A spasso tra i vicoli rock de La Rua Catalana

In gara per giocarsi un posto tra gli artisti emergenti che si esibiranno sul palco del mega concertone del 1 maggio in Piazza San Giovanni a Roma, oggi noi di Social Up abbiamo l’onore di presentarvi La Rua Catalana, gruppo nato nell’inverno del 2009 tra i caratteristici vicoli del centro storico di Napoli da cuori beneventani. Leonardo De Stasio, Corrado Ciervo, Vittorio Coviello, Marco Coviello, Carlo Ciervo: ecco i componenti di questa “piccola orchestra acustica” che con il primo album dal titolo Island Tales, debuttano ufficialmente nel panorama musicale del prog-rock “folklorizzato”.

Dopo due Ep, La Rua Catalana e Somentihing New, partecipazione a contest e riconoscimenti ufficiali, la band campana sforna il convincente Island Tales, dodici storie dalle sonorità folk e psichedeliche caratterizzate da una venatura brit-rock fresca ed orecchiabile e da un uso sapiente delle armonie vocali. Non sveliamo troppi dettagli, lasciamo che sia La Rua Catalana a farlo.

1. Prima di soffermarci sui vostri successi, la prima domanda è d’obbligo: come descrivereste La Rua Catalana?

La Rua Catalana nasce dalla volontà di far convergere diverse influenze musicali che caratterizzano la sensibilità di ognuno di noi componenti. Ogni nostra produzione è figlia di un periodo trascorso insieme a mescolare suoni, frammenti di brani, idee e di emozioni condivise. [Corrado]

2. La scelta del nome evoca una delle strade più belle di Napoli. Perché la scelta di questo nome per identificare la vostra band?

Questa scelta fu fatta in una situazione “di emergenza” in cui ci serviva un nome per la band da poco formata, per partecipare ad un concorso per gruppi emergenti a Napoli. Ci incontravamo spesso a via Rua Catalana dove Corrado abitava, perché il nucleo iniziale era composto tutto da ragazzi che studiavano all’Università a Napoli. Poi notammo che Rua Catalana era un quartiere di artigiani e la cosa ci piacque, perché pensammo che potevamo cercare di lavorare alla nostra musica proprio con lo stesso approccio con cui un artigiano lavorava i suoi manufatti, con calma, cura, ispirazione, rielaborazioni, senza fretta e considerando ogni brano legato ad una sua ricerca, una ricerca che finiva quando noi sentivamo che il brano era abbastanza maturo per essere ascoltato. Da qui il nome. [Leonardo]

3. Dall’ascolto delle vostre canzoni potremmo inserire La Rua Catalana all’interno del panorama rock progressivo italiano “folklorizzato”, con un mix di suoni e timbri tra chitarre, violini, viole, flauto traverso, didgeridoo, cajon e tanto altro. A chi o a cosa vi ispirate per esprimere la vostra musica?

Ci piace elaborare tante influenze con cui siamo cresciuti musicalmente. Island Tales potrebbe definirsi una summa del lavoro svolto in questi 5 anni di attività, tutte le nostre esperienze sono racchiuse nel disco. [Corrado]

4. Le vostre canzoni sono tutte in inglese, una scelta linguistica che condividete con diversi artisti italiani. La vostra decisione è legata alla volontà di darvi un tono più internazionale oppure dipende da altre ragioni?

Personalmente credo che oggi dovremmo considerarci europei e la lingua con cui si comunica a livello globale ormai è l’inglese; l’Italia credo sia l’unico paese in Europa a non esprimere progetti musicali in inglese su grande scala. Se guardiamo a paesi come Francia e Germania il tutto è più chiaro. Le tendenze musicali italiane credo rappresentino lo specchio attuale di un paese che fatica ad aprirsi verso nuove tendenze e cerca di correre a ripari propinando rielaborazioni musicali di un tempo: la vittoria degli Stadio a Sanremo è emblematica in tal senso. Questo non significa che non esistano progetti musicali in italiano validi è solo una tendenza, magari il prossimo disco lo facciamo in italiano [Corrado]

5. Ma parliamo adesso del vostro primo album: Island Tales. Come lo descrivereste?

Island Tales è stato un lungo viaggio. Come tutti i viaggi di questo tipo ciò che l’ha caratterizzato è stata una componente avventurosa, che ci ha portato a conoscere tanta gente, a confrontarci con tanti nuovi personaggi ma anche con tante nuove situazioni sia belle che problematiche, a conoscere tanti luoghi diversi, ad esplorare tante possibilità diverse musicali; l’altra componente è la dose di mistero e “pericolo”: quando parti per un lungo viaggio non sai esattamente se riuscirai ad attraccare ad un molo sicuro o se il viaggio ti inghiottirà nel suo percorso. Ma se stiamo qui a parlarne probabilmente una strada buona per tornare l’abbiamo trovata. [Leonardo]

6. Con Island Tales, primo lavoro per la Octopus Records, è evidente la vostra crescita musicale e artistica. I 12 brani dell’album rappresentano una miscela esplosiva di generi diversi, dal funk al folk, pur mantenendo quella identità e quella coerenza sonora che vi caratterizza: come siete riusciti ad unire generi all’apparenza così diversi?

Island Tales è una raccolta di brani scritti in momenti molto diversi in realtà: di questi, i più “giovani” e i più “vecchi” sono separati da archi temporali anche di un anno, o qualcosa in più. La cosa più difficile è stata donare un’anima comune al disco e domare tutte le diverse influenze che venivano fuori dai brani, che a noi piacevano ma che rischiavano di creare un caos e di far perdere il filo conduttore nel disco. Perciò è stato molto divertente e stimolante miscelare e contaminare tanti generi diversi tra loro, ma è stato anche un bel lavoro, fatto in parte da spontaneità, perché i nostri brani sono stati sempre un po’ caratterizzati dalla coesistenza di vene musicali diverse, in parte da razionalità per trovare la quadratura del cerchio, lavoro fatto in parte anche con il nostro produttore Peppe Fontanella. [Leonardo]

7. Island Tales è il racconto di personaggi particolari che hanno lasciato il segno: dal colonnello Kurtz in The Colonel, a Jeff Buckley in Song of Jeff, passando, addirittura, per la triste condizione umana di un Pierrot in The Clown: perché la scelta di questi personaggi? Qual è la storia che volete raccontare?

Non siamo molto portati a cantare l’amore, ci sono altri cantanti in Italia molto più bravi di noi che lo fanno e a febbraio vanno a Sanremo.
Noi, in realtà, preferiamo analizzare il pensiero umano, costantemente orientato alla creazione e alla risoluzione di problemi. Troviamo tutto ciò molto più interessante e ci ispiriamo alla letteratura o all’arte che ci ha influenzato in questi anni. [Marco]

8. Il vostro album nasce tra le mura del convento francescano di Zungoli, in provincia di Avellino. Come mai avete scelto questa location?

Questa è una domanda curiosa che ci hanno fatto in tanti. Innanzitutto dobbiamo chiarire che il nostro era un convento “dismesso”, datoci in gestione dall’Amministrazione di Zungoli. Siccome avevamo bisogno di ritagliarci un attimo di spazio per la composizione di nuove canzoni, cercavamo un posto al di fuori dell’ordinario per concentrarci e vivere assieme la quotidianità. “Hora et labora” è la locuzione latina che tipicamente si riferisce alla vita in convento, quindi già in partenza c’erano tutti i presupposti per un buon lavoro. Poi l’aria mistica che si respira nei luoghi di culto ha fatto il resto. [Marco]

9. Nel 2014, durante il tour di Something New, avete attirato l’attenzione del produttore artistico Giuseppe Fontanella, chitarrista dei 24 Grana, che ha deciso di investire nel vostro progetto. Quanto ha significato per voi questa esperienza?

Lavorare con un’etichetta è sempre un’esperienza molto significativa. Si conoscono tante figure del settore come giornalisti, fotografi, uffici stampa, che hanno rapporti direttamente con l’etichetta e con i quali si comincia ad entrare spesso e volentieri in contatto. Fontanella è un produttore che ci ha lasciato la giusta libertà d’idee all’interno del disco e allo stesso tempo ci ha dato una mano a sfrondare o direzionare alcuni brani per conferirgli un sound definitivo. Come in ogni produzione, da quelle grandi alle piccole, la timeline è sempre molto difficile da rispettare e ciò accade perché i brani si evolvono durante le registrazioni stesse, ma anche perché il produttore e i musicisti portano avanti contemporaneamente molti progetti paralleli oltre alla produzione stessa dei brani. Anche da questo punto di vista è stata un’esperienza lavorativa formativa. [Marco]

10. Già con i primi due EP, avete dato vita ad una tournée entusiasmante che vi ha portato a cavalcare i palchi più importanti del panorama musicale italiano come il Meeting del Mare, lo ZIF Festival, affiancando artisti del calibro di Jovine, Francesco di Bella & Ballads Cafè, Consorzio Suonatori Indipendenti, Luca ‘O Zulù, Brunori Sas, Iosonouncane, Verdena. Cosa vi aspettate e cosa devono aspettarsi i vostri fan dall’uscita di Island Tales?

Il parere positivo della critica, che abbiamo riscontrato in diverse recensioni del disco, ci fa ben sperare. A marzo ripartirà il tour promozionale dell’album e presto uscirà un secondo videoclip girato da Valerio Vestoso. Per tutte le informazioni sulla band, le prossime date, recensioni, news, è possibile consultare, oltre al nostro sito anche la nostra pagina Facebook. [Marco]