Niente ciliegie se vuoi essere un buon politico? La nostra povera Italia, non ha bisogno di frutta

Il tempo delle mele lascia la parola a quella delle ciliegie, e come dimenticare ciliegie e Salvini, visto, che vuoi o non vuoi l’intero web propone il tormentone di Matteo mentre mangia allo stesso tavolo di Zaia delle ciliegie messe in bella vista. Da qui, via il coronavirus che muta, che ricompare, che non prende il sole e non sa nuotare al mare, e tutti a parlare di ciliegie e Salvini. Il web si infiamma, c’è chi di si, c’è chi dice no, tutti intervistati a rilasciare impressioni e pareri, il professor Pepito Sbazzeguti, ordinario di psicologia politica all’Università “Neil e Paul Jung” di Cerveteri, che fino a qualche giorno fa nemmeno sapevamo chi fosse, rilascia alla Repubblica un’intervista dove contemporaneamente esprime due pareri, la prima “Questo è quello che mi hanno chiesto di scrivere su Libero. Lo dirò anche al TG2 e da Porro. La ciliegia è una simbologia potentissima. Nell’assumerla, il leader politico carica su sé stesso l’elaborazione del lutto, si fa popolo e interiorizza lo sgomento di tutti collegandolo all’eterno ciclo della natura: perché possa produrre vita, il frutto scompare. E lascia solo il seme“.

Quando gli si chiede se è sicuro di quello che dice,” Una: secondo Freud, la traslazione dell’io, nel gesto del nutrirsi, mette in contatto incoscio, preconscio e coscienza e configura appieno il fondamento della moderna psicanalisi. La rimozione. Cioè?

A Salvini, dei bambini morti, non gliene fregava un c***o”. Per non parlare poi dei social, tutti lì a dire la loro “lo sapevo… è un gran… come può rimanere insensibile e mangiare mentre si piangono i bambini”, oppure “ma lasciatelo mangiare in pace…due ciliegie, sempre pronti a colpire, prima il giro di suo figlio sulla moto d’acqua, questa estate le ciliegie..ma basta”, di sicuro non ci si annoia, se le notizie che vogliamo leggere e che dovrebbero segnare il meteo politico italiano sono solo queste. La preoccupazione più grande è pensare come il popolo italiano, in un momento di pandemia e crisi economica internazionale come quello dei nostri giorni, possa pensare che la notizia sia costituita dal gesto inconsapevole di un uomo che fa politica, che nel corso di un’intervista politica di un commensale accanto a lui, con la mano addenta delle ciliegie poste proprio davanti a lui. Quando tutto sembra impazzire intorno a noi, il pensiero che Matteo Salvini beva un mojito o mangi delle ciliegie, poco deve importare, ma l’operato del suo lavoro semmai.

Idem di tutti gli altri politici, insomma, non sappiamo se Conte o Renzi hanno sgranocchiato delle patatine mentre in tv passavano i camion dell’esercito con le salme di Bergamo. In realtà le notizie politiche devono contenere spessori, idee, risoluzioni di problemi, strategie, ideologie, i nostri politici devono essere rimproverati di ben altro non evidenziarsi per delle ciliegie. Alla fine, chiunque sia di turno, tira fuori il suo pensiero, ma potrò fare politica e mangiare ciliegie? Leggendo le successive interviste infatti, lo stesso Salvini,  a Mattino 5, ha risposto alle critiche, “Avevo fame, non avevo mangiato, potrò mangiare ciliegie?” ma il giorno prima rispondendo a  una giornalista aveva negato l’episodio: “Ma scusi, secondo lei io inizio a mangiare ciliegie mentre si parla di neonati che muoiono?”. Continua a circolare il tormentone come un gatto che si morde la coda ed il web si spacca con le due fazioni, ma di fatto come superare la crisi italiana economica, supportare gli imprenditori a cui manca la linfa per riprendere e proseguire le attività, dare da mangiare ai poveri che sono aumentati del 40%, evidenziare i suicidi di chi non ha retto a questa tragedia, ai numerosi malati che hanno subito terapie probabilmente non adeguate e sono morti nel silenzio di un reparto da soli, lontani dai propri affetti, di chi aspetta la cassa integrazione che non arriva, chi fine hanno fatto il bonus per le famiglie, i bonus baby sitter, chi controlla le RSA che hanno devastato la categoria della saggezza e dell’esperienza d’Italia, i nostri nonni, i nostri padri. Sicuramente è più facile parlare di ciliegie.

Alessandra Filippello