Di Silvia Vassallo per Social Up!
Negli ultimi secoli, l’India si è rivelato un Paese particolarmente conservatore, complice la rigida ideologia puritana di diversi gruppi sociali e religiosi, fra cui la casta sacerdotale dei Brahmani, che condannano la liberalità dei costumi sessuali e hanno anche messo al bando opere d’arte, libri, manufatti ritenuti scabrosi e “immorali”.
Eppure l’India non è sempre stata così: prima del XIII secolo, le norme sulla sessualità erano molto più aperte e libere di quanto non lo siano oggi. Il sacro e il profano rappresentavano due parti di un unicum, due sfere inscindibili nella vita di ogni individuo. Non a caso l’educazione sessuale era una materia insegnata nei centri d’istruzione per le élite, e il Kamasutra, il primo trattato sul sesso della storia, fu scritto proprio nell’antica India, fra il III secolo e il V secolo d.C.
Avventurandosi per il Paese, si possono tuttora scorgere tracce di quei secoli più “dissoluti”, tracce perlopiù incise sulla pietra sotto forma di intagli e bassorilievi di motivo erotico, come nel caso del Tempio del Sole di Konarak, risalente al XIII secolo. La nudità è inoltre protagonista delle pitture e delle sculture raffiguranti giovani fanciulle, custodite nelle monumentali grotte buddiste di Ajanta (II secolo a.C.) ed Ellora (V secolo d.C. circa), situate nella regione di Maharashtra.
Sicuramente, però, l’esempio più emblematico e sensazionale di quest’arte erotica è costituito dai templi di Khajuraho, una piccola città dell’India centrale, meta turistica fra le più popolari del Paese, che nel 1986 è stata inserita dall’Unesco nell’elenco dei Patrimoni dell’Umanità. Al giorno d’oggi possiamo ammirare 22 degli 85 templi originari, tutti di ascendenza induista e giainista, i quali non solo godono di un ottimo stato di conservazione nonostante i 1000 anni trascorsi dalla loro costruzione, ma colpiscono per la maestosità della struttura e per l’eleganza delle sculture intagliate.
A prima vista, i templi di Khajuraho non sembrano essere tanto diversi rispetto agli innumerevoli altri templi sparsi per l’India: qui le donne del luogo vengono a pregare portando in dono fiori freschi e incensi, mentre i visitatori possono passeggiare fra i corridoi esterni soffermandosi proprio sull’intricatissimo caleidoscopio di sculture che ricoprono le pareti in ogni angolo. Queste sculture raffigurano semplici divinità, guerrieri, musici, animali.. ma non solo!
Osservando più attentamente, ci si accorge che molte di queste immagini intagliate spiccano infatti per la loro natura fortemente erotica e sensuale. Uomini, donne e perfino animali protagonisti di triangoli amorosi e orge, scene di sesso anche piuttosto spinte che vedono i due amanti contorcere i propri corpi in impossibili posizioni tratte dal Kamasutra, proprio a fianco di sculture di divinità che sorridono gioiosamente.
Esistono diverse teorie riguardo la presenza di simili figure erotiche nei templi di Khajuraho: la più suggestiva sostiene che esse si basino sugli antichi principi Tantrici, secondo cui il piacere e la soddisfazione dei desideri terreni, insieme all’equilibrio tra forze maschili e femminili, è un passo verso il nirvana. Altre teorie, invece, fanno riferimento al ruolo dei templi nell’epoca in cui sono stati costruiti. Essi venivano considerati dei veri centri di studio e conoscenza, oltre che luoghi di culto, in particolare nell’ambito delle discipline più alte e raffinate, come l’”arte di fare l’amore”. Inoltre si ritiene che la raffigurazione di scene erotiche all’esterno dei templi rappresentasse una sorta di presagio favorevole in quanto segno di rinascita e di nuovi inizi.
Al di là di queste ipotesi, bisogna comunque ricordare che l’Induismo tradizionalmente considera il sesso come una parte essenziale della vita umana, e ciò in parte spiegherebbe l’accostamento, sulle stesse pareti, di figure erotiche e scene di vita quotidiana come la preghiera o la guerra. Del resto, i vari motivi erotici non sono nascosti in qualche oscuro angolino del tempio, ma sono stati volutamente esposti cosicché tutti potessero vederli.
I templi dell’eros sono quindi il simbolo di queste antiche e mistiche credenze, e qui la dimensione della sessualità risulta tutto tranne che imbarazzante o volgare. Chissà, forse perché l’arte, in ogni sua espressione, diventa incensurabile quando si ritrova all’interno di un contesto religioso, in quel connubio ancestrale fra sacro e profano.