Fondi pensione: solo il 44% della popolazione mostra segnali di preoccupazione

Che ne sarà del futuro della pensione pubblica? Il susseguirsi dei Governi, la crisi del settore welfare e del mercato occupazionale, l’allungamento delle aspettative della vita preoccupano solo il 44% della popolazione italiana e pochissimi (il 35%) corrono ai ripari prendendo decisioni concrete.

La pensione integrativa o previdenza facoltativa sta assumendo un ruolo sempre più rilevante in Italia e in tutti i paesi del Vecchio Continente.

Disciplinata dal D.lgs. 5 dicembre 2005 n. 252, la previdenza integrativa rappresenta il secondo ed il terzo pilastro del sistema pensionistico, il cui obiettivo è quello di integrare la previdenza di primo pilastro.

Insieme alle prestazioni garantite dall’INPS i fondi pensione concorrono ad assicurare un livello adeguato di tutela pensionistica.

Che la pensione sia un tema “caldo” ed al centro del dibattito politico non è di certo una novità. La crescita dell’aspettativa della vita, l’instabilità del mercato occupazionale, l’aumento dell’età pensionabile ed il crescente scostamento tra l’importo dell’assegno della pensione e quello dello stipendio medio sono fattori che portano le nuove generazioni di lavoratori ad interiorizzare l’idea che la pensione di base per il prossimo futuro sarà a rischio.

Per questo strumenti come i fondi pensione consentono ad ogni lavoratore di pensare alla propria stabilità economica. Purtroppo, solo il 44% della popolazione italiana esprime preoccupazione e la percentuale degli italiani che si stanno preparando con azioni concrete scende al trentacinque percento.

Il mix di strategie attraverso le quali è possibile finanziare il proprio pensionamento è costituito dall’utilizzare la prima casa come fonte di reddito, risparmiare forzatamente durante la vita occupazionale, lavorare oltre l’età pensionabile (salute permettendo) e sottoscrivere un fondo pensione integrativo.

I numeri parlano chiaro: ogni anno cresce costantemente la percentuale dei lavoratori che aderiscono ad un fondo pensione.

Secondo gli ultimi dati della Covip, nel primo semestre del 2019 i prodotti di previdenza complementare hanno segnato significativi recuperi dopo un 2018 non troppo positivo. Le adesioni sono cresciute del 2,1% e il patrimonio del 4,5%.

I rendimenti al netto dei costi di gestione e della fiscalità sono stati in media molto positivi per tutte le tipologie di forme pensionistiche: 6,9% per i PIP “nuovi” unit linked, 4,7% per i fondi negoziali e 5,5% per i fondi aperti.

Ma facciamo un piccolo passo indietro: quali sono le principali tipologie di fondi pensione? Sono forme pensionistiche complementari: i fondi pensione negoziali o “chiusi”, i fondi pensione aperti, i PIP.

Nell’ambito della contrattazione nazionale i fondi pensione negoziali o “chiusi” (art. 3 del D.lgs. 252/2005) sono forme pensionistiche complementari istituite dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro.

Disciplinati dall’articolo 12 del Decreto Legislativo 252/2005, i fondi aperti sono forme pensionistiche complementari istituite dai principali intermediari dell’industria del risparmio: banche, società di gestione del risparmio (SGR), compagnie assicurative e società di intermediazione mobiliare (SIM). A differenza dei fondi pensione “chiusi”, chiunque può aderire ad un fondo aperto: anche chi non svolge alcuna attività professionale.

I Piani pensionistici individuali (PIP) (art. 13 del D.Lgs. 252/2005), rappresentano i contratti di assicurazione sulla vita con finalità previdenziale.

Le informazioni dettagliate sui fondi pensione, assieme all’analisi completa delle altre forme previdenziali, sono raccolte in questa pagina di Moneyfarm.

redazione