Il Curioso Caso di Benjamin Button: quando David Fincher ha diretto Brad Pitt

Mark Twain scriveva: “La vita sarebbe infinitamente più felice se nascessimo a ottant’anni e gradualmente ci avvicinassimo ai diciotto”. Francis Fitzgerald, ispirato da questa frase, ci scrisse un romanzo. David Fincher da quel romanzo ci ha regalato questo stupendo film al sapore di epopea.

E se molti si siano chiesti il perchè David Fincher, regista di film altamenti “forti” come Fight Club o Seven, abbia deciso di fare un film così romantico, abbiamo subito invece pensato a come il già ottimo regista si sia voluto migliorare ulteriormente esplorando la sfera dei sentimenti e delle emozioni. E sicuramente ci è riuscito in maniera eccellente. Con una grande fotografia, che in più di una scena è in grado da sola di emozionare visivamente, anche con la scelta dei colori tendenti al seppia.

Con una sceneggiatura fatta di dialoghi mai banali. Un esempio ne è la scelta di raccontarci una “curiosa” storia d’amore non utilizzando mai la frase “I love you” (ti amo). E senza dubbio anche con un perfetto Brad Pitt, sicuramente nella sua migliore interpretazione da sempre, bravo a destreggiarsi con le differenti emozioni date dalle differenti età di un uomo che nasce anziano per morire neonato.

David Fincher quindi ancora una volta ci offre un lavoro quasi perfetto fatto questa volta anche di romanticismo oltre che del suo solito tocco artificioso che ci ha abituato a far vedere nelle sue opere. Quasi perfetto perchè forse proprio a volerne trovare uno, questo sarebbe la sua eccessiva lunghezza. Lunghezza che è evidente sopratutto nelle parti centrali del film quando Benjamin si trova in Russia . Per il resto il film è praticamente un’opera perfetta e minimalista nel suo esprimere significati profondi e filosofici. Con poco Fincher riesce ad esprimere l’intensità e il valore della vita umana. Ci parla dell’impermanenza della vita, nella quale nulla resta e tutto scorre come un orologio ( per Benjamin quest’orologio però scorrerà al contrario), ma sopratutto di come l’amore, quello vero, resti nel tempo e riesca ad oltrepassare qualunque barriera fisica o esteriore. Il tempo, quindi, sembra scivolare addosso ai due protagonisti (Cate Blanchett e Brad Pitt), anche se inversamente, però in maniera inevitabile. E se spesso il film a tratti sembra ricordare sia Forrest Gump che Una Lunga Domenica di Passioni, l’originalità della storia e la straordinaria capacità registica di Fincher mi portano a dimenticare questi paragoni e a valutare questo film nella sua unicità.

Il film è per chi si chiede come può essere per un anziano non  avere l’esperienza di vita necessaria per compiere anche le scelte più semplici o sopratutto come  si vivrebbe a vent’anni possedendo però la saggezza di un sessantenne. Per chi crede che i sentimenti siano tra le poche cose, se non le uniche, che durino di più nella vita. Ma sopratutto per chi non ha problemi di “tempo” ed è disposto per quasi due ore e quaranta a sedersi comodo e godersi uno splendido spettacolo registico.