Le vignette di Filù su Social up: intervista all’autore Alvalenti

Alessandro Valenti”, per gli amici “Alvalenti”, in arte “Filù”, è un pittore, attore, vignettista, scrittore, poeta “giramondo”. Nato in Sardegna, fa la spola tra Catania, Siena e Malta, dove vive attualmente, portando con se i suoi disegni, le sue tele, i suoi personaggi e la sua creatività.  In occasione dello “sbarco” di alcune delle sue opere sulle pagine del nostro giornale, Social up lo ha intervistato per voi per presentarvelo.

“Alessandro Valenti”, “Alvalenti”, “Filù”, tanti nomi per un solo artista, un po’ come le tante terre che hai visitato nel corso dei tuoi viaggi. Come è nata in te la passione per il disegno? Come hanno avuto origine il tuo personaggio e il tuo nome d’arte? Ah, come mai porti una scarpa di colore diverso dall’altra?

Innanzitutto saluto tutti i lettori di Social Up, dicendo che se il mattino si vede dal buongiorno sappiate che…. nel momento in cui sto scrivendo è quasi mezzanotte.

La mia passione per il disegno è nata quando ancora non sapevo di dover nascere e vivere su questo “Pianeta”. Ricordo che amavo osservare un giovane avvocato di circa 35 anni mentre era intento a scrivere nel suo studio. Un giorno che lui non c’era, entrai nella stanza e mi misi alla scrivania, presi una penna e cominciai a scrivere anch’io, su tutto ciò di cartaceo che mi trovavo intorno. Ero affascinato dal magico avvenimento della penna che guidata dalla mano lascia una scia segnata sul foglio. Cercate di immaginarvi anche voi…la prima volta che avete impugnato una penna o una matita e avete scritto o comunque segnato…non è stato stupendo? Anzi stupefacente! Io avevo tre anni e il giovane avvocato era mio padre. Egli mi perdonò con un sorriso quando vide buona parte delle pratiche sulla scrivania completamente“pasticciate” con la biro e ricordo che mi disegnò su un foglio il personaggio Cocco Bill del mitico Jacovitti ( chi ha già vissuto nel secolo scorso, se lo ricorda). Il mio stupore raggiunse l’apice estremo. Capii che oltre a delle linee  a casaccio, si potevano disegnare anche delle figure, e buffe per giunta.  Quel disegno segnò per sempre la mia vita e il segno divenne un sogno nel quale mi rifugiai durante l’infanzia.

Mia madre Elisa mi abbonò a “Topolino“. A quattro anni sapevo leggere e scrivere e da allora i fumetti sono entrati nella mia vita nello stesso modo in cui io sono entrato nei fumetti. Stupendomi!

Mio padre Gianfranco, discendeva da una famiglia di avvocati, ma la sua vera passione era il giornalismo e la scrittura umoristica. Quando collaborava all'”Unione Sarda”, quotidiano di Cagliari, città nella quale sono nato e vissuto fino agli otto anni, mio padre si firmava Giava. Così io, per emulazione, come fanno i figli che ammirano il padre, cominciai a firmare i disegni del mio mondo  con lo pseudonimo di Alva.

Verso i dieci anni di età ero diventato un piccolo fumettista. Realizzavo a mano dei  giornalini a fumetti con dei miei personaggi, e la mia “casa editrice immaginaria” si chiamava Umoralva, in quanto disegnavo prevalentemente storie buffe e umoristiche. A 15 anni inventai “Pik, prigioniero di una vignetta”, un personaggio che litigava con il suo autore perché voleva uscire dai suoi confini delimitati dal quadrato della vignetta. Ricordo che lo mandai ad una rivista di Milano , “ViP” e ne pubblicò alcune strips in un tascabile. La casa editrice era la Sansoni. Io ebbi la mia prima soddisfazione di vedere pubblicati i miei disegni in una rivista nazionale. UauH! Così nacque ALVA, un nome che ancora oggi echeggia tra i cuori dei miei primi amici senesi. Tra cui non posso non ricordare il mio maestro di vita Tambus. Un artista senese eclettico e pieno di energie che mi ha insegnato a imparare l’arte e non metterla da parte. Egli lasciò questo pianeta nel 1990 e da allora Alva non fu più lo stesso. Alva si fermò a Siena, mentre Alvalenti proseguì questa meravigliosa fregatura che si chiama Vita.

Ah, come mai porti una scarpa di colore diverso dall’altra?

Abbiamo tutti un piede sul “dunque” e l’altro sul “ forse”, per questo mantengo il mio equilibrio vitale su due scarpe di colore diverso. La simmetria non esiste nella vita umana e nell’arte, esiste nella geometria e nella cristalloterapia. Così anche gli occhiali che indosso hanno una lente quadrata ed una tonda.

Difficile tenere conto dei luoghi che hai visitato. Da quando hai cominciato a viaggiare? Ti senti più sardo, senese, catanese o maltese?

Ho cominciato a viaggiare all’età di 17 anni. Buona parte dell’Europa l’ho visitata in autostop e dormendo in sacco a pelo in luoghi inimmaginabili, tra mille avventure che avrei potuto scriverci un libro. Ho vissuto anche sei mesi in America, a San Francisco. Facendo l’artista di strada ho poi girato tutta l’Italia e quando ho messo su famiglia con l’attrice teatrale Angela Abelini e i miei quattro figli, Marta, Alice , Luna e Milo, abbiamo girato insieme tutti quanti trascorrendo la nostra vita nelle migliori località turistiche come la Costa Smeralda in Sardegna o Marilleva in Trentino e molte altre ancora. Quando poi i figli sono cresciuti allora ho aperto lo studio a Siena, in centro. Nel 2008 purtroppo Angela è volata via, lasciando questo Pianeta verso l’Universo, ma il suo sorriso mi ha dato la forza di continuare. Il viaggio  è tutt’ora una costante della mia vita, tutto il mio lavoro nasce dalla strada e dal 1982, di strada…ne ho fatta!

Più viaggi e più ti distacchi dai luoghi dove credevi di avere le radici e ti accorgi che le radici te le puoi portare anche con te. Avete presente la Rosa di Gerico? Capace di rotolare nel deserto per mesi, senza acqua, poi se si ferma per una qualche ragione, bastano poche gocce d’acqua e la rosa si apre lasciando un profumo e colorandosi di verde, quando ormai sembrava secca e morta. Più viaggi e più hai bisogno di muoverti e ti cambia il modo di sentire il mondo, la tua empatia si trasforma e diventi sardo quando sei in Sardegna e toscano quando sei in Toscana e siciliano quando sei in Sicilia e maltese…no, maltese ancora non mi sento, forse è ancora presto.

Però devo dire una cosa …Catania è stata la mia recente vera e grande scoperta della mia vita e sento di amarla. Era il 2009 e devo tutto ad una donna dagli occhi del colore del retro delle foglie d’ulivo e dal sorriso coinvolgente, una grande umorista catanese, ma sopratttutto attrice e scrittrice, si chiama Eliana Esposito, l’ho conosciuta ad un concorso di cabaret a Martina Franca in Puglia, dove eravamo in competizione per il “Premio nazionale”, lei nel duo “Tina E Pica” (con Amalia Contarini) ed io con la mia lavagna gigante ed il mio personaggio Filù. Abbiamo vinto entrambi: ci siamo innamorati! Poi ci siamo anche sposati. Ora lavoriamo insieme.

Hai una bottega nel centro di Siena (Alvalenti Humor Gallery) e un atelier a Birgu (Malta). Cosa troveremmo a loro interno se dovessimo passare da quelle parti? 

Alla “Alvalenti Humor Gallery” nel centro storico di Siena, gestita da mia  figlia Luna, il visitatore troverà sia opere originali su legno o su tela , sia stampe litografiche, tutte in stile umoristico su vari temi, il paesaggio toscano, Siena e il Palio e i famosi Filù. Realizzati a smalto acrilico su tela , rigorosamente in bianco/nero. Inoltre , buona parte dei lavori vengono realizzati su commissione, per liste nozze, per eventi vari( cene da amici, lauree, compleanni ecc…).Le stesse scelte si trovano nello studio maltese nel centro storico di Birgu (detta anche Vittoriosa), ovviamente con riferimenti al paesaggio e alla vis maltese.

Per quanto riguarda i lavori su commissione. Qual è stata la richiesta più strana che ti abbiano rivolto? 

Credo che la richiesta più strana sia stata quella di un cliente maltese che, alla maniera dell’Alvajungle, voleva che gli trasformassi in un disegno tatuato una arzigogolata cicatrice che aveva in un polpaccio.

Hai partecipato a “Zelig” con il tuo personaggio Filù e le sue vignette. Com’è stata questa sperienza? Tra le tue performance più famose,  L’ ”AlvaJungle”? In cosa consiste? Come ti è venuta questa idea?

L’esperienza televisiva con “Zelig” e poi con altre TV è stata una vera scuola soprattutto per imparare la tempistica di realizzazione dei disegni più veloce e di effetto, anche se meno preziosa e definita nel tratto. Parlo di disegni eseguiti dal vivo, per una platea. Dietro ad un minuto in televisione ci sono stati dei mesi di lavoro nello Zelig Lab di Bologna, dove sono approdato nel 2008, affiancato dagli autori Gigi Saronni e Bruno Furnari. Zelig mi ha lanciato sui palcoscenici delle conventions e delle piazze d’Italia, ma anche in teatro.

Ho potuto portare fuori dalla strada, ufficialmente nel mondo dello spettacolo,  la mia invenzione, l'”Alvajungle“, ovvero la capacità di trasformare, in pochi istanti, qualsiasi autografo o tratto casuale in un disegno di senso compiuto, che ha spesso a che fare con giungle e animali. L‘Alvajungle o disegno crittografico mi fu suggerito da quel simpatico concorso di fantasia grafica dal titolo ”Questo l’ho fatto io” che appariva periodicamente su “La Settimana Enigmistica“, dove ti venivano dati due tratti casuali dentro una vignetta vuota e tu dovevi completare un disegno che li contenesse. Comunque,  alla fine sono rimasto e rimango un artista di strada, oggi le mie performances sono state arricchite dalla regia e dagli interventi di Eliana Esposito e migliorate nell’impatto e nell’interazione con il pubblico. L’Alvajungle vanta vari tentativi di imitazione, come La Settimana Enigmistica! Insieme a Eliana abbiamo scritto alcuni spettacoli di teatro graficomico, tra cui uno per ragazzi. Abbiamo girato nelle scuole della Sicilia con “Disegnar Sognando”, una fiaba all’insegna del “ guardare oltre e vedere altro”

Progetti per il futuro?

Eliana sta scrivendo un nuovo spettacolo, ma non posso dire altro. Io ne ho scritto un altro, ma non posso dire molto. In giugno andremo a Wetzlar in Germania con il nostro spettacolo  “Due cuori e una Lavagna“, già collaudato tre anni fa in Francia. Appoi…viremu! (che tradotto dal siciliano all’italiano vuol dire: Poi si vedrà)

Ringraziamo Alvalenti per questa intervista.

Francesco Bellia