E se l’Italia fosse un dessert?

Come ben sappiamo la cucina italiana, e in particolar modo i dessert della penisola, sono rinomatissimi in tutto il mondo.

Ovunque si mangia squisitamente ed inverosimilmente bene. Obiettivamente sarebbe impossibile pensare che ovunque si vada, dal mare alla montagna, dalle coste all’entroterra, dall’alto al basso, da nord a sud, con una cucina così diversa, si mangi divinamente su tutto il territorio.

Eppure l’Italia non è famosa solo per la sua centenaria storia, ma anche, e direi soprattutto, per la qualità, la varietà e la prelibatezza di quello che serve in tavola.

Parlando chiaro: in quale altro Paese sulla terra può permettersi il vanto di una tradizione culinaria simile?

Per l’appunto, quest’oggi, vorremo parlarvi e raccontarvi della tradizione dolciaria in Italia.

Se qualcuno vi chiedesse: ma in Italia, il dolce più famoso qual è? Siamo sicuri che la maggior parte di voi risponderebbe con Tiramisù!

Nonostante questo dessert non abbia origini antiche, ormai è comunemente assimilabile alla tradizione italiana, in particolare quella veneta. Infatti, il nome del dolce in veneto, “tiramesù“, poi italianizzato in “tiramisù”, sarebbe stato adottato per le sue capacità nutrizionali e ristoratrici, anche se altri affermano maliziosamente che il nome sia dovuto a presunti effetti afrodisiaci. A questo dessert è legata poi una storia particolare: una delle leggende sulla nascita del tiramisù pone le sue origini a Siena, come dolce preparato in occasione di una visita del granduca Cosimo III de’ Medici e denominato “Zuppa del Duca”. Se questa versione è teoricamente compatibile con l’introduzione in Italia di uno degli ingredienti principali del tiramisù, il caffè, non lo è altrettanto per l’utilizzo del mascarpone, che è un formaggio tipico della Lombardia, e per i savoiardi, biscotti originari della Savoia, entrambi poco verosimilmente usati nella pasticceria senese fra il XVII e il XVIII secolo. Ecco quindi che la storia di questo dolce così particolare quanto perfetto non riesce a venir fuori, anche se a dirla tutta, l’importante non è da dove provenga, ma dove finisca, e preferibilmente dentro le nostre pance!

Esattamente all’altro capo di questa penisola troviamo la Sicilia.

Come potremmo noi parlare di dolci e non parlare di lei? La Cassata, riconosciuta come il primo dessert in Sicilia, deve il suo nome e la sua rinomanza ad origini antichissime. La storia vuole, infatti, che le radici della cassata risalgano alla dominazione araba in Sicilia. Gli arabi infatti ebbero introdotto a Palermo la canna da zucchero, il limone, il cedro, l’arancia amara, il mandarino e la mandorla. Questi ingredienti, insieme alla ricotta di pecora, già presente e prodotta in Sicilia da tempi preistorici, crearono la base della rinomatissima Cassata. C’è però da precisare, che prima dell’arrivo degli Arabi, già nel territorio siculo era possibile assaporare un dolce “simile” almeno nel nome alla cassata di oggi. Infatti all’inizio non era che un involucro di pasta frolla farcito di ricotta zuccherata e poi infornato.

Nel periodo normanno, a Palermo per la precisione, fu creata la pasta reale o Martorana, un impasto di farina di mandorle e zucchero, che, colorato di verde con estratti di erbe, sostituì la pasta frolla come involucro. Si passò così dalla cassata al forno a quella composta a freddo, che tutti conosciamo oggi. Gli spagnoli introdussero successivamente il cioccolato, e durante il barocco si aggiunsero infine i canditi. L’introduzione della glassa di zucchero coperta di frutta candita che avvolge tutto il dolce come un vetro opaco potrebbe ricondurre il nome all’inglese glass, vetro da cui glassata – classata – cassata.

Inizialmente la cassata era un prodotto della grande tradizione dolciaria delle monache siciliane ed era riservata al periodo pasquale.

Altro dolce famoso in tutto il globo, lo troviamo spostandoci un pochino più a nord della Sicilia, per la precisione in Campania. Il Babà napoletano, che con il suo cuore di alcool e crema pasticcera sarebbe in grado di sciogliere e riscaldare anche il cuore della persona più frigida.

Il Babà è la derivazione di un dolce a lievitazione naturale originario della Polonia (babka ponczowa). Utilizzato dai cuochi francesi assunse il nome di baba, per finire trasformato col nome di “babbà” dai pasticceri napoletani.

L’invenzione del babà si fa risalire al re polacco Stanislao Leszczyński, rinomato per dilettarsi nell’invenzione culinaria ma, essendo privo di denti, era impossibilitato a mangiare dolci quali il gugelhupf, originario dell’Alsazia, che egli trovava troppo asciutto; decise allora di ammorbidirlo nel Tokaj e nello sciroppo.

La tipica forma a fungo la si deve al celebre pasticciere Nicolas Stohrer, giunto a Parigi con Maria Leszczyńska, figlia del sovrano polacco. Ancora oggi, nella capitale francese, la maison propone dolci simili. Eppure ci sono tante versioni sulla nascita di questa prelibatezza. Infatti un’altra versione delle origini faceva ricordare al re la gonna a campana (tonde) delle donne anziane che si chiamano babka. Un’altra storia racconta che il re, dal pessimo carattere, scagliasse il dolce contro una credenza, fracassando una bottiglia di rum. Questa andò a inzuppare il dolce e Stanislao allora lo assaggiò, trovandolo ottimo.

Oggi questo “pane alcolico” viene servito in moltissime varianti: sia con la crema calda, che con il gelato, con frutta fresca, candita o composta.

Sempre un dolce dalle origini campane è la Pastiera Napoletana.

Per questo dessert la leggenda vuole che dei pescatori, a causa dell’improvviso maltempo, rimasero in balia delle onde per un giorno ed una notte. Una volta riusciti a rientrare a terra, a chi domandasse loro come avevano potuto resistere in mare così tanto tempo, risposero che avevano potuto mangiare la Pasta di Ieri, fatta con ricotta, uova, grano ed aromi. Per questo motivo la Pastiera iniziò ad essere simbolo di rinascita, oltre che per gli ingredienti, perché aveva dato una seconda vita a questi quattro pescatori.

Con il suo profumo di fiori d’arancio e questa consistenza così particolare, morbida (data dalla ricotta) e croccante ( data dai canditi e dal grano), non può rievocare alla mente immagini sublimi della nostra spettacolare costiera amalfitana.

Altro dolce, secondo noi, immancabile sulle tavole di tutti gli italiani perchè amatissima in particolar modo dai bambini. Di chi stiamo parlando? Della Caprese ovviamente! Lei che con tutta la sua bontà al cioccolato e la sua morbidezza è in grado di mandare chiunque in paradiso.

Ci sono diverse leggende legate alla nascita di questa torta. La più famosa tra tutte è quella che racconta della torta voluta follemente da una principessa austriaca unitasi in matrimonio con il re di Napoli. Lei in realtà aveva richiesto la famosissima Sacher, ma i pasticceri, non avendo idea all’epoca di quali fossero gli altri ingredienti oltre al cioccolato e soprattutto dei passaggi per arrivare alla torta finale, inventarono questa prelibatezza. Noi non sappiamo quale sia la vera storia e se questa leggenda in realtà non sia stata usata da qualche ristoratore del luogo per vendere la torta ai turisti di turno, crediamo solamente che il connubio tra cioccolato fondente e mandorle sia uno dei migliori esistenti a questo mondo.

Ultima, ma non meno importante, è la Zuppa Inglese, che di inglese non ha nulla, a parte il nome (o quasi).

Sfortunatamente di lei sappiamo poco: le sue origini infatti sono avvolte in un alone di mistero. Molti la ipotizzano francese, altri inglese, noi però abbiamo deciso di darle la cittadinanza italiana, romagnola per la precisione!

Questa torta, si dice in giro che nacque presso la corte dei duchi d’Este quale rielaborazione di un dolce rinascimentale anglosassone, il Trifle, considerato un po’ la madre di tutti i dolci, fatto con crema e pan di Spagna, il tutto innaffiato da bevande alcoliche (per esempio lo Sherry di Cadice).

I contatti commerciali e diplomatici con la casa reale britannica erano frequenti, ed l’ipotesi sostiene che sia stato proprio un diplomatico di ritorno da Londra a richiedere ai cuochi di corte di assaggiare nuovamente il questo dolce.

Nei vari tentativi la ricetta sarebbe stata rielaborata dapprima sostituendo la pasta lievitata all’inglese con una ciambella di uso comune nella zona emiliana: la bracciatella, che veniva cotta in forma di ciambella e consumata con accompagnamento di vino dolce, così come era in uso frequente anche per altri dolci, come i cantucci.

Seguendo la tesi rinascimentale, si può supporre che la preparazione sia divenuta comune e che, nell’intento di portarla al rango di dolce gentilizio e non popolare come il suo cugino inglese, si sia provveduto a ingentilirlo ulteriormente sostituendo la bracciatella con il Pan di spagna e la panna con la crema pasticcera. Col tempo questo trifle modificato avrebbe preso poi il nome di “zuppa inglese”.

 

Lasciamo stare per correttezza, in questa gara, i dolci tipici delle festività. Se li inserissimo, sicuramente vincerebbe uno di loro!

Loro chi? Ma il Panettone, il Pandoro e la Colomba, ovviamente!

Adesso a voi l’ardua sentenza! Quali tra questi eleggereste il dolce che rappresenta meglio l’Italia?

Noi abbiamo l’imbarazzo della scelta!

Alessia Cavallaro