USA, La Corte Suprema decostituzionalizza il diritto all’aborto: adesso nelle mani degli Stati

L’effetto domino sulla progressiva penalizzazione dell’aborto negli Stati Uniti d’America ha fatto il suo corso. La Corte suprema degli Stati Uniti d’America, quella che è la più alta corte della magistratura federale degli U.S.A, in data 24 giugno 2022 abolisce il diritto all’aborto a livello nazionale. Ribaltando così la storica sentenza “Roe vs Wade”, approvata dalla stessa Corte nel 1973.

Un clamoroso passo indietro di 50 anni che sin dall’amministrazione Trump cominciò a diventare a poco poco realtà. I singoli stati – dal Texas all’Oklahoma – hanno iniziato già da più di un anno ad introdurre regole restrittive in materia d’aborto. I loro tentativi di limitare l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza non sono mai stati, però, ostacolati. Permettendo di fatti ad altri stati di seguire il medesimo esempio.

Questo ha portato all’estrema decisione della Corte Suprema di non garantire più nazionalmente il diritto ad abortire in America.

La possibilità di accesso al diritto d’aborto d’ora in poi, spetterà alla legislatura dei singoli stati. Si ricorda, a proposito, che dei 50 stati che compongono gli Stati Uniti d’America, ben 26 hanno dichiarato di voler limitare o eliminare l’aborto. Di questi, 13 non aspettavano altro che si ribaltasse la storica sentenza del 1973 – che da 50 anni rappresenta il caposaldo a cui far riferimento in materia – per applicare le proprie restrizioni.

L’ultima legge anti aborto in ordine di tempo ad essere confermata è stata quella del Mississippi, che proibisce l’interruzione di gravidanza dopo 15 settimane. Questa si basava sul caso Dobbs v. Jackson Women’s Health, la cui costituzionalità si aspettava dal 2018.

In occasione di quest’ultima decisione, la Corte Suprema ha abolito definitivamente la sentenza del 22 gennaio 1973. La quale garantiva l’accesso all’aborto “fino al punto in cui il feto è in grado di sopravvivere al di fuori dell’utero materno”.

Con la decostituzionalizzazione definitiva dell’aborto a livello nazionale, si teme, dunque, che le legislazioni possano diventare ancor più severe di quelle già introdotte. Come quella del Mississippi nota come “legge del battito cardiaco”, la quale nega l’interruzione di gravidanza a partire dal primo avvertire del battito cardiaco del feto, e non fa nemmeno eccezione per le vittime di violenza sessuale e incesto.

Il presidente Biden si dissocia completamente dalla scelta della Corte Suprema e auspica ad un ritorno nei propri passi:

Roe v. Wade era la scelta giusta, la legge è stata abolita da tre giudici scelti da Trump e la Corte suprema ha tolto un diritto costituzionale. Il Congresso la ripristini perché la salute delle donne americane è a rischio, i medici saranno criminalizzati. La lotta non finisce qui.

In gioco non vi è, quindi, la mera eliminazione di un diritto che si pensava essere ormai costituzionale, ma la salute di milioni di donne. Molte delle quali decideranno di ricorrere all’aborto clandestino, rischiando addirittura la morte. Altre intraprenderanno viaggi della speranza, con poche risorse a disposizione, per cercare di raggiungere stati in cui l’accesso all’aborto è garantito.

Gli Stati Uniti sono oggi più che mai, quindi, un paese diviso a metà.

Dalle critiche dure e aspre di Biden, Obama ed Hillary Clinton, che giudica la scelta compiuta dalla Corte suprema una vera e propria “infamia”. All’esultanza dei cosiddetti “pro-wade”, coloro che non vedevano l’ora che la sentenza fosse ribaltata. Al comando, chiaramente, Donald Trump, che parla a tal proposito di “volontà divina”. Inoltre, dei nove giudici che componevano la Corte, sei erano repubblicani. Una vittoria politica per questi ultimi che intralcia, però, la vita di milioni di persone.

A questo punto, vale la pena domandarsi: quale sarà il prossimo diritto che metteranno in discussione?

Il concetto di “corsi e ricorsi storici” di Giambattista Vico si fa evidente in simili circostanze. L’uomo trova sempre il modo per ricadere in basso e ritrovare lo stato selvaggio. Cancellando così anni di storiche battaglie per i diritti fondamentali di ogni uomo e donna.

La Corte Suprema si pone nella direzione opposta – secondo tra l’altro la Vicepresidente degli USA, Kamala Harris – rispetto al principio di autodeterminazione che dovrebbe spettare a ciascun individuo.

Affidando ai singoli stati la possibilità di legalizzare o meno l’interruzione della gravidanza, si affida loro, infatti, la libertà di scegliere liberamente di cosa fare del corpo di una donna, negandole i propri diritti. Al contrario, la sentenza “Roe vs Wade” aveva liberato i corpi delle donne da un simile abuso.

Lo scorso gennaio, giusto in occasione dell’anniversario dalla storica sentenza, Kamala Harris aveva speso parole di sostegno assoluto verso questa, che avrebbe voluto fosse codificata per legge. Dichiarazioni che oggi sembrano essere quasi vane, non viene meno, però, la promessa di difendere con ogni strumento in loro possesso la sentenza da un’eliminazione totale.

“Roe protegge il diritto all’aborto, il diritto fondamentale all’autodeterminazione, il diritto di una donna a prendere decisioni su cosa voglia fare del proprio corpo (…) se credete in questi principi, unitevi a noi!”.

Giulia Grasso