Restituire ai Siciliani quello che i mafiosi hanno cercato di togliere

Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità. […] È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”. Nonostante siano passati anni da quando Peppino Impastato pronunciò queste parole, sembra di sentirle tuonare per le strade della Sicilia, ancora preda in un cancro che sembra non si riesca ad estirpare; una cupola di sangue che continua e mietere le sue vittime. Ma da questa enorme montagna di merda che è la mafia può nascere qualcosa di buono, frutto di sacrifici e voglia di rendere questa terra libera dal compromesso morale e dall’indifferenza verso tutto ciò che la mafia rappresenta.

Le storie che oggi vogliamo raccontare riguardano la gestione dei beni confiscati alle organizzazioni mafiose siciliane; una sorta di moderna legge del contrappasso, che vede questi beni protagonisti di azioni volte a diffondere la cultura della legalità, principale anticorpo alle mafie.

Pierpaolo Lucifora
Pierpaolo Lucifora

La prima ci verrà raccontata da Pierpaolo Lucifora, avvocato e Presidente del CdA del Consorzio Etneo per la legalità e lo sviluppo. L’ente, nato del 2008 ed attualmente composto da 19 comuni etnei, ha lo scopo di amministrare a livello collettivo il patrimonio confiscato alla criminalità organizzata di stampo mafioso. L’opera del Consorzio avviene attraverso la realizzazione di interventi di carattere infrastrutturale e sociale che, oltre a creare nuove occasioni di lavoro per i giovani disoccupati del territorio, possano prevenire e recuperare condizioni di disagio ed emarginazione, rafforzando la cultura della legalità. L’associazione tra più comuni ha sicuramente contribuito a migliorare l’efficienza dell’azione, grazie all’apporto sinergico di diverse risorse umane e strumentali.

Per prima cosa cerchiamo di dare qualche numero in merito ai beni al momento sotto la vostra amministrazione ed in quanto tempo riuscirete a riconsegnarli alla collettività?
Sui beni, posso dire che abbiamo pubblicato recentemente un elenco completo di quanto è stato da noi realizzato e di quanto stiamo realizzando. In totale i beni gestiti sono 27, tra cui terreni, immobili di varia natura. Molti sono stati già restituiti alla collettività, mediante l’affidamento a forze associative locali, quali cooperative sociali, associazioni culturali e consorzi.

Quali sono stati i risultati più soddisfacenti che avete raggiunto in questi ultimi anni?
Tra i risultati più soddisfacenti si può annoverare la creazione di una fattoria didattica a Belpasso, affidata ad un’associazione locale che fa capo al fratello del Commissario Beppe Montana, vittima della mafia; la realizzazione di diversi centri di ascolto per minori e antiviolenza per le donne; la realizzazione di un centro di turismo sociale a Linguaglossa e centri di aggregazione giovanile.

Una burocrazia lenta e la mancanza di fondi sono due componenti che possono ostacolare il vostro lavoro, come avete cercato di bypassare questi problemi?
Non viviamo particolarmente il problema della burocrazia perché la nostra struttura è formata da poche persone, peraltro molto valide tecnicamente. Nei rapporti con gli altri enti, soprattutto ministeri, registriamo delle lungaggini che possiamo definire fisiologiche. Con i finanziamenti, soprattutto quelli derivanti dai PON-Sicurezza 2007-2013, abbiamo lavorato molto, allo scopo di rimettere in piedi dei beni spesso abbandonati e in condizioni a dir poco pessime. Grazie ai PON abbiamo creato dal nulla anche nuove strutture, come ad esempio un piccolo impianto sportivo nel Comune di Mascalucia, sorto su un terreno confiscato. Possiamo dire che senza di essi, molti dei nostri interventi non sarebbero stati realizzati.

Il vostro consorzio opera anche nel campo della cultura alla legalità cosa è necessario fare per migliorare la situazione nel territorio etneo?
Anche nel campo della cultura della legalità abbiamo svolto iniziative importanti. Basti pensare che il nostro logo è nato da un concorso bandito presso le scuole del territorio. Anche per il prossimo anno, abbiamo in programma altre iniziative. In questi giorni abbiamo chiesto ufficialmente ai comuni di presentare delle proposte progettuali che abbiano l’obiettivo di diffondere la cultura della legalità e le finalità specifiche del Consorzio. Abbiamo anche un modesto budget, che serve a finanziare tali iniziative (concorsi di scrittura, convegni, interviste radiofoniche, dibattiti). I nostri interlocutori principali sono le scuole, ma è ovvio che siamo pronti ad accogliere le idee che vengano dall’associazionismo locale, in generale. Cosa fare per migliorare la situazione? Crederci e coinvolgere le generazioni che seguono, un bene prezioso senza il quale non si va da nessuna parte!

Giuseppe Tamburello
Giuseppe Tamburello

La seconda storia ce la racconta Giuseppe Tamburello, Presidente dell’Associazione artistica Gatto Silvestro, il quale è riuscito, con sacrifici e dedizione, ad aggiudicarsi due beni confiscati alla mafia e a trasformarli in luoghi chiave del Comune di Partinico, per la creazione di una cultura della legalità attraverso l’arte. “L’arte o qualsiasi cosa fatta col confronto sano – come afferma lo stesso Tamburello – non solo ti trasmette crescita interiore, ma ti fa sentire vivo dando forza alle idee e ai progetti“.

Qual è lo scopo dell’Associazione Gatto Silvestro e come opera attraverso i due beni confiscati?
L’Associazione è stata fondata nell’Aprile 2015 con lo scopo di promuovere attività artistiche e culturali al fine di sollecitare la partecipazione dei cittadini, senza alcuna distinzione. Fin da subito ci siamo mossi con progetti a medio e lungo termine, partecipando ed aggiudicandoci due beni confiscati alla mafia, nei quali abbiamo attivato il centro artistico Vado al Massimo. Le attività e i laboratori artistici che abbiamo offerto sono stati vari: dalla costruzione di oggetti in polistirolo a quello scenografico, dalla pittura all’arte riciclata, laboratori teatrali e giornate dedicate alla legalità con mostre, animazione e intrattenimento. La nostra associazione sta cercando di operare in una realtà del mondo giovanile con strumenti validi di contrasto alla deviazione in genere.

Che cosa significa per voi operare attraverso un bene confiscato alla mafia? Che valenza ha?
Operare in beni confiscati alla mafia non deve essere solo un mezzo per farsi pubblicità, ma un modo per collaborare, partecipare e cooperare con vari enti e organizzazioni per dare un contributo significativo al territorio. Dopo le varie fasi burocratiche, progettuali e operative siamo riusciti ad attivare questo teatro estivo; è stata una grande soddisfazione, costata non pochi sacrifici anche personali, però penso sia necessario prima di tutto credere in quello che si fa ed essere convinto che quello che si porta avanti, serve per migliorare il territorio. Bisogna essere fiduciosi e non mollare mai!

Quale lavoro state portando avanti con l’associazione e come risponde la cittadinanza alle vostre iniziative?
Abbiamo appena concluso la prima stagione estiva del TeatrOfficine con una programmazione varia, coinvolgendo diverse realtà teatrali del territorio e provenienti anche da parti d’Italia. Adesso le nostre attività si sposteranno nel centro artistico di via E. Fermi dove inizieremo i laboratori teatrali con ragazzi di tutte le età, realizzando uno o più spettacoli da proporre poi nell’estate 2016. La risposta della gente in proporzione alla popolazione poteva e deve essere migliore, ma essendo al primo anno e sapendo la realtà in cui vivo posso reputarmi sufficientemente soddisfatto. Perché questo deve essere il teatro di tutti non degli amici e dei parenti. Purtroppo spendere 5 euro per il teatro sembrano soldi buttati; é la cultura del posto che causa questa mentalità!

Parafrasando le parole di Paolo Borsellino possiamo quindi affermare con forza che la lotta alla mafia dev’essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire “la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità” e sembra proprio, da queste due testimonianze, che dal letame possono nascere davvero i fiori basta crederci fino in fondo.

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Claudia Ruiz