Dal 23 settembre su Amazon Prime e prossimamente in onda su Canale 5, Made in italy è una serie tv italiana, diretta da Luca Lucini e Ago Panini e prodotta da TaoDue del Gruppo Mediaset insieme a The Family.
Presentata in anteprima il 22 settembre a chiusura del FeST, il Festival delle serie tv di Milano, ospitato alla Triennale, tra l’altro in felice coincidenza con la settimana della moda, la fiction racconta la genesi e lo sviluppo della moda Made in Italy, di come nacque la peculiarità dello stile italiano dei grandi stilisti, oggi riconosciuti come maestri di moda in tutto il mondo, attraverso l’ottica di una giovane (Greta Ferro), che, quasi per caso, più per ribellione, riscatto, desiderio di esprimere la propria opinione e le proprie idee (in piena linea con il movimento di contestazione giovanile degli anni 70′) sospende gli studi, diventando un’aspirante reporter di moda e ritrovandosi ben presto in un mondo molto più grande di lei, che la travolgerà affascinandola, stimolandola, sfidando le sue convinzioni.
Noi di Social up abbiamo avuto occasione di vedere l’episodio pilota della serie in anteprima. Sul palco era presente gran parte del cast: i registi, la produttrice Nesbitt, la giovane protagonista Greta Ferro, Margherita Buy (che interpreta caporedattrice del giornale), Fiammetta Cicogna, Marco Boccia, Maurizio Lastrico, i quali sono stati intervistati da Marina Pierri e Giorgio Viaro, direttori artistici del ben organizzato Festival delle Serie tv di Milano, edizione 2019.
A parte la storica collaborazione tra Mediaset e Amazon Prime, l’intervista ha fatto emergere diversi elementi innanzitutto lo scopo principale della serie: quello di ricostruire l’epoca in cui nacque lo Stile italiano, descrivendone l’evoluzione dall’interno, dall’occhio di chi studiava la moda e cercava di descriverne le tendenze e le evoluzioni.
I due registi hanno raccontato di come sia stato difficile ricostruire l’epoca di riferimento e soprattutto di come sia stato fondamentale il lavoro sulla ricerca dei vestiti e dei costumi, cercando di effettuare una rappresentazione verosimile e veritiera, senza al contempo trascurare le vicende “comuni” della protagonista nella Milano degli anni 70′. E’ emerso poi il clima “familiare” e “casalingo” che gli attori hanno riferito di aver trovato sul set, a partire di Margherita Buy, che ha raccontato di essersi divertita nell’interpretare il suo ruolo, una caporedattrice esigente, che prende sotto la sua ala la giovane e inesperta aspirante reporter.
Venendo alla visione del primo episodio, a nostro parere, emerge innanzitutto la centralità della Moda, inquadrata nella serie come personaggio principale della narrazione, alla stregua della giovane protagonista, interpretata con freschezza e genuinità da Greta Ferro, modella per Giorgio Armani, prestata con buon esito alla recitazione, qui, alla sua prima e convincente esperienza seriale, interpretazione convincente perché posata e senza eccessi, in linea col personaggio affidatole.
Se la trama della fiction avrebbe potuto, in astratto, essere vista come il plot di un Diavolo veste Prada all’italiana, con una giovane protagonista che dal nulla deve sgobbare e fare di tutto pur di entrare e permanere nel vorticoso ma attraente modo della moda – tra l’altro c’è anche qualche somiglianza col personaggio di Anne Hathaway e con altri protagonisti – ben presto si comprende come Made in Italy sia qualcosa di diverso.
Ciò che si vuole raccontare, infatti, non è solo la scalata al successo della protagonista, al contrario, l’attenzione principale della regia e delle sceneggiatura verte sullo studio della moda e di come essa abbia cambiato la società. Non solo quindi dinamiche di potere e conoscenze, al contrario, la moda vista come ricerca, sperimentazione, rottura col passato. Da questo punto di vista apprezzabili i momenti più “didascalici”dell’episodio in cui , seguendo gli studi della protagonista che si deve documentare sulla moda, si descrivono anche allo spettatore la figura e il credo di celebri stilisti italiani emergenti dell’epoca. Una serie, dunque, che mantiene un buon equilibrio tra serialità quotidiana e descrizione di grandi eventi culturali legati alla moda, almeno nel primo episodio.
Gradevole, anche per i non appassionati al mondo della moda, ha il merito di voler inserire al suo interno contenuti, e di lasciare e comunicare qualcosa allo spettatore, al termine della visione, qualcosa che vada oltre le singole vicende di una simpatica protagonista che aspira a qualcosa di più nella vita. L’altro merito di aver dato rilevanza al giornalismo sulla moda, partendo dal basso, dal lavoro sporco di chi con creatività e ritagli doveva creare i titoli del giornale. La serie vuole far emergere il lavoro dietro la stampa, lo stimolo crescente della critica sulla moda. Non è un caso che la protagonista venga scelta dalla caporedattrice proprio perché laureata e perché, al contrario di altri, abbia una sua opinione e non si trattenga dal volerla esprimere. Nel complesso dunque un buon primo episodio, che fa ben sperare per i successivi. Ciò che si dovrà evitare è soprattutto la saturazione dei personaggi e dei temi, i quali potrebbero risultare alla lunga ripetitivi. Bella la cornice della proiezione. Il Festival delle Serie Tv di Milano alla Triennale è un festival giovane, ma vivace, energico, che ha ospitato importanti anteprime (Euphoria e Baby 2 di Netflix ad esempio), con in parallelo una serie interessante di incontri in cui confrontarsi con gli addetti al settore, che hanno discusso di molti aspetti della serialità televisiva.