Frida Viva la Vida, il docu-film più atteso dell’anno: la recensione

Frida Viva la Vida rientra tra i docu-film più attesi dell’anno. La proiezione, nei cinema italiani, è disponibile per tre giorni, fino al 27 Novembre. Nulla di nuovo per la serie di pellicole realizzate dalla Nexo Digital in collaborazione con Sky Arte.

Il docu-film esamina l’artista più emblematica e famosa della nostra epoca, Frida. Con una ricostruzione potente sull’intensa vita dell’artista, Frida Viva la Vida ripercorre le tappe e i momenti più significativi della Kahlo. Il dolore fisico, l’amore travolgente con Rivera, i difficili aborti e l’impegno politico, sono questi i tasselli presi in esame e raccontati allo spettatore.

Rispetto alle pellicole precedenti, dedicate ai grandi nomi dell’arte, viene a mancare una retrospettiva profonda sulle opere d’arte. La regia di Giovanni Troilo focalizza l’attenzione sul personaggio, su chi fosse davvero Frida e come il dolore e la sofferenza abbiano generato l’icona popolare che tutti conosciamo.

Un viaggio diviso in sei capitoli alla ricerca di Frida. Sei capitoli che conducono lo spettatore nel cuore del Messico alla scoperta di una cultura lontana, ma carica di immagini e simbolismi senza i quali sarebbe impensabile riuscire a comprendere l’artista. Si scandagliano le due anime di Frida Kahlo, da una parte l’icona, diventata anche simbolo del femminismo contemporaneo, dall’altra l’artista libera che si esprime indipendentemente dal suo fragile corpo. A condurre  il viaggio alla scoperta di Frida e Asia Argento. Una scelta ponderata, non lasciata al caso, una scelta che risulta vincente. La tonalità della sua voce, così come la carica espressiva, ben si prestano al ruolo e a trasmettere, di conseguenza, la carica emozionale che proviene dalle vicende e dalle parole della stessa Frida. 

Frida Viva la vida

L’elemento più triste, ma significativo affinché Frida artista possa esprimersi e comunicare emozioni, è la sofferenza generata dal dolore. Una sofferenza che accompagnerà l’artista per tutta la vita. La poliomielite da bambina, il tragico incidente stradale che la rese invalida e renderà vane le gravidanze, le frequenti operazioni chirurgiche la perseguiteranno fino alla morte. Un dolore che toccherà la sua anima verso l’esplorazione della propria personalità.

L’opera, Las Dos Fridas, è quella che meglio incarna questo dualismo tra le anime di Frida. Un’opera che la Kahlo realizzò al suo ritorno in Messico dopo la separazione con Diego Rivera, con il quale aveva vissuto a Detroit e aveva patito un nuovo aborto. La tela rappresenta la divisione di due identità. Frida in pizzo bianco e Frida in abiti tradizionali di Tehuana. I cuori sono l’elemento principale, in cui la prima recide l’arteria e il sangue, simbolo di dolore e sofferenza, le macchia il vestito, ma si muta in fiori, in bellezza. Un legame arterioso unisce il secondo cuore, e culmina con un piccolo ritratto di Rivera.

Frida viva la vida
Le due Fride, 1938

Il dolore che pur caratterizzandola, pur risultando necessario per nutrire la sua anima visionaria, non è sufficiente a spiegare ogni aspetto. E’ evidente che la sua forza interiore è potente e si aggrappa ai colori della vita, a quelli della sua terra, all’energia del mondo e all’amore. Un’immagine che ben si evince da Colonna Spezzata. Qui sebbene siano tutte espresse le sofferenze che tramutano in lacrime, lo sguardo della donna resta fiero, imperterrito.

Kahlo, broken Column. 1944.

Frida Viva la Vida ricostruisce anche l’immagine della donna che ad un certo punto decide di autodeterminarsi. Attraverso lettere, diari e confessioni, si scopre l’intimo e personale che conducono alla comprensione del suo modo di vestire, del suo stile, delle sue scelte che l’hanno resa capace di influenzare non solo artisti, ma tutti coloro che si accostano alle sue opere. Ci sono poi le testimonianza di esperti e artisti che arricchiscono di tasselli i racconti su Frida, completandone il complesso mosaico. La destinazione è unica, Viva la Vida, l’ultima pennellata che Frida ha regalato al mondo, un po’ come se fosse il suo testamento morale.

Benito Dell'Aquila