Intervista a Catena Fiorello: “Essere siciliana è un valore aggiunto”

In occasione dell’ultima data del tour di presentazione di “Tutte le volte che ho pianto”, il suo ultimo libro, Catena Fiorella ha incantato i cittadini di Fiumefreddo di Sicilia tra aneddoti, lettura di pagine del suo libro e intervalli musicali regalati dal bravissimo compositore Santi Scarcella.
In una cornice resa magica dalla grande capacità comunicativa di Catena Fiorello, la scrittrice ha raccontato di Flora, la sua protagonista, e di quante volte la vita ci mette alla prova.
Reduce dal successo cinematografico di “Picciridda” al Taormina Film Fest, Catena Fiorello è una donna empatica, rassicurante e coinvolgente con la quale abbiamo scambiato due chiacchiere parlando di infanzia, di libri scritti e soprattutto di quelli che scriverà, ma anche di come l’essere siciliana sia un dato imprescindibile della sua esistenza.

Il suo ultimo libro è “Tutte le volte che ho pianto” per Giunti Editore. Protagonista è Flora alle prese con gli stravolgimenti sentimentali che la vita riserva tra presente e futuro. Com’è nata l’idea per questo libro? E perché ambientarlo a Messina?
L’idea del libro è nata come ne nascono tante altre. A volte basta una piccola suggestione che scaturisce da un’emozione, un momento, anche una foto o una visita di un paese per iniziare a scrivere un libro.
La scelta di ambientarlo a Messina è una casualità. Per me Messina è una città che rappresenta un insieme di cose ossia il potenziale della bellezza che non raggiunge mai il suo apice. È una bellezza trascurata, che non esplode mai. Sembra essere in perifrastica attiva ossia “si accinge a”, “sta per” ma poi non accade nulla. Eppure Messina è una terra bellissima perché ha tutto, ha il golfo e un bellissimo porto. È la Regina dello Stretto nel senso che guarda anche la Calabria di fronte e la saluta compresi quelli che arrivano dall’Italia. Monumenti stupendi e chiese tra le più belle della Sicilia. Ecco, siccome la mia protagonista assomiglia un po’ a Messina, nel senso che è bellissima e con un grosso potenziale ma non emerge perché trascurata dal marito e la vita le ha dato schiaffi, allora Messina era la città ideale in cui ambientare questa storia.

Il libro si intitola “Tutte le volte che ho pianto”. E’ lecito chiederle quali sono state, invece, tutte le volte più significative in cui ha riso?
Rido sempre volentieri di me stessa prima di tutto e delle persone che ho vicino. Sono anche molto critica, però, guardando sempre il lato comico. I fatti drammatici hanno anche un risvolto comico.

“Picciridda” come libro e poi come film ha riscosso un grandissimo successo. Secondo lei quali sono gli elementi imprescindibili per scrivere un libro di successo?
Per scrivere un libro di successo non esiste una regola. Esiste, però, una regola per il libro della propria soddisfazione personale: non pensare al successo e fregarsene di seguire regole per stile o tecniche di scrittura.

Lei scrive nei suoi libri di storie di vita vissuta, a quale ricordo è più legata della sua infanzia che non è presente in nessun libro? O quale storia l’ha colpita di più?
Mi ricordo soltanto di una cosa che è rimasta nel mio immaginario. C’era un bellissimo ragazzo a Letojanni che scomparve così all’improvviso nel ’76. Si chiamava Bastiano. Tutti lo raccontano come bello, muscoloso e forte. Si fecero mille supposizioni. Chi sosteneva il movente passionale, chi credeva lo avessero ucciso. È una storia che mi è rimasta perché i fatti che accadono quando sei bambina ti restano più impressi e nel corso della mia adolescenza mi son sempre chiesta che fine avesse fatto.

Nonostante il tempo passi e la vita l’ha portata a viaggiare e spostarsi dalla Sicilia, quale tratto della sua sicilianità non ha voluto perdere?
Il conflitto. Noi siciliani siamo il massimo dell’onestà, della serietà. Siamo laboriosi, però, nella nostra terra accadono cose che non ti spieghi. Ci sono quelli che sporcano l’immagine della nostra terra anche perché per due sbagliati paga un intero popolo. Possiamo essere tutto il contrario di tutto. Non siamo mai neutrali. Non vorrei perdere mai questa cosa perché nel bene e nel male dietro la parola “siciliano” c’è rappresentata una storia, una personalità. Essere siciliano è un valore aggiunto perché dentro i nostri geni c’è di tutto. Un siciliano non può essere mai razzista proprio per questo.

Ha scritto un libro sull’infanzia a casa Fiorello. Che ricordo ha con i fratelli che magari vi capita di commentare spesso?
Le estati da mia nonna Catena che era veramente folle. Ad esempio: se le facevi girare le scatole e stavamo mangiando, lei apriva la finestra e buttava fuori i piatti così nel giardino e poi se ne andava. Tornava ed era come se non fosse accaduto nulla. È stata LA nonna.

C’è già un nuovo libro in fase di scrittura?
Da due anni scrivo un libro. Scrivo e lo lascio. Scrivo e lo lascio. Lo sto scrivendo a puntate. C’è di mezzo un bambino, la Sicilia ed è un po’ come tornare alle atmosfere di “Picciridda”, ma questa storia mi incanta. È da due anni che sto insieme a questo bambino che per pudore non ti dico come si chiama. Da due anni questo bambino è un parto con un travaglio lunghissimo. Concentrarmi sulla storia di questo bambino per giungere ad una fine sarà il mio prossimo impegno.

Sandy Sciuto