Festival di Venezia 2019: il riscatto di Pedro Almodóvar

Un proverbio cinese dice: Siediti lungo la riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico. Una massima sulla giustizia che può essere applicata a qualunque ambito e che però richiede come qualità implicita una grande pazienza per una lunga attesa. Nel caso del celeberrimo regista Pedro Almodóvar l’attesa del riscatto al festival di Venezia è durata ben 31 anni. 

Il Festival del Cinema di Venezia del 1983 rappresentò per il regista l’ingresso nell’olimpo del cinema mondiale, e fu per lui una grande vittoria, ma anche una grande sconfitta. Almodóvar racchiuse le sue infinite sfumature di rosso nel suo “L’Indiscreto fascino del peccato”, un film che però non vinse alcun premio poiché considerato osceno. Non è difficile capirne il motivo. Al pubblico dell’83 doveva sembrare piuttosto originale un film che parla di suore lesbiche, tossicodipendenti e sessualmente attive. 

Le parole di Almodóvar al Festival di Venezia

Dopo 31 anni sembra che l’operato di Almodóvar sia stato profondamente rivalutato dal Festival, che è arrivato ad assegnargli il Leone d’oro alla Carriera. Sul palco il regista, commosso, ha fatto riferimento a quell’evento increscioso alle origini del suo percorso, asserendo che  “Trentun anni fa qui a Venezia ho avuto il mio battesimo, fui selezionato con L’indiscreto fascino del peccato, che piacque al presidente di giuria Sergio Leone e alla giurata Lina Wertmuller, ma non vinse nulla poiché fu giudicato ‘osceno’ dal festival diretto da Gianluigi Rondi.”. Aggiungendo inoltre che considera il premio ricevuto come una sorta di risarcimento per l’ingiustiza  ricevuta.

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Il binomio artistico Almodovar-Banderas va avanti da moltissimi anni: La pelle che abito, Labirinto di Passioni, Donne sull’orlo di una crisi di nervi… E il nuovissimo Dolor y Gloria

Dolor Y Gloria è invece il titolo del film presentato al Festival di quest’anno, che è già valso ad Antonio Banderas il premio come miglior attore protagonista a Cannes. Un lungometraggio di 113 minuti la cui trama, intima, quasi autobiografica, ci parla del regista Salvador Mallo (alter ego dell’autore), del malessere fisico e psichico di un uomo che vive nel ricordo della sua infanzia e gloria passata. Un male di vivere che trova come via d’uscita la porta dell’eroina e il precipitare nell’oscurità interiore. 

Nonostante il buio della trama, Almodóvar torna ad essere il regista del colore, questa volta non solo rosso, ma pur sempre accesissimo, quasi elettrico. Un vero e proprio catalizzatore energetico della sue opera. Costituita ancora una volta da grandi contrasti: luce e oscurità, sentimento e cinismo… La grandezza del passato che si scontra con la sofferenza del presente.