Per l’atto quarto della saga di Harry Potter, il maghetto più amato dalla generazioni di tutti i tempi, la regia di “Harry Potter e il Calice di Fuoco” è stata affidata a Mike Newell.
Newell, con alle spalle una serie di commedie brillanti, da Quattro Matrimoni e un Funerale, che gli ha fatto ottenere un BAFTA (British Academy of Film and Television Arts), a Mona Lisa Smile, in cui ha diretto Julia Roberts, è il primo regista inglese a dirigere la storia del maghetto.
Uscito nel Regno Unito e in Usa il 18 novembre 2005, in Italia il 25 novembre 2005, il quarto capitolo della saga di J.K. Rowling, vede il terzo cambio di regia, Mike Newell subentra a Cuaròn, artefice di Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban; mentre i primi due, Harry Potter e La Pietra Filosofale, Harry Potter e La Camera dei Segreti, erano stati diretti da Chris Columbus.
Ma veniamo al film, tratto dall’omonimo libro, corrispondente al quarto anno alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts per Harry Potter. È il film della maturità del protagonista, più psicologica, che fisica, infatti, pur avendo sempre sentito parlare di morte, per la prima volta si trova faccia a faccia con essa, con chi ne è la causa (Voldemort, interpretato da un agghiacciante Ralph Fiennes, che ha perfettamente rappresentato la demonicità intesa dalla Rowling) e con la vittima, un suo amico (Cedric Diggory, l’ormai più noto vampiro Robert – Edward Cullen – Pattinson).
Harry Potter e Il Calice di Fuoco è il film che ha saputo raffigurare meglio la spettacolarità di alcune scene dell’opera scritta. Mike Newell è riuscito a sprigionare con originalità, per merito di una luce e di una fotografia spigliata e mirabolante, il fantasy racchiuso nelle pagine del libro, dosando con arguzia atmosfere poetiche e dark, destreggiandosi tra sfumature sentimentali e scene horror.
Certo, chi avesse letto il libro, resterà senza parole nel vedere ingiustamente tagliata, tra le tante scene, la parte dedicata alla Coppa del Mondo del Quiddich. Tuttavia, ragionevolmente, occorre pensare che non è facile tradurre in due ore e passa 627 pagine; e per quanto ciò sia oltraggiosamente peccaminoso per un fan, va riconosciuto che Newell ha saputo rendere Harry Potter e Il Calice di Fuoco lineare in ogni sua parte, giocando abilmente tra le scene d’azione e quelle di humour, alternando i personaggi, ben definiti, a effetti visivi emozionanti.