Diane Downs: “Qualcuno ha sparato ai miei bambini!”

1983 Springfield, Oregon, è  tarda sera quando al pronto soccorso del Willamette-McKenzie Hospital arriva una giovane donna in stato di forte schok alla guida di una Nissan rossa. Ferita ad un braccio da colpo d’arma da fuoco. Gridando: “Qualcuno ha sparato ai miei bambini”.

Downs Diane
Elizabeth Diane Downs, ventotto anni, bionda, svolgeva la professione di portalettere,  figlia del direttore del locale ufficio postale, da poco si era trasferita da Chandler, cittadina alla periferia di Phoenix, Arizona. Diane dichiarò che quella sera lei ed i tre figli (Christie, 8 anni, Cheryl, 7 anni e Steven Danny di appena 3) erano usciti subito dopo cena per andare a trovare un’amica e fare una passeggiata in campagna, ma sulla via del ritorno, lei e i figli, mentre ridevano e scherzavano ascoltando Hungry Like the Wolf dei Duran Duran, uno “sconosciuto con i capelli arruffati”  li ha fermati chiedendo aiuto. Ma quando Diane scese dall’auto, l’uomo iniziò ad aprire il fuoco contro i bambini, ferendo, sia pure di striscio, la stessa Diane per poi dileguarsi nel buio della campagna.

Una delle bambine, Cheryl, era già morta quando Diane arrivò in pronto soccorso. Christie e Danny, sia pur gravemente feriti (fisicamente e psicologicamente) riuscirono a sopravvivere a quel massacro.

Ma chi era questo  “sconosciuto con i capelli arruffati”?
Diane tracciò due o tre identikit e nessuno corrispondeva a quello precedente. Inizialmente affermò che sicuramente era uno sconosciuto, poi cambiò idea dichiarando che molto probabilmente quel tizio era stato ingaggiato dal suo ex marito Steve (Diane era divorziata) per fargliela pagare. Ma dopo delle approfondite indagini l’ex marito risultò completamente estraneo ai fatti.

Tutta la storia cominciava ad essere davvero troppo strana.

Gli investigatori cominciarono ad interrogare le persone che conoscevano Diane e ne  venne fuori un profilo della Downs davvero inquietante: soggetto instabile con violente crisi di rabbia sia verso l’ex marito  (in una spaventosa lite  aveva addirittura tentato di sparargli) che  con i bambini su cui riversava le sue frustrazioni e le sue crisi depressive, la sua continua ricerca di un nuovo amante nel tentativo disperato di trovare quello giusto. Ma sopratutto la sua ossessione nei confronti di  Lew Lewiston, che per Diane era il “suo fidanzato”.  Lewiston era un affascinante trentenne sposato con cui la Down aveva avuto una storia di un anno dei cui era talmente invaghita, tanto da tatuarsi il suo nome su di un braccio. Diane era convinta che prima o poi lui sarebbe tornato da lei lasciando la moglie. Ma non fu così, forse perché Lew era un uomo che non voleva problemi ma, sopratutto non voleva figli, e non era disposto nemmeno a fare da padre a Christie, Cheryl e Danny.

Furibonda, ai primi di aprile 1983 Diane si trasferisce in Oregon dai genitori e gli lancia un ultimatum: o me, o tua moglie. Lew sceglie la moglie. Respinge al mittente i regali le lettere e le cartoline di Diane, cambia casa e numero di telefono.
E’ finita.

Il 19 maggio 1983, la sparatoria.

Nei mesi successivi, Diane Downs era su tutti i media.  La madre dei bambini, quelli della sparatoria. Povera ragazza. Prima come vittima di una tragedia, poi come sospetta. Cominciò allora ad accusare  apertamente la polizia ed il procuratore di cospirazione. Si proclamò vittima. Prese di mira il  giovane procuratore che indagava su di lei. Poi gli agenti di Springfield, che ormai non si fidavano più di lei. Poi l’ex marito. Poi la moglie di Lew. Poi tutti quelli, che di giorno in giorno non credevano più alla sua versione. 

Quando nel gennaio  del 1984 viene arrestata era di nuovo incinta, con l’accusata dell’omicidio di Cheryl ed il tentato omicidio degli altri due figli.  Christie nel frattempo si era “ripresa”, per quanto fosse impossibile riprendersi dopo una terribile esperienza come quella vissuta dai tre fratellini, e al processo la bambina di appena 9 anni pur terrorizzata e in lacrime punta il dito contro la madre e dice: “LEI HA SPARATO”.

Diane Downs è stata condannata all’ergastolo con una pena supplementare di 50 anni. La bambina nata durante la detenzione è stata data in affido alla nascita. Tutt’ora reclusa in un carcere nel New Jersey non ha mai ammesso alcuna responsabilità e si proclama vittima di un clamoroso errore giudiziario.

redazione