Il mondo della moda si sta dirigendo verso la sostenibilità e per farlo sta ripensando ai propri confini. Fashion e ambiente iniziano finalmente a viaggiare lungo la stessa strada, ma il percorso è ancora lungo. Ciascuno di noi può contribuire consapevolmente al miglioramento di questo sistema. Grande nemico per il nostro pianeta, sono soprattutto le microplastiche che stanno invadendo i nostri oceani.
Le microplastiche, un nemico minuscolo da contrastare
Si stima che 1,4 milioni di miliardi di microfibre siano oggi presenti nelle acque di tutto il mondo; queste derivano per la maggior parte dal lavaggio dei capi d’abbigliamento sintetici (soprattutto quelli di bassa qualità). Solo rispettando alcune regole, possiamo tutti contribuire in maniera consapevole a tutelare i nostri mari. Francesca Rulli, fondatrice e CEO della società di consulenza Process Factory, proprietaria del marchio 4sustainability® che garantisce l’autenticità del percorso delle aziende della filiera moda verso la sostenibilità, ha stilato il perfetto decalogo per avere per un guardaroba “a prova di microplastiche”.
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Il ciclo delle microplastiche: dai vestiti alla catena alimentare
È necessaria una doverosa premessa prima di cominciare ad esporre le regole opportune affinché ciascuno di noi abbia un impatto minore sull’ambiente. Dobbiamo riflettere che ad ogni ciclo di lavaggio i capi d’abbigliamento rilasciano particelle talmente sottili da sfuggire ai filtri delle lavatrici. Queste vengono inesorabilmente trasportate nei fiumi e da lì nei mari. Ma perché dovremmo preoccuparci delle microplastiche? La risposta è semplice: queste particelle, una volta ingerite dai pesci, entrano nella catena alimentare e quindi nel nostro organismo.
Recenti studi hanno dimostrato la loro presenza nella frutta e nella verdura, nel miele, nell’acqua di rubinetto e addirittura nella placenta umana. Se da una parte è che vero che sono ancora sconosciuti gli effetti sulla salute, dall’altra troviamo diverse pubblicazioni scientifiche che ci mettono in guardia dal loro contenuto di bisfenolo A, ftalati, metalli pesanti ecc.
Il decalogo del team di 4sustainability® per un guardaroba a prova di microplastica
Per rendere tutti maggiormente attenti a queste dinamiche, Francesca Rulli ha steso il seguente decalogo:
- Da evitare acrilico e poliestere, preferendo tessuti misti o, meglio ancora, quelli naturali. “In generale i tessuti compatti, a maglie fitte e con fibre lunghe, continue e ritorte sono quelli meno inquinanti, perché è meno probabile che la struttura tessile si sfilacci durante il lavaggio”, spiega Francesca Rulli.
- Tra le fibre sintetiche, sono da preferire quelle di ultima generazione a struttura chiusa come ad esempio il nylon 66, un tipo di poliammide particolarmente resistente che non perde facilmente “pezzi”.
- La regola di base poi deve essere quella di cambiare l’approccio: comprare capi di qualità di cui realmente necessitiamo, anziché quantità di abiti usa e getta. “Un capo di qualità avrà un prezzo maggiore, ma durerà molto più a lungo nel tempo”. Rivalutare anche il second hand che rappresenta una valida opportunità per avere capi delle grandi firme a prezzi accessibili.
- Lavare a basse temperature è una pratica dai numerosi vantaggi: per citarne alcuni, riduce il rilascio di microplastiche e di colori, diminuisce il consumo di energia e allunga la vita dei capi. Da sottolineare anche il fatto che le microplastiche si disperdono soprattutto durante i primi otto lavaggi; un altro buon motivo per far durare i capi ben più di una stagione.
- Già sappiamo che il lavaggio a pieno carico ci permette di risparmiare acqua ed energia, ma più di rado sentiamo dire che comporta una minore frizione tra gli indumenti e abbassa il rapporto acqua-tessuti. Tutto ciò comporta un minore rilascio di microplastiche nell’ambiente.
- È buona norma impostare centrifughe a bassa velocità ed evitare i programmi lunghi. Quanto al programma per i delicati, utilizza il doppio dell’acqua rispetto ai cicli normali e sarebbe dunque da evitare, ma vero è anche che stressa meno i capi… L’unico consiglio, in questo caso, è di regolarsi a buon senso.
- Più aggressivo è il detergente, più frammenti vengono rilasciati. Un’ottima ragione per scegliere detergenti neutri (meglio i liquidi rispetto alle polveri) che danneggiano meno il tessuto.
- L’aggiunta di un ammorbidente al detersivo limita la rottura delle fibre e abbatte il rilascio di micro-frammenti di oltre il 35%.
- Attenzione anche all’asciugatrice che libera grandi quantità di microplastiche. Stendino e balcone sono molto più green!
- Valutare l’acquisto di filtri che raccolgono le microplastiche rilasciate dagli indumenti. A fine lavaggio basterà rimuoverle a mano e buttarle nell’immondizia.
“Potranno sembrare piccoli gesti, ma sono proprio questi mattoncini che, impilati l’uno sull’altro, costruiscono una transizione di sistema”, conclude Francesca Rulli.