Neet sono quei giovani sospesi tra rinuncia e desiderio 

Di Domenico Arcudi per Social up!

Il termine NEET (Acronimo di “Not  engaged in educationnor in  employement or  training program) indica quella nicchia di giovani che non studiano, né lavorano, né seguono programmi di formazione; è stato usato per la prima volta nel 1999 in un’inchiesta condotta nel Regno Unito a fine di contrastare il problema della disoccupazione giovanile. 

In Italia, il problema ha incidenza in Sicilia (38,6%), Calabria (36,2%) e Campania (35,9 %) e riguarda un campione di giovani tra i 15 e i 29 anni (Fonte: Unicef Italia – inchiesta: “Il silenzio dei neet – giovani in bilico tra rinuncia e desiderio”, anno 2019); tale lavoro è stato commentato così dal Presidente di Unicef Italia Francesco Samengo, il quale ha affermato che questa «[…] è una condizione di disagio ed esclusione sociale, che priva i ragazzi e le ragazze di una possibilità di futuro, lasciandoli indietro».

Tralasciando i numeri, bisogna definire quella che è la personalità del Neet e le situazioni ambientali che la condizionano. Robert Cloninger (1993) aveva definito la personalità una combo tra fattori ambientali (carattere) e fattori biologici (temperamento): tra questi “pattern biologici”, il neet generalmente può possedere un tratto “harm avoidance (evitante del danno), tipico del disturbo evitante di personalità; oppure un tratto novelty seeking” (ricerca della novità), tipico dei disturbi borderline di personalità. 

Fattore innescante di questi disturbi di personalità è il tessuto sociale descritto dai sociologi Ulrich Beck e Zygmunt Bauman, che hanno meglio analizzato il contesto postmoderno: Beck, nel suo saggio denominato “la società del rischio – verso una nuova modernità” (1986), spiega come gli eventi storici (tra cui la crisi del Welfare State, sorta verso il 1980-90, la crisi petrolifera degli anni ‘70, la radicalizzazione islamica e il problema dell’inquinamento) hanno innescato un clima di incertezza verso il futuro, individuando nel “rischio” la possibilità del riconoscere un determinato pericolo; Bauman, nel suo saggio intitolato “modernità liquida”, ritrae una società individualista e consumista, che cambia in base alle tendenze e che cerca di adattarsi spasmodicamente ad esse. Più il processo di mutamento sociale è rapido, più è probabile che si innesca nel soggetto una personalità squilibrata, che cerca di adattarsi anche lei alle aspettative di una società che punta al successo e lo ostenta in maniera esasperata. Alcuni di essi, esasperati da questo mutare continuo (che riguarda non solo mode, ma anche obiettivi da perseguire con “successo), possono sentirsi spinti a isolarsi e non uscire di casa (si veda il caso degli Hikikomori); altri possono arrivare a suicidarsi.

Su questa tipologia di suicidio si era espresso nel 1897 il sociologo Émile Durkheim nell’omonimo saggio: secondo Durkheim, la causa del “suicidio” è il rifiuto di conformarsi alle regole sociali o il non riconoscersi ad esse; pertanto un giovane, sentendosi escluso dalla società in quanto disoccupato, può provare scoraggiamento dinanzi un presente in continua mutazione e un futuro conseguentemente incerto e porre fine alla sua vita.

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