In scena al Teatro del Canovaccio di Catania dal 15 al 18 febbraio “Graficosmiche” di Alessandro Valenti (qui l’intervista) è un full immersion nell’arte del disegnatore e poeta grafico Alvalenti, detto Filù, (con i suoi spettacoli ha partecipato anche a Zelig), che attraverso il disegno, l’ ironia, le sue riflessioni visive e poetiche , l’improvvisazione ed un gusto genuino e appassionato per la creatività, da’ vita ad una rappresentazione grafica “multipla” che si articola su due grandi lavagne poste al centro del palco, alla quale si aggiunge l’intervento dello stesso artista che interagisce direttamente con il pubblico.
Lo spettacolo inizia con un dipinto su tela. Nessuno degli spettatori comprende ancora di cosa si tratti: dovrà aspettare la fine della rappresentazione per scoprirlo. Filù infatti lo completa gradualmente. Sull’altra lavagna a rullo, invece, egli fa scorrere i suoi personaggi e le sue invenzioni grafiche, molto spesso coinvolgendo gli spettatori a salire sul palco per aiutarlo nelle sue performance artistiche.
Molto divertente ad esempio la “lettura del pensiero”, con cui Alvalenti dichiara di poter leggere la mente di uno dei presenti e disegnare ciò che quest’ultimo sta effettivamente pensando. Uno spettacolo da” mentalista”, che ben presto mostrerà di essere tutt’altro che serio, ma non per questo meno efficace, provocando il riso e la partecipazione dei presenti.
Tra le tecniche grafiche adottate da Filù spicca senza dubbio l’Alva jungle, di sua creazione: la capacità di trasformare le parole in grafica, “i segni in disegni” (come dirà lui stesso). Da una semplice parola (anche suggerita dal pubblico) l’artista riesce a creare una “giungla” di personaggi e ambienti che riempiono l’intera lavagna e questa spesso sembra non bastare a contenere la creatività del loro autore.
A questi momenti grafici di diretto contatto col pubblico ne seguono altri, in cui Alvalenti diventa attore e con l’ausilio della lavagna enuncia i suoi Filù: aforismi, freddure e riflessioni che trovano nel disegno la loro chiave espressiva. Altre volte l’autore adotta una tecnica di “disegno onomatopeico”, con la quale, mentre è intento a disegnare, rende vivi i suoi personaggi con versi e suoni che in qualche modo infondono loro una personalità propria: come se parlassero proprio nel momento in cui prendono vita grazie al loro disegnatore.
Tutte queste performance sono eseguite dal vivo con grande abilità nell’improvvisazione grafica da parte di Alvalenti, che riesce a prevedere in anticipo lo spazio che ogni disegno occuperà all’interno della lavagna, disegnando in simultanea anche con due pennarelli. Per quanto riguarda il personaggio di Filù sul palco, egli è vestito con un camice dipinto di blu e scarpe rigorosamente di colore diverso (diverse sfumature di blu). Si tratta di un artista burlone, dalla simpatia travolgente e dall’allegria contagiosa, imprevedibile per il continuo passaggio dall’autocelebrazione alla svalutazione di se stesso, entrambe ironiche, il quale, spesso, enuncia le sue teorie sul mondo: come quella dei Dubbisti e dei Certisti, persone che mettono dappertutto il “forse” e persone che invece sono certe di ogni cosa. Con sottile ironia l’autore dimostra come in molti casi non ci sia molta differenza tra le due cose.
Quest’idea per cui la realtà è talmente duplice, che in fondo, forse, non vale tanto la pena interrogarsi su di essa, ma piuttosto viverla, sottende tutto lo spettacolo. Le grandi intuizioni che ogni tanto ognuno di noi ha (quando, come dirà l’autore si rimane incantati a pensare) possono subito essere sminuite e, viceversa, cose a cui diamo un rilievo minimo posso diventare fonte di profonda riflessione. Da qui la Graficosmica del titolo, per cui piccole cose, come ad esempio dei semplici tratti di un disegno incompleto, possono celare in realtà significati molto più importanti: verità che per ognuno di noi possono apparire “cosmiche”.
L’ironia è onnipresente nello spettacolo: è un umorismo sottile che fa spesso uso di freddure; allo stesso modo è senza dubbio riscontrabile una vena romantica che spesso celebra poeticamente l’amore come un momento fondamentale e imprescindibile, ma al contempo non manca di essere un po’ malinconica. La vicenda del Frippio (animale inventato dall’autore) è un po’ l’emblema di questa riflessione: nel mondo c’è una forza travolgente che è l’amore, ma ci sono anche solitudine e indifferenza. Anche attraverso di esse, nel diretto contatto con noi stessi e con la natura, possiamo essere portati a riflettere su ciò che realmente siamo.