The Farewell – una bugia buona: Il calore lontano delle origini cinesi

Dal 24 dicembre al cinema il nuovo film di Lulu Wang, acclamato al Festival di Roma

Dal 24 dicembre al cinema “The Farewell – una bugia buona” è un’aggraziata commedia agrodolce diretta dalla regista Lulu Wang, una pellicola che è stata acclamata all’ultima edizione del Festival del cinema di Roma e che è stato premiata al Sundance London. Noi di Social up abbiamo potuto vederlo in anteprima milanese al Palazzo del Cinema Anteo di Milano.

La trama racconta della giovane Billi (la rapper e attrice Awkwafina candidata ai Golden Globe per questo ruolo), nata in Cina e cresciuta negli Stati Uniti, che viene a conoscenza di una triste notizia: la sua amata nonna è molto malata di un male incurabile. La famiglia ha deciso però di non rivelare all’anziana donna la gravità del suo stato, per farle vivere gli ultimi anni di vita in serenità. Inoltre, architettando collettivamente una  “bugia buona” per alleviare la possibile sofferenza della nonna, l’intera famiglia decide di organizzare un falso matrimonio in Cina,  per distrarla e darle motivo di gioia tenendola occupata con un nuovo felice evento. Tenendo conto del forte legame di Billi con la nonna e temendo che la ragazza non sappia mascherare le proprie emozioni rivelando la finzione, i genitori e la famiglia le suggeriscono (impongono) di stare a casa negli Stati Uniti e non venire con loro in Cina.

Il carattere di Billi però non è facile da domare, così parte all’improvviso per la Cina e si unisce alla “recita” del matrimonio, che altro non maschera se non un ultimo affezionato e sofferto saluto all’anziana donna. Ma riuscirà Billi a tenere nascosto ciò che prova realmente? E quello che si chiedono tutti i suoi parenti, che la tengono costantemente sott’occhio, allontanandola dalla nonna, che per lei nutre un fortissimo affetto.Risultati immagini per the farewell

Film gradevole e divertente, che sa ironizzare con garbo e tenerezza sull’ultimo saluto ad un’anziana parente, The Farewell è un addio non convenzionale, nascosto tra le righe, come molte delle emozioni che vengono mostrate dai personaggi: non dichiarate apertamente, ma sentite nell’intimo e rivelate spesso tramite bugie, non volte ad ingannare l’altro, quanto a raccogliere e sopportare il suo fardello senza far sì che egli se ne accorga.

E’ proprio con una catena di bugie buone che si innesca il film. Per cui risalire alla verità non è così semplice e forse non è nemmeno necessario, perché a volte la finzione è un gioco  piacevole e in grado di dare sollievo anche a chi è “imbrogliato”. Il divertente paradosso del film è che la nonnina, a tutti gli effetti un capo famiglia, con il gusto per il comando, che non risparmia a nessuno critiche e opinioni, è la più tranquilla in questa vicenda, mentre spetta a tutti gli altri affannarsi per essere credibili e fingere che tutto vada bene. Questo sforzo provoca tensioni e spinge le famiglie a confrontarsi le une con le altre: i fratelli, le loro mogli,  i cugini si rincontrano dopo molto tempo e si riavvicinano alle loro origini cinesi.

Forte nel film è il tema del confronto tra diversi modelli culturali ed educativi (rappresentato ali livello linguistico dalla doppia lingua parlata dai personaggi, l’inglese e il cinese): Billi, cresciuta negli Stati Uniti, in cui conduce una vita indipendente e metropolitana, si ritrova ad essere attratta dalle tradizioni, dai ricordi e dal calore del nucleo familiare cinese, a volte chiassoso, ma di certo lontano dalla solitudine della metropoli. Anche i suoi genitori strenui difensori dei modelli americani e della loro scelta di lasciare la Cina si trovano a riflettere sulla distanza dalle loro radici. Allo stesso tempo però il film riflette sugli eccessi cinesi, sulle molte ritualità e superstizioni descritte mediante la figura della nonna cinese.

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Delicato e non banale il film presenta chiaramente un’impronta autobiografica, ben percepibile, che viene portata sullo schermo dalla regista, emigrata negli Stati Uniti con la famiglia. I ricordi, le tradizioni, le divertenti ibridazioni culturali, i giudizi sulla Cina da parte di chi vi è ritornato dopo tanto tempo, tutti questi elementi sono inseriti con grazia nel film, che non risulta mai retorico, né celebrativo, né esclusivamente nostalgico, ma critico, sfruttando a pieno il divertente espediente della finzione per raccontare la “Cina lontana”.  Consigliato per il suo garbo e per la sua piacevole ironia nel raccontare il calore di una famiglia lontana nel tempo e nello spazio. Buona la performance di tutti gli attori. Estremamente convincenti ed empatici. Bravissima la nonnina protagonista (Zhao Suzhen) e buona la prova di Awkwafina, che interpreta il ruolo con spontaneità e carattere, calandosi bene nella nipote “metropolitana”.

 

Francesco Bellia