, i film, le pubblicità ( e ora pure il Presidente del Consiglio) ci raccontano tutte queste bugie su un vecchio grassone che in una sola notte consegna regali in tutto il mondo in groppa ad una slitta volante trainata da renne?

Perché questa crudeltà gratuita?

Babbo Natale
La risposta del Presidente Conte alla lettera di Tommaso, 5 anni. ”Babbo Natale può venire?”

Eppure, anche i figli che hanno subito questa delusione a loro volta replicano questa recita anche con i loro figli, e così, di generazione in generazione.

Io una risposta ho provato a darmela.

Forse, siamo noi adulti ad aver ancora bisogno di Babbo Natale.

Abbiamo bisogno di rivedere in figli, amici e nipoti quella scintilla negli occhi, la sera della vigilia di Natale. Lo sguardo di meraviglia di fronte alla montagna di regali, la gioia pura di ricevere doni da uno sconosciuto che non vuole nulla in cambio.

Abbiamo tutti un ricordo così felice di quei momenti che l’unico modo di riviverli in età adulta è attraverso gli occhi dei bambini.

Ma a che cosa serve credere in Babbo Natale?

Io credo che quel prezioso periodo dell’infanzia in cui crediamo nella magia, ci rimanga sempre un po’ dentro e diventi una fonte a cui attingere nei momenti difficili della vita. Aver creduto nella magia ci insegna e ci aiuta ad immaginare un futuro migliore. Ci rimarrà sempre nel cuore la speranza che accada qualcosa di bello anche quando va tutto male, come quando credevamo alla fatina dei denti che durante la notte ci portava un soldino o quando un signore vestito di rosso ci portava dei doni per il puro piacere di farlo.

Quando scopriamo che Babbo Natale non esiste, negli anni, la delusione lascia spazio al sapore dolce della magia che da qualche parte, soprattutto a Natale, bussa ai nostri cuori.

Non è forse questo, lo Spirito del Natale?

Lucrezia Vardanega