È nata prima l’ansia o lo smartphone?

Che il fattore telefonino sia legato ad umori di ansia e depressione è ormai un concetto acquisito sia per diffusione di studi accademici che ne dimostrano il legame, sia per esperienza di ognuno, sia per un sempre più social “sentito dire”.
Una domanda che tutti abbiamo in mente ma trova poche risposte in rete è: stare attaccati allo schermo è causa o conseguenza di stati emotivi negativi? In altre parole, se seguo ogni notifica, tengo contatti di lavoro, parlo con i miei familiari e amici via chat, non mi sfugge nessuna notizia e gioco o ascolto musica o vedo film sempre tramite telefonino è chiaro che rimango nella stessa posizione e con gli occhi fissi sullo schermo per gran parte della giornata. Ma è questa condizione a provocare stress, ansie e tristezza oppure il fatto di sentirmi preoccupato e depresso mi fa cercare maggiormente il telefonino evitando contatti sociali?

Ci si avventura in questo caso nel panorama vastissimo della relazione personale che ognuno ha con il proprio smartphone e dei sentimenti che ne derivano; prendiamo allora in primo luogo in esame lo studio del 2015 dell’Università del Missouri-Columbia: i ricercatori, hanno stabilito che quando ci sentiamo in performance, ovvero percepiamo di dover affrontare un compito importante e stressante dal punto di vista mentale e/o fisico, avere di fianco il nostro smartphone aiuta a mantenere l’ansia sotto controllo.
Sembrerebbe allora che sorprendentemente, questo strumento sia diventato un oggetto in grado di trasmetterci sicurezza.
In realtà la similitudine che questo assunto ha con “il gioco preferito” che ogni bambino si porta ovunque o con la celebre coperta di Linus, può farci riflettere su due punti in particolare: in primo luogo abbiamo attribuito una affettività che ci lega a questo strumento, quasi a considerarlo un “amico” anche quando abbiamo passato l’infanzia da molto tempo. Questo potrebbe ferirci nell’orgoglio ma si sa, il bisogno di sicurezza che ci fa agire, sperimentare, esplorare e costruire nel mondo è sempre una necessità comune a tutti e in tutto l’arco di vita; la troviamo prima nei rapporti familiari significativi, la testiamo ed affiniamo nei legami d’amicizia che per questo talvolta consideriamo come “la famiglia che ci si sceglie” e cerchiamo di migliorarla continuamente nei rapporti di coppia e in quelli con i figli. Sentirsi sicuri è la chiave nel fare fluttuare una grande quantità di emozioni, prima tra tutti l’ansia. I rapporti interpersonali, in questo senso, dandoci più o meno disponibilità all’ascolto e risposte adeguate, possono farci sentire rassicurati.
Ed arriviamo così alla seconda parte della riflessione: perché uno strumento, un oggetto al nostro servizio è in grado di fare cambiare il livello di sicurezza percepito? Solo alcuni oggetti, infatti e solo se legati ad una figura di riferimento, una persona che ci fa sentire bene e apprezzati, sono in grado di avere un effetto calmante e rassicurante. Specie in fase infantile ce ne accorgiamo, con il pupazzo che il bambino sceglie per dormire, giocare con gli altri, accompagnarlo negli spostamenti e che, in fondo, lo segue ovunque.
Il nostro smartphone, nel riassumere nella sua memoria le fotografie a cui teniamo maggiormente, i documenti più importanti, gli indirizzi e lo scambio di messaggi con i nostri affetti è diventato nella pratica quotidiana il nostro pupazzo per adulti, collegamento a tutto ciò che pare contare ed è in questo modo che diventa un surrogato di sicurezza. Una rivoluzione tecnologica ed affettiva se ci pensiamo. In grado per altro di alimentare l’illusione di poter essere autonomi e svincolati dai legami relazionali.
Tuttavia è vero che lo smartphone può essere anche fonte di ansia, in una sorta di ambivalenza inevitabile in cui pensiamo di non poter affrontare una giornata senza averlo con noi, ma siamo sollevati quando ce ne distacchiamo per un numero sufficiente di ore. Come una in relazione troppo stretta, il nostro dispositivo tuttofare ci porta al “né con te, né senza di te”.
Quali sono i meccanismi in gioco in questo caso? Per la struttura di comunicazione e organizzazione di agenda impostati dalle app più utilizzate, siamo abituati ormai a procedere giornalmente ad un regolare e frequente controllo serrato di notifiche, di mail, di allarmi che segnano le attività da compiere e terminare durante la giornata. Questa attività, per il suo essere ripetuta e continua, segna nel tempo una sorta di abitudine del cervello ad impostare uno stato di allarme che ha lo scopo di non perdere alcun segnale, nessuna vibrazione del telefonino. Proprio come siamo attenti a cogliere ogni segnale in un neonato per rispondere prontamente alle sue richieste e necessità o come siamo protesi a soddisfare i desideri e a compiacere la persona che vogliamo conquistare. Attiviamo in questi casi una sorta di attenzione costante che sottende ogni momento della giornata e che richiede energie continue. Oltre a questo possiamo avvertire una sensazione di agitazione più o meno lieve che serve a mantenere questa attenzione mentale attiva. Un esempio che può ben rendere questa condizione si ha anche con i giochi che danno ricompense per obiettivi raggiunti in tempi stabiliti che impegnano il giocatore tutto l’arco della giornata.
In questo senso, attiviamo psicologicamente con il nostro smartphone una relazione così intensa da risultare stressante. Il controllo che ci da’ lo strumento, per essere aumentato e soddisfacente ogni giorno, richiede uno sforzo alto e costante che alla lunga ci risulta esso stesso fattore di stress e motivo d’ansia. Si tratta del meccanismo ben conosciuto da ogni persona esperta d’ansia: il nucleo del controllo che ci fa sentire sicuri rispetto ogni evenienza nel portare avanti responsabilità e sogni quotidiani ci lega ad uno stato di tensione che cerca di alzare la soglia di controllo costantemente. Questo ha due effetti: affaticarci in primo luogo e secondariamente convincerci maggiormente che l’unico modo per mantenere la situazione sicura sia controllarla e che il pericolo è ovunque, all’esterno o all’interno di noi. Una conferma di tale meccanismo è data dai livelli ormonali misurati direttamente a livello cerebrale in persone che si autodefinivano dipendenti dallo smartphone. Questi studi (Hyung Suk Seo et al., 2017) recenti confermano uno squilibrio dei neurotrasmettitori coinvolti nello scatenarsi dell’ansia.
A riprova della correlazione tra maggior uso di smartphone e disturbi psicologici, Jenaro e colleghi nel 2007, hanno dimostrato un legame con disturbi somatici, insonnia ansia e depressione; mentre uno studio riguardante più specificatamente i ragazzi del 2008 (Ha, Chin, Park, Ryu, & Yu) ha collegato smartphone e bassa autostima, ansia interpersonale e difficoltà di espressione delle emozioni. Possiamo dunque stabilire con una certa sicurezza che l’uso delle nuove tecnologie digitali predispone l’emergere di fattori di malessere psicologico importanti fin dell’adolescenza.

Se a questo punto siamo convinti che lo smartphone sia causa d’ansia e non viceversa, ecco arrivare la mole consistente di ricerche che ci dicono il contrario: L’università di Derby ha trovato una correlazione tra tratti di personalità e maggior utilizzo di smartphone trovando che in situazioni emotivamente meno stabili e con maggiori livelli d’ansia, le persone riportavano maggior utilizzo di smartphone. Quasi che a fronte di una difficoltà a gestire i rapporti nel mondo reale in una situazione di difficoltà psicologica, il telefono si a un modo più semplice di rapportarsi agli altri, più controllato ed accessibile. Come una forma di autoterapia. A questo punto ecco che la situazione può ribaltarsi: sono gli stati iniziali di sofferenza emotiva e psicologica a indurci ad un uso più assiduo.

Quale allora la risposta?

Probabilmente a causa delle notevoli potenzialità date dai nuovi strumenti digitali possiamo utilizzarli in maniera molto intima dandogli valori e modalità di utilizzo estremamente personalizzate e questo ci porta a inserirli in ogni contesto mentale che stiamo vivendo, rendendoli partecipi dei nostri stati psicofisici. Per loro natura però questi strumenti tendono ad amplificare ogni nostra emozione e pensiero e questo può portare a peggiorare ansie, paure e insicurezze quotidiane in una sorta di ciclo continuo autoperpetuantesi che ci sfugge di mano in caso di dipendenza.

Qualsiasi sia allora l’innesco, essere consapevoli che l’uso degli smartphone può accentuare o provocare ansie dando però l’illusione di controllarle in una fase di minore intensità può aiutarci a monitorare le nostre emozioni durante l’utilizzo e ad interromperlo quando più opportuno.

redazione