Incontrati all’ East river di Milano, dove abbiamo potuto assistere al loro concerto, qui la nostra intervista ai Duoende.
Duoende è un progetto musicale di Giulia Grassi, piano e voce e Francesco Berrafato, organetto e voce. Rappresenta l’incontro tra due mondi: il classico e il popolare, nella ricerca di un dialogo e di una strada da seguire insieme, seguendo un suono comune tra Rosa Balestrieri e Dmitri Shostacovich.
Salve ragazzi, cosa potete dirci del vostro progetto?
Giulia: Siamo un gruppo che avvicina la musica classica e la musica popolare tradizionale, sia italiana, che etnica in generale. Questo lavoro è nato per gioco, dalla voglia di suonare insieme e poi ci siamo accorti che i punti di incontro erano così tanti che davvero il discorso musicale e artistico si poteva approfondire all’infinito.
Abbiamo formato un repertorio che è fatto sia di brani inventati da noi originali, sia di commistioni con brani classici, brani popolari, cercando di creare un nuovo stile, accostando due strumenti che normalmente insieme non suonano mai: il pianoforte e l’organetto.
Francesco: Lei è Giulia Grassi, pianista e da poco ha scoperto la voce (ed è stata una bellissima scoperta per tutti noi). Io invece sono Francesco Berrafato, siamo una coppia nella vita, sia sul palco.
Per noi la distinzione per generi non ha molto senso quando c’è uno stesso fuoco. Giulia nasce come pianista classica, io non ho questa formazione, ma quando ascoltavamo dei brani in comune il fuoco era lo stesso.
Quale è stata la vostra formazione?
Giulia: Io ho seguito il percorso classico. Prima il conservatorio in Italia, poi sono andata a fare un master a Londra, al Royal College of Music. In un secondo momento, quando ho conosciuto Francesco, ho iniziato a studiare improvvisazione, il canto e ho dedicato il mio interesse verso altri generi. Ho fatto un po’ da sola, un po’ grazie alla nostra maestra del cuore che è Claudia Bombardella, una polistrumentista.
Francesco: è proprio con Claudia Bombardella che abbiamo trascorso parte del lockdown, in una villa in campagna dove ci siamo dedicati alla musica, trascorrendo insieme questo momento di difficoltà.
Nel vostro album, così come durante al concerto a cui abbiamo assistito avete fatto ampli riferimenti alla musica popolare siciliana. Da dove ha origine questo interesse?
Francesco: un po’ dalle radici. Io sono di Roma, ma mio nonno era siciliano. Poi per una serie di circostanze. Giulia stava suonando la fisarmonica del papà per gioco ed io stavo cantando “Cu ti lu dissi”, uno dei brani fondamentali dell’album e si è accorta che incredibilmente vi era molto in comune tra Rosa Balestrieri e Dmitri Shostacovich.
Giulia: Le nostre commistioni di musica classica, popolare ed etnica non sono mai celebrali; ma hanno una matrice istintiva che tra la sua origine dal sentire, piuttosto che da altri collegamenti.
Cosa potete dirmi del titolo del vostro Album?
Francesco: Rosa e Dmitri, edito da Radici Records di Arezzo in cui Rosa sta per Rosa Balestrieri ed è un richiamo alla matrice popolare del progetto e Dmitri sta invece per Dmitri Shostacovich che un famosissimo autore classico.
Giulia: abbiamo voluto farli danzare insieme nel brano simbolo del disco “Cu ti lu dissi”. L’album rappresenta in generale l’incontro tra questi due mondi: il classico e quello legato alla tradizione popolare.
E per quanto riguarda la pizzica salentina?
Francesco: Io ho scoperto l’organetto con la pizzica a 18 anni. Non sapevo che esistesse questo strumento. L’ho sentita, mi sono innamorato e non posso non farlo in un concerto, perché è in quel momento lì che ho conosciuto il mio strumento. Una dichiarazione d’amore che non può mai mancare.
Durante il concerto avete fatto riferimento ad un trittico musicale. Di che si tratta?
Giulia: Sono i tre momenti che caratterizzano il nostro concerto e il nostro ultimo periodo. Prima del Covid ci siamo trasferiti a Parigi, uno dei brani è una reinterpretazione del La vien rose. Poi c’è stato un momento di strappo perché siamo dovuti proprio scappare a causa del Covid, abbiamo lasciato tutto, chiudevano le frontiere. Siamo andati via pensando di tornare dopo due settimane e invece non è stato così. Il brano gospel che abbiamo inserito “Prey for us God” è un po’ legato a quel periodo. Infine l’idea di “Cu ti lu dissi”è legata al periodo di sperimentazione che abbiamo vissuto durante il lockdown.
Prossimi progetti?
Giulia: Stiamo lavorando ad un nuovo spettacolo. Quando eravamo in Francia abbiamo approfondito il teatro canzone e abbiamo deciso di ampliare questo repertorio, grazie ad Anna Ida Cortese, siciliana che vive a Milano. Stiamo lavorando allo spettacolo Incoscienza che racconta un po’ la nostra storia ma anche quella di molti che come noi durante il lockdown stavano fuori e a causa del covid hanno dovuto cambiare i propri piani (non per forza in male). La tranquillità dell’isolamento creativo ha portato molte novità, molti nuovi sviluppi.
Francesco: Infatti adesso siamo un po’ sotto shock, siamo tornati a Roma dalla campagna. Le macchine, l’isteria, non è proprio il masssimo questo ritorno, ma ci tocca (ride).