Il bambino nella scatola

Purtroppo, nel mondo, il numero di omicidi ai danni di bambini è tristemente alto. I casi sono molti e suscitano sempre grande interesse ed orrore. Ma un caso in particolare scosse l’opinione pubblica americana negli anni 50. Un caso talmente macabro e terribile da far parlare di se ancora oggi. Questa è la storia misteriosa ed inquietante del bambino nella scatola.

25 febbraio 1957. Quartiere Fox Chase, Philadelphia. Un giovane stava camminando in un boschetto dove aveva piazzato le sue trappole per animali. Non si sarebbe mai aspettato di fare una scoperta tanto improvvisa e terrificante.

Nonostante il terrore e l’angoscia che evidentemente provò in quel momento, non disse niente a nessuno. Le sue trappole non erano propriamente a norma di legge, e se avesse avvertito la polizia del suo ritrovamento, probabilmente avrebbe passato dei guai. Fu uno studente del college, che passava di li con la sua macchina, ad avvertire la polizia. La sua sorpresa, ed il suo terrore furono grandi, quando scorse una scatola di cartone al limitare del bosco. Non fu, naturalmente, lo scatolone in sé a spaventarlo. Lo fece ovviamente il suo contenuto.

All’interno dello scatolone, l’imballaggio di un vecchio modello di culla, c’era il corpo di un bambino che poteva avere dai 4 ai 6 anni. Il corpo era avvolto in una coperta a quadri. Le sue unghie erano state tagliate con cura ed i capelli erano stati rasati. Sul suo corpo erano presenti numerose cicatrici, alcune delle quali sembravano essere il risultato di un qualche trattamento chirurgico.

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Le cicatrici erano molte, ma non sufficientemente gravi per essere considerate la causa del decesso, che fu invece attribuito ad una serie di violenti colpi alla testa. Non si sapeva chi fosse quel bambino, ne da dove venisse. Nessuno sembrava conoscerlo, nessun orfanotrofio ne reclamò la scomparsa.

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Il caso divenne subito molto famoso ed i media gli diedero grande risonanza. La polizia, naturalmente iniziò subito le indagini che però, ben presto, arrivarono ad un vicolo cieco. Gli indizi erano troppo pochi. La polizia, in un disperato tentativo di raggiungere la verità, diffuse tutte le informazioni che aveva raccolto sulla scena del ritrovamento. La città venne tappezzata di Manifesti col volto del bambino. Il cadavere venne persino vestito con degli abati adatti alla sua età e fotografato in varie pose, nella speranza che il piccolo cadavere, così agghindato, fosse maggiormente riconoscibile.

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Ma, anche questo, non servì a nulla. Si fece avanti solo una persona, che affermò che il giorno prima del ritrovamento si trovava a passare in macchina vicino a quel boschetto. Disse di aver visto una donna ed un bambino sul ciglio della strada. Pensando che avessero l’auto in panne si fermò a chiedere se serviva aiuto, ma la donna gli fece segno di andarsene. La polizia però non potè ottenere maggiori informazioni, e la pista fu scartata.

Le tracce da seguire rimasero poche ed inconcludenti. Nel luglio del 1957 gli investigatori pagaro il funerale della piccola vittima. L’epitaffio sulla sua tomba recita: “Padre celeste, benedici questo ragazzo sconosciuto”.

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Le indagini si fermarono e nulla di nuovo emerse. Almeno fino al 2002. Ben 45 anni dopo il ritrovamento del bambino nella scatola, uno psichiatra dell’Ohaio contattò la polizia di Philadelphia, affermando che uno dei suoi pazienti sapeva come il bambino era morto.

Ed è qui che le cose si fanno terribilmente inquietanti ed oscure.

Il paziente affermò che i suoi genitori, entrambi insegnati, negli anni 50, tramite un mercato nascosto e malato, avevano comprato un bambino. Il piccolo schiavo sarebbe dovuto essere il giocattolo sessuale della coppia.

Un giorno, mentre la madre del paziente stava lavando il bambino, che chiamarono Jonathan, iniziò una lotta furiosa. La donna colpì Jonathan troppo forte, e lo uccise. Il paziente, che all’epoca dei fatti aveva 10 anni, raccontò che sua madre lo portò con lei nel bosco, trascinarono il cadavere di Jonathan dentro ad uno scatolone e lì lo nascosero. Raccontò anche che un’uomo che passava in macchina si era fermato chiedendo se servisse aiuto, aiuto che non fu accettato dalla madre. Il racconto del paziente aveva senso, era coerente e conosceva molti dettagli sull’accaduto. Ma la polizia considerò le prove insufficienti, non vi erano abbastanza indizi per stabilire la veridicità del racconto.

Ad oggi il caso è ancora irrisolto. Nessuno sa chi fosse il bambino nella scatola, nessuno sa chi lo uccise. Tutto ciò che abbiamo è il suo piccolo corpo, sepolto in una tomba senza nome.

redazione