Intervista a Flavia Liberatori: “Nello styling parto sempre da un’emozione”

Lo styling è un mondo tutto da scoprire e sempre più giovani decidono di intraprendere una carriera da stylist all’interno del mondo della moda. Ma cosa vuol dire essere uno stylist nel 2021? Perché questa figura professionale continua a rimanere nascosta nell’ombra? Ad oggi, ogni look è curato dagli stylist, professionisti incaricati di rendere l’estetica delle celeb e degli shooting unica e inimitabile.
A raccontarci il lavoro dietro le quinte e la vita tra look e shooting è Flavia Liberatori, nota stylist italiana che ha conquistato da subito il mondo della moda arrivando a curare anche i look della bellissima e bravissima Serena Rossi, prossima Madrina del Festival del Cinema di Venezia.
Dagli styling in D Repubblica ai look sanremesi di Serena Rossi: con Flavia Liberatori ci addentreremo nella figura dello stylist e capiremo le dinamiche del suo lavoro all’intendo del fashion system.
Siete pronti ad immergervi nel glamour? 
Ciao Flavia! Parlaci di te e del tuo percorso lavorativo: come e quando hai deciso di intraprendere questa strada? Come ti sei appassionata alla moda?
Sono stata da sempre appassionata: da bambina facevo disegni di vestiti sotto ai quali scrivevo le descrizioni e incollavo su un quaderno tutti i ritagli che mi piacevano, solo che non sapevo esistesse una professione come la mia. Nella Roma degli anni ’90 non si respirava molta cultura di moda! Ho cominciato a lavorare da giovanissima: facevo l’Erasmus a Parigi (studiavo tutt’altro) e ho fatto uno di quegli incontri magici e fortunati con un ragazzo della mia età che stava muovendo i primi passi come fotografo di moda. Ci innamoriamo, andiamo a vivere insieme in un piccolo appartamentino a Saint Germaine e ci proponiamo alle agenzie di modelle per fare le foto alle ragazze appena arrivate in città. Piano piano prendiamo contatti con gente del settore, lavoriamo come assistenti e dopo un paio di anni delle redattrici del D di Repubblica mi propongono di trasferirmi a Milano per lavorare con loro. Quello é stato un grande passo decisivo: ho lavorato al D per molti anni, ho imparato tantissime cose e ho avuto la possibilità di affermarmi professionalmente.
La figura dello stylist è lasciata troppo spesso in ombra: spiegaci meglio il tuo lavoro. Cosa significa ad oggi lavorare come stylist nella moda italiana?
Credo che in qualche modo lo stylist debba rimanere nell’ombra. Siamo a servizio dell’immagine che dobbiamo creare, che sia un personaggio o la foto per un brand. Anche se il mio pensiero è un po’ anacronistico, non credo molto nella spettacolarizzazione di sé stessi, e credo che stylist e influencer siano due professioni entrambe interessanti ma distinte.
Detto ciò è giusto che venga ben valorizzato anche il lavoro “dietro le quinte” : spesso ho la sensazione che i nostri clienti pensino che tiriamo fuori vestiti da dei grandi bauli magici, invece dietro ogni look c’è un lavoro lungo fatto anche di parti poco “glamour” e divertenti come mail, ricerche, spedizioni, bolle, corrieri e scatoloni…
Personalmente curi il look di diverse celebrities tra cui Serena Rossi, nonché futura Madrina del Festival del Cinema di Venezia. Puoi dirci qualcosa, ad esempio, sul processo creativo prima della scelta dei suoi outfit? Hai una filosofia che segui nello styling?
Cerco sempre di partire da un’emozione. L’estetica, la moda, il cinema e l’arte sono a servizio dei nostri sogni, devono emozionarci, e credo che anche un redazionale di moda o la foto di un red carpet possano farlo. Con Serena questo processo è piuttosto naturale perché è una persona estremamente comunicativa, che arriva al cuore delle persone attraverso i suoi numerosi talenti, e soprattutto dotata di un’eleganza innata e difficilmente replicabile: quella dell’anima.
A Venezia grazie anche al supporto delle più prestigiose case di moda italiane, cercherò di celebrare questi valori, insieme all’allegria, l’impegno e la serietà, tutte cose necessarie a compiere un buon lavoro.

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Hai un’icona di stile a cui ti ispiri quotidianamente nel tuo lavoro?
Ne ho diverse che mi accompagnano e crescono con me,  si evolvono un po’ col tempo e si mischiano tra di loro… Jane Birkin con la sua cesta portata sull’abito da sera, mia madre negli anni ‘80, Keira Knightely nei film in costume, gli accessori e i gioielli del mio capo al giornale… Tilda Swinton, Stella McCartney, Phoebe Philo…
Ad oggi, quali pensi possano essere le skills fondamentali per intraprendere un percorso nello styling?
Bisogna avere una cultura non solo su Instagram (strumento utilissimo per aggiornarsi e fare ricerca, ma non per sviluppare una personalità e uno stile proprio) ma di cinema, fotografia di moda (soprattutto del secolo scorso) e poi credo sia necessario studiare anche sulla carta: sfogliare libri e riviste, che ci portano in una dimensione estetica diversa dallo schermo. Inoltre, è importante avere quello che io chiamo “un buon carattere”: una sorta di diplomazia che ci indica se e come dire alcune cose e sapersi sempre rapportare al contesto e alla situazione in cui ci si trova. Tutto il contrario del cliché del creativo capriccioso ed eccessivo.
Se potessi dare 3 consigli ai giovani stylist che vorrebbero intraprendere una carriera nella moda, quali sarebbero?
Per prima cosa, viaggiare. Ci sono città come Londra e Parigi (ma probabilmente anche altre che non conosco) dove basta osservare la gente in metropolitana per vedere notevoli espressioni di personalità e di stile. L’occhio deve essere allenato a vedere tante cose stimolanti e diverse: luoghi, paesaggi, mostre, film, arredi e stili architettonici…
Secondo consiglio: fare un’esperienza dentro a un giornale. L’editoria è molto in crisi in questi anni, ma credo ancora che una rivista di moda sia l’unico luogo dove imparare davvero questo mestiere. Terzo consiglio: non dire mai di no a niente, almeno agli inizi. Tante delle mie più fortunate collaborazioni sono partite da lavori piccoli o appuntamenti banali. Da cosa nasce cosa e ogni incontro, contatto o piccola esperienza può portarci da qualche parte.