Intervista a Francesca Caon: l’evoluzione dei media dal giornalismo alle Public Relations

Il mondo della comunicazione e del giornalismo sono sempre in aggiornamento, coloro che scelgono di lavorarci sono professionisti dinamici e sempre attenti al cambiamento delle tendenze, delle informazioni e delle modalità di erogazione delle notizie. Quando si parla di comunicazione non si può prescindere dalle pubbliche relazioni: questi due mondi, apparentemente lontani da chi non li vive, fanno parte della stessa sfera e si completano a vicenda.

Se la storia delle pubbliche relazioni oltreoceano è ormai antica e ricca di aneddoti, in Italia sono ancora tante le persone che non sanno riconoscere il ruolo dei PR nel grande mondo della Corporate Communication e non solo.

Che cos’è il PR e in cosa consiste questa figura professionale? Come si è evoluta negli anni questa professione con l’avvento del digitale? Che cosa distingue un PR da un Digital PR?

Noi di Social Up vogliamo fare chiarezza e rispondere a tutti questi quesiti per farvi addentrare sempre di più all’interno di questo mondo. Proprio per questo, abbiamo chiesto in esclusiva a Francesca Caon, nota specialista in Pubbliche Relazioni, giornalista e direttrice del mensile Luxury, di raccontarci dall’interno la sfera delle pubbliche relazioni e di consigliare ai giovani PR che ci leggono come approcciarsi a questo segmento della comunicazione.

Venite con noi.

Ciao Francesca, raccontaci qualcosa sul tuo background: come sei entrata nel mondo delle PR e perché?

Il mio background coinvolge il mondo dello show business: all’inizio della mia carriera mi sono diplomata in drammaturgia e recitazione all’Accademia del Teatro Stabile del Veneto e desideravo fare l’attrice. Iniziai a lavorare dietro le quinte, nell’organizzazione di festival, première cinematografiche e soprattutto incontrai da giovane colei che fu la mia mentore, Paola Comin, che è stata ed è tuttora una grandissima professionista. E’ stata per anni l’ufficio stampa dei più grandi personaggi del panorama italiano come Alberto Sordi, Mara Venier, Christian De Sica e tantissimi altri di questo calibro. Grazie a lei ho imparato ad applicare il mondo del celebrity management al mondo degli imprenditori e, ad oggi, nel mio lavoro applico sempre il modello che mi ha insegnato con gli imprenditori che seguo e che desiderano raggiungere una copertura mediatica costante. Ho lavorato, quindi, nel campo artistico e questa esperienza mi è servita tantissimo perché il fattore umano che ho trovato in questo settore è stato la chiave di volta nel mio lavoro di oggi. 

In Italia ancora non è chiaro cosa siano le PR e perché il loro ruolo sia così importante nel mondo corporate e non solo. Se potessi spiegare il mondo delle Public Relations a qualcuno che non è del settore, come le descriveresti?

Le PR sono nate in America e, ad oggi, c’è ancora un’idea confusa qui in Italia. Oltreoceano sono utilizzate tantissimo da chiunque: dall’attore di Hollywood, all’imprenditore, al politico o allo sportivo. Nessuno si muove prima di aver interpellato uno specialista in pubbliche relazioni se non prima di un legale. Ad oggi, le pubbliche relazioni sono uno dei segmenti più importanti della comunicazione e uno dei più delicati dove, purtroppo, si incorre spesso in errori. Di base, ci tengo sempre a differenziare le Digital PR dalle tradizionali PR. In particolar modo, nel corso della mia carriera mi sono specializzata nelle traditional PR quindi tutto ciò che riguarda la sfera giornalistica ovvero tutte quelle entità mediatiche che sono sottoposte ad un codice deontologico giornalistico e che sono registrate ad un tribunale. Le Digital PR, invece, sono proprio tutto il resto: coinvolgono i social network e i siti che non sono registrati ad un tribunale ma che fanno comunque informazione. Entrambe le sfere fanno parte delle Pubbliche Relazioni, ma personalmente preferisco sempre separarle. Tra l’altro, con le Digital PR è possibile anche monitorare il ritorno dell’investimento quando parliamo di ADV mentre con le PR tradizionali è più difficile: qui si parla più di autorevolezza sui media e quello è il principale ritorno dell’investimento. Questa autorevolezza, ad esempio, dà la possibilità ad un brand di non sottostare alla guerra dei prezzi, di non dover negoziare un prezzo in particolare in base al mercato. Qui ci avviciniamo proprio all’outstanding di mercato e, se vogliamo, anche verso la fascia del lusso. Pubblico e relazione: ecco quali sono le parole più importanti per spiegare questo mondo.

E tu, per spiegarlo, hai scritto anche un bestseller: i 10 comandamenti delle PR. Nel libro racconti la storia delle pubbliche relazioni con tanti casi studio ed esempi e dai direttive su quelli che sono gli errori da evitare e i consigli utili per chi fa questo lavoro. Se dovessi dare un consiglio o avvertire un giovane PR sugli errori da evitare, cosa gli diresti?

Di errori ce ne sono tanti e che facciamo tutti ma impariamo tutti i giorni perché la comunicazione va veloce, cambia ogni secondo. Sicuramente il fattore umano è una chiave di volta per far bene il nostro lavoro: dobbiamo pensarlo in termini di utilità e anche umiltà. Già con queste premesse, secondo me, si è vincenti. A parer mio, comunicare sempre dando valore è fondamentale: io, ad esempio, punto tanto sulla notiziabilità. Siamo tutti stanchi di pubblicità e contenuti promozionali: noi PR facciamo qualcosa di diverso, parliamo di dare una notizia e dobbiamo partire dal dare valore a chi ci legge e chi ci segue. Quindi questo è sicuramente il mio consiglio per chi inizia a lavorare nel mondo delle PR: avere uno spiccato fattore umano e un particolare occhio per la notiziabilità.

Oltre ad essere una PR, sei anche una giornalista e collabori con grandi testate a livello nazionale. Come pensi che questo dualismo possa dare un valore aggiunto al tuo lavoro di public relations? Sembrerebbero i due lati della stessa medaglia…

Assolutamente sì, è un valore aggiunto ed è molto importante per me. L’obbligo di essere giornalista c’è quando si segue come PR il settore pubblico mentre è facoltativo se si lavora nel privato. A parer mio, è di fondamentale importanza avere una mentalità giornalistica perché si empatizza prima con il giornalista al quale si sta facendo la proposta editoriale. Sicuramente lo aiuti moltissimo dandogli subito un input su quella che può essere la notizia. Anche in agenzia i miei collaboratori non sono tutti ufficialmente giornalisti ma, facendo questo lavoro insieme a me, è come se lo fossero perché hanno affinato tantissimo la scrittura e questa tipologia di mentalità. Personalmente amo scrivere i comunicati stampa, è un lavoro che faccio sempre e ogni collaboratore in agenzia lo fa con i propri clienti. Oltre ad essere specialisti in pubbliche relazioni, hanno imparato così anche un altro mestiere perché la chiave di tutto è pensare come un giornalista e trovare la chiave notiziabile in ogni storia. 

Il tema della notiziabilità si ricollega al grande tema delle fake news che, ad oggi, abbondano nel mondo del giornalismo. Pensi che le pubbliche relazioni possano aiutare il mondo del giornalismo a discostarsi da questo problema?

Questo è un tema sul quale dobbiamo assolutamente intervenire: in epoca pandemica e soprattutto in questo periodo di guerra tra Russia e Ucraina, le fake news abbondano nel panorama mediatico italiano e non solo. Ad oggi, in Italia manca totalmente la cultura dell’informazione e, spesso, un utente non è nemmeno in grado di capire se un’entità segue un codice deontologico o è iscritta ad un tribunale. Il tema delle fake news è un vero problema e chi è giornalista ha il dovere di verificare le fonti prima di divulgare una notizia. Sicuramente anche il mondo delle pubbliche relazioni può aiutare i giornalisti a fare chiarezza e combattere questa problematica.

Quindi Francesca, ricapitolando: sei una PR, una giornalista e anche Direttore della rivista cartacea mensile Luxury. Quali saranno i prossimi obiettivi della tua carriera?

Un obiettivo sul quale sto lavorando è internazionalizzare l’agenzia CAON Public Relations e avere un’allure internazionale: è sempre stato il mio sogno. Io mi sento internazionale e penso che non esistano confini. Quello che sta accadendo in Europa ci sta insegnando questo e dobbiamo continuare ad allargare i nostri orizzonti senza prefissarsi confini. Proprio per questo, vorrei arrivare ad aprire una filiale dell’agenzia a New York e avere il respiro internazionale che ho sempre sognato.

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Valentina Brini