Qualche tempo fa, durante una conversazione telefonica (che, devo ammettere, stava prendendo la piega di una discussione) mi sono state pronunciate (cito testualmente) le seguenti parole: “Per quanto non ti piaccia sentirtelo dire, tu sei una donna e io sono un uomo”.
Senza colpo ferire, nonostante fossi completamente in disaccordo su quanto dettomi, ho argomentato la questione senza far trasparire il mio dissenso (misto ad un ovvio disgusto) su quanto dettomi dall’interlocutore all’altro capo del telefono. Ma, inevitabilmente, quelle parole sono rimaste nella mia mente per giorni.
Mi sono state dette semplicemente perché sono donna. Il mio interlocutore aveva chiaramente deciso di non partecipare al contraddittorio, di non argomentare le sue idee che, evidentemente, erano diverse dalle mie ed ha, semplicemente, deciso di attaccarmi in quanto donna.
Quanto patriarcato c’era in quelle parole. Un’enormità. Le sue parole sono state, purtroppo, l’espressione della società patriarcale nella quale ci troviamo a vivere e con la quale noi donne (insieme a pochi uomini) ci troviamo a combattere.
Cosa c’entra questo con questa giornata? Con la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne? Molto, anzi, moltissimo.
In primis la violenza sulle donne è di molti tipi. Verbale, sessuale, psicologica, fisica. Può sfogare in situazioni di abuso o, nel peggiore dei casi, in femminicidio.
Non voglio certo mettere sullo stesso piano l’utilizzare il mio essere donna (in senso dispregiativo, ovviamente!) durante quella conversazione, rispetto a quello che molte donne, purtroppo tantissime, si trovano a vivere ogni giorno a causa dei loro abuser. Vorrei focalizzare l’attenzione sulla causa che, inutile negarlo, è sempre la stessa: la radicata società patriarcale nella quale siamo costretti a vivere.
Quello che molti non riescono a comprendere è che educare i maschi come vuole la società patriarcale fa si che, proprio a loro, sia fatto un grande torto. Li educa alla virilità, al non avere paura, al non essere deboli ma “uomini duri”. Il torto viene poi, di conseguenza, fatto anche alle femmine perché, fin da piccole, insegniamo loro a prendersi cura dell’ego fragile dei maschi.
E così, la società insegna alle donne che, per prendersi cura dell’ego dell’altro sesso, non si deve mai essere “troppo”.
Vi faccio un esempio. Agli uomini viene chiesto di avere una missione nella vita (un per come), alle donne invece viene chiesto come si concilia questa missione con la famiglia (un per chi, quindi). Come se la donna, una famiglia, la “generasse” per magia e da sola. E così si innesca un meccanismo che la nostra società patriarcale ha fatto suo e ha completamente inglobato: la donna, in quanto tale, deve pensare a qualcun’altro.
Il problema del genere
Il vero problema di questa società patriarcale è che si lega tutto, necessariamente, al genere. Ci sono cose che mi succedono (e non solo a me ovviamente) solo perché sono donna.
Se fossi stata un uomo, per esempio, il mio interlocutore al telefono avrebbe – diversamente da quanto detto nella conversazione – argomentato le sue ragioni.
Se fossi un uomo non mi volterei ogni 15 secondi mentre ogni sera, dopo una giornata in ufficio, vado alla mia auto ed attraverso un parco un pò buio.
Se fossi un uomo probabilmente non mi verrebbe chiesto come ero vestita la sera che sono ho subito violenza.
Se fossi un uomo nessuno mi fischierebbe mentre attraverso la strada solo perché indosso un paio di tacchi.
Se fossi un uomo, ad un colloquio di lavoro, non mi verrebbe chiesto se ho figli o se ho intenzione di averne (Pratica tra l’altro scorretta da parte dell’eventuale datore di lavoro che, mi offrisse anche un ottimo stipendio, manderei a quel paese all’istante per il solo aver dato fiato alla bocca).
Potrei continuare ancora, perché la lista di quello che le donne subiscono ogni giorno, solo per essere tali, è davvero lunga.
La minaccia dell’idea del femminismo
Il fatto che molti uomini si sentano minacciati dall’idea del femminismo è legata all’insicurezza della loro educazione: la donna è vista come minaccia al loro ego ed al loro potere.
Per loro è l’uomo che “per natura” dovrebbe essere sempre al comando. L’idea che ci sia una donna in quel posto, al loro posto, li sconvolge. Sono certa che molte volte, come me, sarete incappati nel seguente luogo comune: “le donne, al comando, sono più stronze degli uomini.”
E grazie al c***o.
Avete mai pensato, cari maschietti quello che loro, in quanto donne (e non in quanto professioniste) probabilmente, hanno sopportato per essere li? Purtroppo no.
Al contrario di quello che emerge dallo nostra società patriarcale, la persona più qualificata per essere ad un posto di “comando” non è la più forte. E’ la più brillante, la più intelligente, la più perspicace. Sono qualità umane che vanno a prescindere dal genere.
Per fortuna, grazie ai social ed alla condivisione, la lotta delle femministe sta avendo sempre più seguito. Quello che deve essere chiaro è che la cultura non fa le persone. Sono le persone che fanno la cultura.
Essere femministi, a mio avviso, è riconoscere che esiste un problema legato al genere.
Questo porta necessariamente un determinato genere (le donne) a subire violenza gratuita.
Tutti noi dobbiamo fare meglio.
Vi faccio una domanda.
Perché non dovremmo essere femministi? Non c’è nessun motivo. Perché non ci dovrebbe essere eguaglianza sociale, politica ed economica dei sessi? Non c’è nessun motivo. Nessuno.
Perche dovremmo essere razzisti? Per nessun motivo. E se siamo tutti uguali in quanto esseri umani, perché le donne e gli uomini devono essere, in quanto tali, trattati in maniera diversa?
Per incidens
La Giornata mondiale contro la violenza sulle donne è stata istituita il 17 dicembre 1999 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il nome completo è “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”. La data del 25 novembre non è stata però scelta a caso. Il 25 novembre 1960 furono uccise le tre sorelle Mirabal (Patria, Minerva e Maria), attiviste politiche della Repubblica Dominicana. I loro corpi furono ritrovati in fondo ad un precipizio. Addosso i segni evidenti della tortura. Erano state catturate in un’imboscata dagli agenti dei servizi segreti del dittatore Rafael Leònidas Trujillo, che per più di trent’anni ha governato la Repubblica Dominicana. L’omicidio delle tre sorelle ha scatenato una dura reazione popolare che ha portato nel 1961 all’uccisione di Trujillo e quindi alla fine della dittatura.
Orbene, per quanto l’uccisione e la tortura di queste sorelle abbiano cambiato il corso della storia, ad oggi c’è ancora molto, ma molto da fare perché quel “pensiero afono” (come lo definì Michela Murgia) che la nostra società patriarcale vorrebbe rimanesse affibbiato alle donne si sgretoli definitivamente.
Educate i vostri figli. Educate le vostre figlie.
E non dimenticate: F**k patriarcato, sempre!