Gomorra di Matteo Garrone: un film che lascia con molti interrogativi

Gomorra (2008) di Matteo Garrone. Successo annunciato per il sesto film di Matteo Garrone (tratto dall’omonimo libro di Roberto Saviano, diventato ormai icona a se stesso): applausi convinti al 61° Festival di Cannes, incassi record in Italia, numerose vendite all’estero, ottime critiche…

Molti hanno accostato Gomorra Il Caso Mattei (le 7 Sorelle complici nella morte del presidente dell’ENI?) o a Le Mani sulla Città (il degrado colpa dei vari intrallazzi politici?), lavori che ponevano inquietanti interrogativi su quanto stesse accadendo in Italia e coraggiosamente tentavano di dare delle scomode e non gradite risposte. Ma il film di Garrone quale denuncia fa?
Il traffico di droga e armi, il riciclaggio di rifiuti tossici, le collusioni tra industria e delinquenza, la spietata lotta tra diversi clan… qual è la novità? Notiziari televisivi e giornali ce ne parlano quotidianamente, innumerevoli fiction trattano questi temi. Gomorra offre un affresco di quanto tutti sappiamo, senza prospettare una via d’uscita o accennare a un barlume di speranza. Nulla è positivo in questa Napoli, tutto è in sfacelo, dalla mentalità all’ambiente: si esce dalla sala con la sensazione che ormai “il male” sia imbattibile, che nulla si possa fare (il che sarà vero ma mi sembra estremamente pericoloso come messaggio).

La delinquenza la paura il compromesso la corruzione la ferocia… sono i dominatori assoluti, il potere e il danaro gli unici valori riconosciuti: e perché questo? in cosa la società ha sbagliato? Nel film non si tenta minimamente di spiegare il disastro materiale e spirituale, non si indica una possibile via di uscita: le cose stanno così… e basta. Non si analizza, si mostra: la conclusione è, mi sembra, un invito alla non riflessione e alla non discussione. Giustamente, a parer mio, un critico (mosca bianca nel generale panegirico) si è chiesto: …ma un film come questo a che serve?

Stilisticamente Gomorra è nella media (montaggio, riprese, fotografia… non presentano grandi novità né particolari finezze) e fa pensare più a un reportage che a un vero e proprio film.
Ottimi gli interpreti professionisti (naturalmente spicca quel mostro di bravura che è Toni Servillo), solite perplessità su gli attori presi dalla strada (facce sicuramente giuste, impaccio nella gestualità e nelle movenze).
Da sottolineare che il linguaggio è un dialetto talmente stretto che sono stati necessari i sottotitoli (geniale la scelta di colorarli bianchi su uno sfondo che spesso è bianco!).

redazione