Intervista a Elena Radonicich: “Amo il cinema, la libertà che si porta dentro”

Bionda, occhi azzurri ed uno sguardo coinvolgente, una bellezza d’altri tempi, delicata così come il suo modo di recitare. Elena Radonicich è un’attrice dall’indiscutibile talento, con un lunghissimo curriculum alle spalle. Il suo amore per il palcoscenico nasce con lei, nel 2009 consegue il diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia, ma già dal 2004 ha frequentato il Corso di teatro presso Teatro danza Arte Drama di Torino. Fin da subito ha cominciato, mattone dopo mattone, a costruire una carriera che l’ha vista a teatro così come in film per la televisione e serie televisive, ultime in ordine cronologico La porta rossa 2 nel 2018, per la regia Carmine Elia, e nel 2017 presente in De Andrè principe libero per la regia di Luca Facchini; non bisogna dimenticare però la sua presenza come attrice in molti film di spessore collaborando con registi italiani e stranieri. La più grande soddisfazione però è stata sfilare su quel meraviglioso tappeto rosso di Cannes per aver recitato “In my Room”, il quarto lungometraggio di Ulrich Köhler, presentato a Cannes 71 nella sezione “Un certain regard”.

Abbiamo avuto modo di intervistarla per conoscere meglio questa donna che con eleganza si fa largo nel panorama cinematografico.

Come nasce la tua passione per il cinema?

Da spettatrice è un amore antico. Ricordo il giorno in cui mi resi conto di quanto formidabile fosse che un prodotto di finzione, un artificio, fosse capace di guidarmi in luoghi in cui non sapevo di poter andare, provando emozioni anche violente e che mi lasciavano mutata. Ebbi il sospetto che farne parte avrebbe spostato i confini dell’infanzia talmente in là da non dovermi più occupare di invecchiare.

Qual è il primo ricordo di te che reciti?

Primo primo credo una recita in francese in prima media. In terza invece facemmo uno spettacolo assurdo e politico, e fra i tanti personaggi interpretai anche Berlusconi. Con tanto di calotta.

Un momento davvero importante della tua carriera, fino a questo momento, è avvenuto  con la presentazione del film “In my room” di Köhler a Cannes 71, per la sezione certain regards. Raccontaci di questa straordinaria esperienza?

Ho preso parte a questo film con un sentimento di grande riconoscenza e di stupore. Rimane per me misteriosissimo come Uli (Ulrich Köhler, il regista) sia arrivato a me, mi abbia scelto e si sia in un certo senso anche affidato a me. E’ stato un lavoro meticoloso e profondo. Un dono.

La tua carriera spazia dalla televisione, cinema, cortometraggi e teatro. Qual è il palco su cui ti senti più a tuo agio?

Amo il cinema, la libertà che si porta dentro. Un certo agio. La sensazione di dover fare il meglio possibile, e se non ci si è riusciti si continua finché non ci si riesce. Certo spesso queste condizioni di cui parlo sono ideali. Capita di ritrovarle più sovente nei cortometraggi. La televisione mi insegna e mi ha insegnato molto e, quando fatta con amore e dedizione, ha la medesima dignità del cinema. Identica.

Hai un curriculum davvero invidiabile, tante esperienze con attori e registi importanti molti dei quali stranieri. Qual è il momento che ti porterai per sempre nel cuore?

E’ vero, ho incontrato molti attori con una grande statura. A volte in scena capita un momento, quasi perfetto, in cui la connessione con l’altro non  è disturbata da agenti esterni, l’ascolto è profondo, i sensi sono tutti allertati per poter captare ogni cambiamento. E’ la sensazione che hai quando sai di recitare bene, e dipende sempre dall’altro. Ed è così rara che se ti porti via da un film un paio di momenti del genere, puoi ritenerti soddisfatto.

Quale pregio e quale difetto si porta dietro il cinema italiano rispetto a quello estero?

Il cinema italiano io lo trovo sorprendente. Però mi piacerebbe ci fosse più fiducia nella capacità degli attori di trasformarsi, essere diversi da sé. Mentre trovo che il cinema italiano tenda a pescare a grandi mani dal neorealismo, il più delle volte egregiamente per carità. Ma dal mio punto di vista, insomma…

Hai qualche rito scaramantico prima di andare in scena?

Faccio una cosa strana con le braccia che ho visto in uno spettacolo di Pina Bausch. Come attaccare la spina.

Quale progetto hai in cantiere? Dove ti potremo vedere prossimamente?

Sto girando la seconda serie della Porta Rossa. Un progetto a cui voglio bene e a cui sono molto legata. A fine agosto uscirà al cinema l’opera prima di Cosimo Messeri “Metti una notte”, film adorabile e inconsueto, cosparso di una grazia nello sguardo a mio parere molto rara. Prossimamente anche “Palloncini” di Laura Chiossone per il cinema e sarò la protagonista di un episodio di Montalbano. A luglio ho iniziato le riprese di 1994 a completare la trilogia.

Claudia Ruiz